Home Suzuki GSX-R 1000 Story: 25 anni di di GSX-R in Video

Suzuki GSX-R 1000 Story: 25 anni di di GSX-R in Video

Oltre un quarto di secolo: da tanto dura la dinastia di una delle supersportive più amate di sempre. Facciamo un tuffo nel passato della Gixxer, per arrivare sulla specialissima GSX-R 1000 Million Edition!

Il sole fa appena capolino da dietro le colline, con la luce che comincia a bagnare l’asfalto della pista, dando colore ai cordoli che delineano le curve; nel piazzale assonnati appassionati stanno ancora scaricando moto ed attrezzature dai propri furgoni o carrelli, qualcuno si aggira con del caffè in mano, qualcun altro si avvia verso gli uffici per ritirare il proprio tagliando da appiccicare sulla carena della moto. Al centro lei sta già dritta, pronta, statuaria nell’attesa, forte della sua lunghissima esperienza non s’affanna né dà segno di preoccupazione… d’altro canto è l’erede di una dinastia vincente, la più longeva tra tutte le Superbike.

Una targhetta di metallo svetta sulla piastra di sterzo superiore, un’incisione al laser riporta la scritta “0004/1985”, mentre sulle fiancate svetta il suo nome, sinonimo stesso di sportività: Suzuki GSX-R. La chiave si gira, la lancetta del contagiri schizza a fondo corso per ritornare subito giù, effettuato il check dei sistemi, il pollice sfiora lo starter e la superbike della Suzuki s’accende senza alcuna esitazione; il piede butta dentro la prima e le altre moto sembrano far largo alla regina che si avvia in Pit, dove il commissario, velocemente controlla l’adesivo del circuito, sapendo che una simile bellezza non può rimanere troppo a lungo lontana dai cordoli per cui è fatta. La mano sinistra, con un semplice tocco, imposta la mappatura A del sistema S-DMS, quella che consente la massima potenza e prepotenza del motore, il commissario dà l’ok, la mano lascia la frizione, l’altra gira la manopola, la quiete è ormai alle spalle, davanti solo l’adrenalina.

L’ago del contagiri schizza a fondo corsa, colpo di piede e arretra di qualche migliaio di giri, subito è di nuovo a fine corsa, altro colpo di piede, altra corsa dell’aghetto e ancora una volta fino a quando non s’intravede il cartello dei cento metri dalla curva: il piede schiaccia due, tre volte sulla pedana del cambio, la mano rilascia bruscamente la frizione, il sistema di antisaltellamento riduce la pressione sui dischi della frizione, la GSX-R Million edition rimane in perfetto assetto, il pilota punta la curva e lei è già piegata sulla spalla estrema del battistrada cercando il millimetro esatto che questo ha individuato. A vederla sfrecciare sui rettilinei, la Suzuki GSX-R 1000 Million Edition sembrerebbe una bellissima colorazione della versione 2012 della supersportiva giapponese, rinnovata nella livrea, ora bianca con le inconfondibili linee azzurre degradanti sulle carene e la presa d’aria rossa sul frontale, di fianco all’inconfondibile fanale a freccia.

Bisognerebbe fermarla per notare i foderi della forcella dorati, la molla del mono e i tappi forcella rossi e le pinze monoblocco Brembo con scritta rossa su campo nero che connotano come speciale questa versione commemorativa, solo che, è tutt’altro che impresa facile riuscirci, in molti c’hanno provato con scarsissimi risultati. Scorrono, rossi e bianchi, i cordoli sotto lo sguardo del pilota, si riflettono sulla visiera scura, mentre all’interno del casco, quasi ingiustamente meravigliato da tanta precisione e potenza, l’uomo che controlla la GSX-R non può fare a meno di quanta strada abbia fatto la Suzuki per arrivare ad un simile concentrato di pura sportività motociclistica.

GSX-R promossa in tutto: fa bene dalla pista… alla strada!

Doverosa e ben realizzata la celebrazione del milione di unità prodotte dalla Suzuki, ma quello che più serve ad Hamamatsu, sono conferme: dai campionati e dal mercato. La paziente arte del perfezionamento, dicevamo, non può non portare ad ottimi risultati e così, la Suzuki più supersportiva di sempre è tornata a far parlare di sé. Vincere il campionato Endurance 2012, con il team Sert, è già di per sé un ottimo risultato, dal momento che questo tipo di campionato premia sì, la moto più veloce e maneggevole, ma anche quella con le migliori capacità di durata e buon funzionamento.

