MotoGP, Lorenzo campione senza "maestri". Agostini imparò da Hailwood

Jorge Lorenzo campione senza "maestri". E pensare che il campionissimo Giacomo Agostini (15 mondiali) imparò da Mike Hailwood (9 mondiali)

MotoGP, Lorenzo campione senza "maestri". Agostini imparò da Hailwood
Massimo Falcioni
Pubblicato il 10 feb 2017

Campionato del Mondo MotoGP 2017 – Con un tweet, Jorge Lorenzo ha indicato Rossi, Marquez, Stoner quali suoi rivali più duri, senza un accenno agli altri numerosi piloti con cui ha lottato in una carriera lunga quanto prestigiosa. Il maiorchino, neo acquisto della Ducati in MotoGP, ha parlato di rivali ma non di “maestri”. Presunzione? Cattiva memoria? O, semplicemente, rispetto della verità? Lasciamo ai lettori la risposta e a quanti hanno voglia e pazienza di ripercorrere le tappe compiute da Jorge, di certo uno dei piloti più forti in assoluto dell’era Rossi e non solo, ancora oggi candidato alla vittoria del titolo iridato 2017 della Premier class.

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Oggi i grandi campioni non amano guardare indietro, tanto meno ricordare i loro primi passi fra i “big” e ancor meno rendere merito a qualche collega-avversario, specie se questi hanno svolto il ruolo di “maestri”, svezzando il nuovo arrivato. E’ sempre stato così? No. Un solo esempio, molto significativo perché riguarda Giacomo Agostini (15 titoli mondiali) e Mike Hailwood (9 titoli mondiali), forse i due piloti più grandi del motociclismo di tutti i tempi. Agostini debuttò a 23 anni nella 500 sulla MV Agusta 4 cilindri il 19 marzo 1965 vincendo… da solo. Dieci giorni dopo, il 29 marzo, sul circuito rivierasco “tricolore” di Riccione la MV Agusta si presentava con entrambi i suoi piloti e uno… “svogliato” Mike Hailwood, allora 25enne pluri iridato e pluri milionario, faceva la conoscenza del nuovo compagno di squadra subendo una sonora sconfitta.

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Era la prima volta dal 1957 che un italiano batteva nella classe regina un pilota di lingua inglese dominata da un decennio da Surtees, Hocking, Hailwood. I media pomparono il successo del ragazzo di Lovere chiamato però alla controprova su ben altri tracciati del mondiale. Quell’anno il mondiale inizia sull’insidioso Nurburgring e lo sconosciuto Giacomino centra subito – sul bagnato – la vittoria nelle 350 con la inedita MV 3 cilindri – un bolide costruito in fretta a Cascina Costa come un vestito su misura per l’asso di Lovere – battendo il compagno di squadra Hailwood (sulla vetusta MV 4 cilindri) e il mattatore della categoria Jim Redman, caduto rovinosamente distruggendo la sua Honda 4 cilindri. Così l’aquilotto bergamasco metteva le ali tirando fuori gli artigli.

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La 350 vivrà tutta la stagione sul il duello infuocato fra l’italiano e il rodesiano (Ago sarà terzo al debutto nel TT inglese ma rovinerà a terra sia al Sachsenring che a Brno vincendo però a Monza e centrando il primo bis 350 e 500 a Imatra mentre Redman getta via l’occasione d’oro all’Ulster con un brutto volo fratturandosi clavicola ecc) concludendosi proprio nell’ultimo gran premio, nella tana del lupo a Suzuka, corsa dominata da Agostini – superbamente aiutato dal suo compagno di squadra Hailwood – ma invano perché un banale guaio tecnico (la molletta dei contatti del ruttore) appiedava l’italiano e buonanotte ai suonatori: all’inglese andava l’ultima vittoria delle 350 con la Casa varesina e al rodesiano il nuovo titolo iridato.

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Agostini, pur debuttante e senza conoscenza dei circuiti iridati, non aveva timori reverenziali, capì di essere forte ma non il più forte. Si era adattato magistralmente alle caratteristiche della nuova 3 cilindri, aveva soprattutto saputo gestire la situazione in modo intelligente usando una non comune capacità, quella di saper attendere. Ci riferiamo, in particolare, alla 500, dove il più esperto e blasonato compagno di squadra Hailwood era ancora l’incontrastato re della massima cilindrata, capace di tirar fuori tutto (e di più…) quel che c’era da tirar fuori dalla 4 cilindri italiana, moto potente ma scorbutica, voluminosa e pesante, indigesta ad Agostini. Quell’anno Mike si superò al TT trionfando sul bagnato dopo una caduta rovinosa e un inseguimento da leggenda!

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Ribadiamo quanto già scritto su Motoblog: “All’epoca, il principale merito di Agostini – pilota raffinato, di eccelsa classe, di grande capacità tecnica e agonistica, professionista scrupoloso e integerrimo, superbo stilista, comunicatore ante litteram, mai una parola fuori posto su “Mike the bike” – fu quello di dare tempo al tempo, di “accontentarsi”, di “imparare “ dal maestro, seguendolo come un’ombra, gara per gara, per tutta la stagione, ottenendo via via risultati eclatanti e il rispetto della Casa e degli stessi avversari. Un esempio di classe ma anche di umiltà, per molti giovani piloti di oggi, troppo spesso definiti affrettatamente “fenomeni” senza aver dimostrato in pista alcun che”. Indubbiamente Jorge Lorenzo è un grande pilota, un vero “fenomeno” in pista. Lo è altrettanto fuori?

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