MotoGP, Ducati nella tenaglia fra Honda e Yamaha
Questione piloti: adesso Ducati rischia già nella stagione 2020 di rimanere schiacciata, vaso di coccio fra vasi di ferro
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Adesso Ducati rischia già nella stagione 2020 di rimanere schiacciata, vaso di coccio fra vasi di ferro. O, se più aggrada, di restare stretta nella tenaglia fra Honda e Yamaha. Dove eravamo rimasti? Honda ha in Marquez il suo punto fermo, il valore aggiunto, il pilota che fa la differenza come ha dimostrato anche nelle ultime stagioni, vincendo quattro mondiali di fila pur senza disporre in pista della miglior moto. Poco importa a Honda e poco importa a Marquez chi è il secondo pilota in HRC. Non è prevedibile, in tempi brevi, la fine di questo sodalizio che negli ultimi sette anni ha portato alla HRC e al fuoriclasse catalano ben sei titoli iridati della MotoGP. Ancor meno importa oggi a Marquez di dimostrare di essere vincente anche con una moto di un’altra Casa: gli interessa solo vincere e con Honda vince. Cavallo che vince non si cambia. Anche centauro che vince non si cambia. Chiusa così la questione del pilota più forte in campo, Yamaha ha giocato d’anticipo vincendo con Vinales e Quartararo (e con la ciliegina sulla torta di Jorge Lorenzo tester) la corsa di un mercato piloti a dir poco “stravagante” assicurandosi fino a tutto il 2022 i due migliori piloti dopo Marquez. In ottica futura, poco conta oramai cosa farà Valentino Rossi: non è più lui il dominus della MotoGP. Nel mazzo, adesso, restano pochi assi. E, presto, rimarranno solo scartine. Se Ducati puntava su Vinales o su Quartararo o addirittura su entrambi, è rimasta con le pive nel sacco. Forse, crogiolandosi nella trattativa certi di avere il pallino in mano e soppesando troppo a lungo sulla bilancia i due piloti, li ha perduti entrambi. La storia si ripete.
Le Case giapponesi, da sempre, hanno dimostrato e dimostrano che sono loro a dettar legge senza interferenze altrui, neppure dei piloti. Le eccezioni confermano la regola. Era così anche per le Case italiane, ai tempi di Guzzi, Gilera, MV Agusta, Benelli, Mondial, Morini. Ognuno al proprio posto e chi sbagliava pagava, senza eccezione. Ducati ha dimostrato di sapere progettare e costruire moto competitive in MotoGP dove corre dal 2003 e dove ha vinto il titolo solo una volta, con Casey Stoner nel 2007, soprattutto grazie al manico del “canguro”. Negli ultimi tre anni il pur ottimo Dovizioso è giunto secondo sempre dopo Marquez rendendo d’attualità il concetto di Enzo Ferrari: “Il secondo è il primo degli sconfitti”. A Borgo Panigale c’è, evidentemente, un limite nella definizione della strategia e nella gestione tattica rispetto alla “questione piloti”, decisiva per vincere. Come ai tempi di Stoner, la dirigenza invece di valorizzare il proprio number one corteggiava apertamente il pilota della concorrenza (Rossi), la storia si ripete con Dovizioso e Petrucci lodando altri e puntando su altri: l’inavvicinabile Marquez e i perduti Vinales e Quartararo. Inutile, oramai, piangere sul latte versato. Fatto sta che adesso a Borgo Panigale si rischia di rimanere in mezzo al guado. Dovizioso e anche Petrucci, a dir poco demotivati pur se in modo e prospettive diverse, vista l’aria che tira possono – soprattutto il forlivese – alzare la voce e il … prezzo. Ducati rischia non solo di pagare molto di più quel che già aveva ma persino di…perderlo perché comunque lo stesso Dovizioso (anche il Petrux forse verso Noale) è sul mercato. La Rossa non è una moto “semplice” su cui far salire il primo che passa per Borgo Panigale. Dovizioso avrà dimostrato non pochi limiti specie rispetto alla continuità ma ci ha provato mettendoci il cuore e non solo. La strategia non si improvvisa e con i tatticismi non si vincono i mondiali. Serve una grande stagione 2020 con il Dovi e il Petrux chiudendo presto (con chi?) i contratti per il dopo. Non sarà facile. C’è una questione di manico. Non sulle moto. O non solo sulle moto.
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