Ad ogni modo, se non bastasse il campionato Endurance, a rimarcare oltremodo il concetto che “perfezionato sia meglio di nuovo”, arriva il terzo posto alla 8 ore di Suzuka, con il team di vecchi samurai: Yukio Kagayama, uno dei caschi più famosi della WSBK, uno “sparasuperpole” come pochi altri, indiscusso combattente; l’ex Campione del Mondo 500, irrinunciabile portabandiera Suzuki Kevin Schwantz, oggi quasi cinquantenne; infine, un altro mito della WSBK, il giapponese di Monza, Noriyuki Haga.

Anche nella prima manche del campionato di Superbike quest’anno, a Phillip Island, la Suzuki è tornata a farsi vedere in mezzo alle ormai solite tre case, dimostrando che il lavoro c’è stato, che la moto è competitiva e solida, forte di un’esperienza lunghissima, giustamente premiata, nel corso degli anni, da un milione di pezzi venduti. Per il prossimo milione di pezzi, la strada è ancora lunga, rimane una supersportiva leggera e potente, rifinita nella sua progettazione, ampiamente sperimentata ed evoluta, con una storia come nessun’altra, ad un prezzo concorrenziale… magari pensandoci bene, potrebbe non essere così lontano un nuovo traguardo raggiungibile.

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Un po’ di storia: le prime tre serie

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Era il 1985 quando Ivana Spagna con Easy Lady e Tracy Chapman con Run to me, cercavano di agguantare la numero uno, nelle classifiche di vendita dei 45 giri, Madonna con Papa don’t preach; nelle sale cinematografiche impazzavano i Goonies e Rocky voleva “spiezzare in due” Ivan Drago, proprio mentre Martin McFly saliva sulla DeLorean DMC-12 per fare Ritorno al futuro, un futuro in cui Andrea Dovizioso ancora andava a latte materno e, come lui, la GSX-R emetteva i suoi primi vagiti. All’epoca la Suzuki stupì il mondo lanciando sul mercato una Superbike omologata per la strada, naturale evoluzione della GSX-R 750, che arrivò effettivamente in circolazione nel 1986. Quattro cilindri in linea a Quattro tempi.

La cilindrata era di 1.100 cc e la potenza dichiarata, sconvolgente allora, e ancora notevole per oggi, era di 130 cavalli, mentre il peso a secco non arrivava ai 200 chili, fermandosi a 197. Subito fece parlare di sé per la linea molto sportiva, ma soprattutto per la leggerezza e maneggevolezza che la caratterizzavano, senza contare alcune “chicche” tecniche come il telaio perimetrale in alluminio e, soprattutto, il sistema SACS – Suzuki Advanced Cooling System, ossia il rivoluzionario sistema di raffreddamento olio-aria. Per tre anni rimase invariata sul mercato, mietendo consensi e convincendo anche i più scettici con il suo rapporto peso/potenza.

Nel giro di poco fu nota come Gixxer, come contrazione fonetica del nome GSX-R, e divenne sinonimo di “sportbike capace di alte velogià e grande manegevolezza”; venendo poi, almeno in Italia, o in alcune sue parti, ulteriormente rinominata Gixxerona o Gixxerina, a seconda delle ciclindrate, ma soprattutto della personalissima interpretazione da parte del motociclista raccontante. Tra un racconto ed una vanteria, da parte di più d’un motociclista entusiasta della sua nuova Suzuki, passarono quattro anni e nel 1990 uscì la seconda versione.

Si sa, ai motociclisti i cavalli non bastano mai, quindi Suzuki aggiunse ben 10 cavalli al motore, portando così il quattro cilindri a 140 cavalli. Il peso arrivò a 210 chili, ma furono apportate molte modifiche per incrementarne la guidabilità, al contempo rendendola anche più moderna nell’estetica, adottando una coda più stretta e morbida, aggiungendo due vistose prese d’aria nelle carene e, in generale, ammorbidendone le linee. Per una maggiore maneggevolezza e stabilità alle alte velocità, si incrementarono sospensioni, interasse e gomme.

