MotoGP: Ducati-Dovizioso, binomio da confermare. Ecco perché
Il binomio Dovi-Ducati va confermato “in ogni modo”. Alternative? Possibili sia per la Casa bolognese che per il pilota forlivese. Ma il rischio c’è. Per entrambi
Moto e ambiente “complicati” caratterizzano da anni Ducati in MotoGP. Così come va riconosciuto a Borgo Panigale una grande determinazione e una gran volontà di battersi alla pari con i colossi del motociclismo mondiale, di progettare e realizzare moto “raffinate” specie sul piano dell’aerodinamica e motori di grandi potenze e velocità. Ormai nessuno ricorda l’aiutino Dorna a Ducati con l’imposizione dal 2016 della centralina unica, di fatto la centralina della Magneti Marelli che già a Borgo Panigale usavano con profitto in SBK. Tant’è. Acqua passata. Fatto sta che negli ultimi tre anni il binomio Dovizioso-Ducati non è riuscito a scalzare il binomio “cannibale” Marquez-Honda pur conquistando sempre il titolo di vice campione del Mondo che visto nella logica del bicchiere mezzo vuoto significa “primo degli sconfitti” ma visto realisticamente significa comunque aver battuto grandi Case quali Yamaha, Suzuki, Ktm, Aprilia e fior di campioni. Un bilancio, quello della Ducati, che ha fin qui mancato l’obiettivo number one che per tutti è la conquista del titolo iridato MotoGP ma che ha dimostrato di battersi alla pari con tutti, mettendo anche in difficoltà la stessa Honda che alla fine ha fatto la differenza grazie al valore aggiunto di Marquez pilota. Allora? E’ così ma ha sbagliato e sbaglia Ducati nel mettere con insistenza il dito nella piaga facendo capire (anzi dicendolo chiaramente) che alla Rossa manca un … Marquez. Ma di Marquez ce n’è uno solo e c’è l’ha Honda che se lo tiene ben stretto. Insistendo sulla mancanza di un Marquez si tende a sottovalutare quel che si ha, cioè il proprio pilota di punta, alias Dovizioso.
Il Dovi, gran bel manico e persona realista e dal buon carattere e senza grilli per la testa, incassa: ma non gli va giù (o non gli va più giù…) di passare per essere lui il responsabile dei mancati titoli in MotoGP. La storia ci dice che nel motociclismo è sempre stato così, più o meno. Un esempio? Negli anni ’60 Benelli “incolpava” il suo pilota Silvio Grassetti di uscire sconfitto dal duello con Tarquinio Provini facendo finta di non vedere il gap della bialbero monocilindrica pesarese nei confronti di quella bolognese. Lo stesso avverrà poi con la più competitiva “4 cilindri” sulla quale sempre Grassetti (ma anche Provini) poco poteva di fronte allo strapotere delle pluri frazionate giapponesi. Idem negli anni dei grandi duelli fra Agostini su MV Agusta-Pasolini su Benelli con la Casa pesarese impegnata a … lodare e corteggiare il pluricampione di Lovere. Adesso, dopo le note vicende dello stravagante mercato piloti con la Yamaha protagonista (nuovo biennale per Vinales e Quartararo ufficiale al posto di Rossi lasciato a decidere del suo futuro) e con Ducati rimasta con le pive nel sacco perché puntava ad accaparrarsi almeno uno dei due, Borgo Panigale, con il gap di una politica piloti deficitaria, non può sbagliare. Che fare? Non è facile, visto che gli “assi” nel mazzo non ci sono più. A meno che non si punti a tentare la sorte, come fu quando si trovò Stoner. Non è tempo di voli pindarici. Serve decisione e umiltà: sia della Ducati che di Dovizioso. Il Dovi ha oggi maggior potere contrattuale ma non deve tirare la corda fino a strapparla. Ducati deve scendere dal pero e riconoscere certe sue fughe in avanti dando a Cesare quel che è di Cesare, non solo sul piano economico. A questo punto il binomio Dovizioso-Ducati va confermato e rafforzato “in ogni modo”. Alternative? Possibili sia per la Casa bolognese che per il pilota forlivese. Ma il rischio c’è. Per entrambi.