Home Marquez: “15 titoli come Ago? Quasi impossibile”

Marquez: “15 titoli come Ago? Quasi impossibile”

Il fuoriclasse di HRC, fresco vincitore del suo 8° mondiale, ripercorre il suo strepitoso 2019: “Voglio sempre migliorare, come Nadal e Messi”

Dopo aver trionfato nel GP di Thailandia dello scorso weekend, lo spagnolo Marc Marquez (Honda Repsol) ha finalmente potuto festeggiare con tutti i suoi uomini il suo sesto titolo di Campione del Mondo della MotoGP, ottavo trionfo iridato complessivo per lui, risultato che lo ha ulteriormente innalzato nel gotha del motociclismo sportivo dove solo una manciata di “grandissimi” può ancora vantare qualche statistica più impressionante delle sue.

In cima a tutti, però, resta ancora il “mitologico” Giacomo Agostini, che con i 15 titoli mondiali al suo attivo (8 nella vecchia classe 500cc, 7 in 350cc) resta ancora inattaccabile in termini di numero di mondiali vinti, anche se al 26 catalano ne mancano solo 2 per eguagliare il suo primato nella Premier Class (e solo 1 per raggiungere Valentino Rossi, secondo in questa graduatoria con 1 titolo in 500 e 6 in MotoGP).

Rientrato da poche ore in Spagna dopo i primi festeggiamenti in terra thailandese, un Marc Marquez ancora a corto di voce ha fatto tappa a Madrid, al Campus Repsol (iniziativa promozionale del title sponsor del team ufficiale Honda), dove ha partecipato ad una conferenza stampa nella quale ha ripercorso le tappe fondamentali della sua stagione. Che, ricordiamo, iniziò con una operazione chirurgica alla spalla.

Lo scorso Dicembre, una volta terminati tutti gli impegni ufficiali in pista e fuori, Marquez andò infatti “sotto i ferri” per risolvere definitivamente un fastidioso problema alla spalla sinistra che lo aveva tormentato per tutta la stagione (comunque chiusa con la sua 5a corona della MotoGP) e il recupero dall’intervento non gli consentì di affrontare nel pieno delle forze la pre-season 2019.

Interrogato a Madrid sul suo problematico inizio di stagione, l’asso spagnolo di HRC ha ribadito che quello fu certamente un periodo difficile per lui, ma non privo di utili insegnamenti per il futuro:

“È chiaro che nella vita di un atleta ci sono momenti difficili e momenti belli, come questo. Le situazioni complicate ti fanno diventare più forte e quest’inverno è stato uno dei momenti più difficili della mia carriera perché non potevo fare quello che mi piace di più al mondo: guidare la moto!”

“Non potevo allenarmi, perché via dell’operazione, ma ho superato la cosa con l’aiuto di tutte le persone che mi sono state a fianco. Quando sono arrivato alla prima gara, in Qatar, forse non ero 100%, ma ero comunque nelle migliori condizioni possibili. Ho sempre creduto che tutto quel lavoro sarebbe stato ricompensato, e infatti, una volta tornato in pista e vedendo arrivare i risultati, tutto ciò mi ha dato ancora più forza.”

In questa stagione, Marquez ha terminato al o al 2° posto tutte le gare in cui è arrivato al traguardo, ovvero in 14 dei 15 round della MotoGP sin qui disputati. L’unica eccezione alla regola è stata il GP delle Americhe, quando cadde mentre era tranquillamente al comando della corsa. Per questo, per Marquez, la sua stagione è stata solo “quasi perfetta”:

“E’ quando si ha troppa fiducia che arrivano gli errori… Ed è successo nella gara in cui ce lo saremo aspettati di meno, ad Austin (dove, in precedenza, aveva sempre vinto), quando sono caduto mentre ero in testa con un vantaggio di 4 secondi.”

“Avevo praticamente la vitoria in tasca, ma mi sono rilassato troppo e sono caduto. Ecco perché bisogna sempre essere totalmente concentrati: non si deve mai andare in confusione e si deve sempre imparare dagli errori. È stato un grande anno per noi, ma ciò non significa che adesso possiamo permetterci di lavorare di meno…”

Per quanto riguarda i momenti decisivi della stagione in corso, Marquez ha posto l’accento su due diversi episodi che, a suo dire, hanno fortemente indirizzato le sorti del campionato a suo favore:

“Ci sono stati due momenti importanti quest’anno. Il primo è stato a Jerez, dopo l’errore di Austin, quando abbiamo vinto nello stesso modo in cui intendevamo vincere ad in Texas. Erano sempre 25 punti, ma con quella vittoria abbiamo dimostrato ai nostri rivali che la nostra convinzione era immutata, e che la nostra voglia e la nostra mentalità erano le stesse.”