All’avantreno viene adottata una forcella a steli rovesciati Showa, che insieme alla Michelin 130/60 ZR 17 all’anteriore, aumenta la stabilità, mentre al posteriore si adotta un forcellone più lungo che aumenta l’interasse di 35 mm ed un nuovo monoammortizzatore. La Michelin al posteriore diventa una 180/55 ZR 17. È però nel 1993 che nasce la terza serie, ossia quella di una prima grande rivoluzione.

Innanzitutto il motore, che nella seconda serie era arrivato a 1.127 cc, si riabbassa di cubatura, arrivando a 1.074 cc, ma, grazie all’adozione del sistema di raffreddamento ad acqua, la potenza arriva a toccare l’incredibile valore di 155 cavalli all’albero, comportando però un aumento di peso e facendo vedere alla purosangue da pista, i suoi giorni di massimo peso, ben 231 chilogrammi.

Esteticamente compare il nuovo gruppo ottico posteriore, con due faretti al posto di quello unico che prendeva quasi tutta la coda, mentre davanti, per aumentare e migliorare l’aerodinamica, arriva un plexyglass a coprire e raccogliere i doppi fari tondi. L’adozione del raffreddamento ad acqua, quindi, aveva aumentato le prestazioni di potenza, ma aveva fatto diventare la GSX-R una moto troppo pesante.

Il sistema di raffreddamento è rimasto lì, per tutti gli anni ’90 eppure la moto, come un atleta che si riprende dopo un grande cambiamento, ha ricominciato a perdere peso, a limare chili e linee, anno dopo anno, restyling dopo restyling, arrivando, nel 1998 a 221 chili, meno di quanto pesasse col raffreddamento aria/olio. Queste continue evoluzioni, estetiche, ma soprattutto tecnologiche, non potevano che portare sempre più persone a desiderare di guidare una Suzuki, vedendo anche come la moto giapponese desse spettacolo tra le mani del funambolico Kevin Schwantz.

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

GSX-R K1: la grande rivoluzione

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra le versioni di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Passano gli anni, cambiano le mode e il mondo sembra accellerare a dismisura, eppure la GSX-R rimane saldamente in commercio ed anzi, ormai è una delle veterane del mondo delle supersportive, quasi diventata un classico rimane fedele a se stessa fino al 2001, l’anno in cui ritorna prepotentemente a far parlare di sé. Già l’australiano Matt Mladin l’aveva portata alla vittoria dell’AMA Superbike quando comparve, come fulmine a ciel sereno, la nuova ed avveniristica versione della supersportiva Suzuki. Il motore, sempre e comunque un quattro clinindri in linea, passò dai 1.100 ai 1.000 cc, mentre i cavalli arrivarono ad essere ben 160 e fu la prima moto di questa cilindrata a battere il muro dei 300 km/h, grazie anche al peso di 170 chilogrammi a secco.

Un biglietto da visita non da poco, una vera rivoluzione, se poi unito ad un’estetica completamente rivista: dopo tanti anni la Gixxer non era veramente più la stessa, presentandosi molto più affusolata e dalle linee tese, due grosse prese d’aria comparvero ai lati del faro anteriore e la coda era adesso molto affusolata ed aerodinamica; tornava però quella voglia di pista, quella propensione alle corse e quel rapporto peso potenza che l’avevano resa tanto popolare al momento del suo debutto. Nel 2003 la cavalleria veniva aumentata di circa 5 cavalli, arrivando alla quota record di 165, ma l’altra rivoluzione copernicana si annovera nel 2005, il ventesimo anniversario per la GSX-R, con la versione denominata, appunto, K5.

L’asso pigliatutto, la GSX-R K5

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La linea viene ulteriormente alleggerita e resa ancora più affusolata, in particolare nella parte della coda che ora diventa quasi piatta e appuntitissima, contribuendo, assieme ad altri innumerevoli interventi, a ridurre il peso in modo drastico, portandolo alla cifra record di 166 chilogrammi dichiarati, che si trasformano in 179 in ordine di marcia, comunque un peso record per la categoria. Faceva veramente impressione considerare che s’era superato il famoso rapporto di “uno a uno” tra cavalli e chili, dal momento che, infatti, a 166 chilogrammi di peso, o anche a 179 se vogliamo essere pignoli, corrispondessero comunque 180 cavalli, molti più di qualsiasi altra moto allora sul mercato, dando alla GSX-R la corona di più potente e leggera. La moto si era rimpicciolita in ogni suo aspetto: più corta, più stretta, più bassa, portando il pilota ad una posizione di guida più raccolta, molto sportiva, mentre le nuove quote ciclistiche, con un minore interasse per aumentarne l’agilità, ma un forcellone più lungo per sfruttare tutta la trazione di quell’eccezionale cavalleria, la riportarono immediatamente alla testa del segmento delle supersportive.

Sulle strade si vide un’esplosione di Suzuki, nei circuiti tutti gli appassionati avevano o sognavano una K5, mentre in SBK la musica non era affatto differente e, fine settimana dopo fine settimana, Troy Corser si lasciava tutti dietro, andando a vincere il titolo mondiale e facendo esultare il team Alstare Suzuki del belga Francis Batta. Ugualmente nell’AMA Superbike il predominio di Mladin, iniziato nel ’93, con l’unica eccezione del 2002 in cui il titolo andò a Nicky Hayden su Honda, proseguì fino al 2005 per poi passare nelle mani di Ben Spies, sempre su Suzuki, per i successivi tre anni per ritornare a Mladin, ancora sulla GSX-R, nel 2009. Anche sul territorio italiano la GSX-R mise tutti in riga nel campionato Superstock 1000, con un agguerritissimo Alessandro Polita che portò alla vittoria il team Celani.

Back to the future!

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Negli anni che sono seguiti non ci sono più stati grossi stravolgimenti, pur essendo stata tra le prime ad introdurre un sistema di mappature motore, per decidere la potenza massima ed il tipo d’erogazione, il già citato S-DMS, l’elettronica non è arrivata ad arricchire la GSX-R che è quindi rimasta “dura e pura”, una moto da saper guidare. I cambiamenti sono stati più che altro degli affinamenti, con la coda che si è via via rastremata sempre di più e le linee che sono sempre diventate più tese e “rapaci”. È forse in questi anni che meglio si riescono ad individuare le qualità d’un popolo, quelle caratteristiche nazionali che tanto appassionano gli antropologi in erba.

Chiamati a dar vita ad un cambiamento epocale, gli italiani sono abituati a tirar fuori ingegno e creatività, andando a percorrere strade nuove, talvolta vincenti, altre meno, comunque sempre da scoprire. Ben altro, invece, è l’approccio nipponico che, cercando sicurezza e rifugendo l’errore, si affida maggiormente alla tradizione ed al perfezionamento, perfino millimetrico, di qualsiasi cosa buona fin qui prodotta. E mentre il mondo delle moto, model year dopo model year, sminuiva i piccoli passi fatti dal colosso giapponese, questo intanto andava preparando il modello del ritorno, quella moto, talmente perfezionata e spinta al limite massimo delle conoscenze umane che, per forza di cose si sarebbe riconquistata un podio da qualche parte.

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È così che si arriva alla GSX-R 1000 del 2012

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La potenza è arrivata a 185 cavalli per 198 chili in ordine di marcia. Al di là dei singoli dati, nel motore si sono adottati nuovi pistoni, più leggeri, abbinati a nuovi fori di forma pentagonale nelle pareti dei cilindri per ottenere una migliore e maggiore erogazione ai bassi e medi regimi, mentre per migliorare l’erogazione agli alti, si è lavorato su nuovi profili di camme unitamente ad un nuovo design per le punterie delle valvole; infine, per ottimizzare tutte queste migliorie, si è anche sviluppato un nuovo software del’ECM Engine Control Module.

Per quanto riguarda la ciclistica, partendo dai freni, troviamo le nuove pinze monoblocco ad attacco radiale della Brembo per, come nuovi sono i dischi freno anteriori, con uno spessore ridotto. La forcella è ora di tipo Big Piston Fork pluriregolabile, nuovi gli pneumatici e massima attenzione è stata messa su tutte le masse sospese, al fine di ottimizzare al meglio la maneggevolezza finale della moto. Esteticamente si distingue nettamente per il ritorno allo scarico singolo, mentre per il resto, le linee, rimaste fedeli alla strada già intrapresa, vanno ad intesirsi ancora un po’, dandole un’ancor maggiore cattiveria.