“L’altro punto di svolta è stato a Barcellona, quando abbiamo vinto la gara mentre diversi dei nostri avversari non sono stati in grado di fare punti [per lo più, in quanto “abbattuti” a inizio gara dal compagno di box Jorge Lorenzo]. È stato un peccato, perché non si trattò di loro errori, ma quella per me fu la vera svolta in questo campionato”.

Lo “stra-potere” con cui Marquez e la sua Honda hanno dominato il Mondiale 2019 ha fatto crescere molti dubbi sull’effettiva “consistenza” dei suoi avversari – con l’eccezione dell’astro nascente Fabio Quartararo (Petronas SRT Yamaha), che era però un rookie quest’anno – ma il pluri-iridato non è di questo avviso:

“Anche se i “numeri finali” del campionato non riflettono questa cosa, secondo me siamo in un’era della MotoGP in cui il livellamento tecnico tra le case è tra i migliori in assoluto. Lo dico perché per me ci sono quattro costruttori in grado di vincere gare e lottare per il campionato.”

“Questo significa anche che ci sono almeno otto moto in pista con la possibilità di vincere la gara, e secondo me è un qualcosa che non era mai successo prima. Bisogna essere capaci di “reinventarsi”, imparando da veterani come Valentino [Rossi], Jorge [Lorenzo, suo compagno di box] o il “Dovi” [Dovizioso, principale rivale delle ultime 3 stagioni] ma anche da piloti giovani, come Fabio [Quartararo] o [Maverick] Viñales.”

Arrivato lo scorso inverno in HRC, nel corso dell’anno il compagno di box Jorge Lorenzo ha più volte lamentato il suo problematico adattamento alla Honda RC213V che, al contrario, ha fatto letteralmente faville nelle mani di Marquez. Secondo Lorenzo, il prototipo nipponico sarebbe così modellato sulle esigenze del fuoriclasse catalano da risultare difficile da sfruttare per altri piloti, in questo spalleggiato anche dal pilota “indipendente” di LCR Honda Cal Crutchlow.

Marquez però ha insistito sul fatto che gli input degli altri due piloti avrebbero lo stesso “peso” dei suoi nell’indirizzarne lo sviluppo:

“Honda produce una moto e il pilota deve avere la capacità di adattarsi. La cosa positiva per il nostro team e la nostra struttura è che i tre piloti che hanno la stessa moto, ovvero Jorge, Cal ed io, diamo gli stessi commenti e feedback per l’evoluzione. C’è un intero team tecnico dietro di noi, sono umani, ed è con il frutto del loro lavoro che bisogna sapersi adattarti e ottenere il massimo da ogni situazione.”

Nonostante la sua fin qui strabiliante carriera, il campionissimo di Cervera non è quindi intenzionato a restare “seduto sugli allori”, e per questo ha preso ad esempio altri due grandissimi dello sport il tennista spagnolo Rafa Nadal e il calciatore argentino Lionel Messi:

“Questo è stato un anno molto buono, sarà difficile fare meglio, ma uno dei miei idoli è Rafa Nadal: quando lo vedi in una partita e ti chiedi cosa potrebbe fare di meglio, lui comunque riesce sempre a fare un nuovo passo avanti. O quando Messi segna un goal… pensi di nuovo che non può fare meglio di così, e poi invece lui segna un altro goal che è pure meglio.”

“Io cerco di prendere loro due come modelli, perché puntano sempre a migliorarsi. Io cerco di imparare dagli errori, poi è il confronto con gli avversari che ti fa capire qual è tuo livello ed è su questo aspetto che cercheremo di continuare a crescere.”

Avendo conquistato il suo 6° titolo nella classe regina del Motomondiale a 26 anni e 231 giorni, Marquez è il più giovane pilota di sempre ad aver raggiunto questo traguardo. Inevitabile, ancora una volta, il confronto con Sua Maestà Giacomo Agostini, che si è recentemente detto “possibilista” sulle chances dello spagnolo di raggiungerlo un giorno a quota 15 titoli.

Marquez, dal canto suo, ha più volte ribadito di ritenere estremamente remota questa possibilità e l’ultimo trionfo iridato non sembrerebbe aver cambiato di molto la sua opinione:

“Vado molto d’accordo con lui e anch’io ho sentito quelle dichiarazioni… Non mi piace la parola “impossibile”, non la dirò mai, ma secondo me è “quasi impossibile”: significherebbe raddoppiare quello che ho raggiunto finora! Io non sono mai stato ossessionato da un numero, o da un nome, ho semplicemente una grande passione per le corse. Sono molto fortunato perché questo è diventato il mio lavoro, ed io cerco solo di fare sempre del mio meglio.”

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