L’esclusività dei Million-ari!

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Ed è alla versione 2012 che spetta l’onore di prestare la base per la Million Edition. È per festeggiare il milione di unità vendute, infatti, che ne vengono prodotte 1985 in serie limitata. La base tecnica è quella della 2012, ma impreziosita nella sua veste estetica. Oltre all’esclusiva targhetta sulla piastra di sterzo, c’è la speciale livrea con tre tonalità di azzurro su fondo bianco e tanti particolari in rosso, come la bocchetta d’areazione frontale, i tappi degli steli forcella e tutti quei particolari su cui ci siamo soffermati, all’inizio di questo nostro excursus. Su una cosa, però, non hanno apportato notevoli modifiche in Suzuki, e non certo per una dimenticanza: il prezzo rimane infatti uno dei più bassi per una supersportiva di questo calibro e si attesta, anche per la Million Edition, sui 14.600 €

GSX-R 1100 1986

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Lunghezza Totale: 2.115 mm
Larghezza: 720 mm
Altezza totale: 1.235 mm
Altezza sella: 810 mm
Peso a secco: 197 kg
Motore: 4 cilindri in linea
Cilindrata 1052 cc raffreddato aria/olio
Distribuzione DOHC, 16 valves
Potenza massima 130 cv/ 9500 rpm
Coppia massima 10,3 kg-m/ 8000 rpm.

GSX-R 1100 1990

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Lunghezza Totale:
Larghezza:
Altezza totale:
Altezza sella: 810 mm
Wheelbase: 1.465 mm
Peso a secco: 210 kg
Motore: 4 cilindri in linea
Cilindrata 1127 cc raffreddato aria/olio
Distribuzione DOHC, 16 valves
Potenza massima 143 cv/ 9500 rpm
Coppia massima 117 Nm/ 9,000 rpm

GSX-R 1100 W 1993

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Lunghezza Totale: 2.130 mm
Larghezza: 755 mm
Altezza totale: 1.190 mm
Altezza sella: 815 mm
Peso a secco: 231 kg
Motore: : 4 cilindri in linea
Cilindrata 1074 cc raffreddato acqua
Distribuzione DOHC, 16 valves
Potenza massima 155 cv/ 10.000 rpm
Coppia massima 115 Nm/ 9,000 rpm

GSX-R 1000 2001

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Lunghezza Totale: 2.045 mm
Larghezza: 715 mm
Altezza totale: 1.135 mm
Altezza sella: 830 mm
Peso a secco 170 kg
Motore: 4 cilindri in linea
Cilindrata 988 cc raffreddato acqua,
Distribuzione DOHC, 16 valves
Potenza massima 160 cv/ 10.800
Coppia massima rpm, 110 Nm/ 8.500 rpm

GSX-R 1000 2005

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Lunghezza Totale: 2.030 mm
Larghezza: 710 mm
Altezza totale: 1.130 mm
Altezza sella: 810 mm
Peso a secco: 166 kg
Tipologia Motore: 4 cilindri in linea da 988.6 cc raffreddato acqua, DOHC, 16 valves. 178 cv/ 11.000 rpm, 121 Nm/ 9.000 rpm

GSX-R 1000 2012

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Lunghezza Totale: 2.045 mm
Larghezza: 720 mm
Altezza totale: 1.130 mm
Altezza sella: 810 mm
Peso a secco: 166 kg
Motore: 4 cilindri in linea
Cilindrata 999 cc raffreddato liquido
Potenza massima 185 cv/12.000 rpm
Coppia massima 116.7 Nm/ 10.000 rpm

Suzuki GSXR 1000 story, un confronto tra modelli di anni diversi  per ripercorrere la storia di questo modello

Testo: M.B.
Foto: Matteo Bielli e Emanuele Macaluso
Video: Mauro Crinella
Special thanks to:
GSX-R.it, Rcorse, Valerio Milizia, Domenico Tassone, Davide De Ambrogi, Antonio Scaffetta

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