Home Minacce e violenze, il motociclismo e la “guerra” dei fan

Minacce e violenze, il motociclismo e la “guerra” dei fan

Il Fan Club di Marc Marquez ha ricevuto minacce e diserterà il Gran Premio del Mugello 2016

Comunque la si guardi, questa storia del Fan Club Marc Marquez Italia che annuncia il forfait dal GP del Mugello 2016 temendo per la sicurezza e l’incolumità dei tifosi del giovane campione spagnolo della Honda, è una storiaccia. Poco conta sapere qui chi è veramente questo Fan Club, chi e cosa rappresenta, a nome di chi parla, quale è il rapporto “reale” con Marc Marquez, con il suo entourage e le sue strutture ufficiali. Il messaggio è chiaro e scopre… l’acqua calda: che neppure il motociclismo è più un’isola felice.

Ma il nostro sport è davvero oramai infestato come il peggior calcio, dove a dominare è lo sfottò oltre misura, la denigrazione, l’insulto, l’intimidazione, la violenza organizzata, dove addirittura c’è un connubio malavitoso fra sport-affari-politica? Si è davvero giunti a un punto di rottura a causa della deriva del dopo Sepang e Valencia 2015, a causa di una tifoseria ”pro” e “contro” Rossi, per colpa di fan che sono per lo più colorati di “giallo” esercitando ovunque e su tutti la legge del più forte senza “fare prigionieri” e ai non rossisti resta solo l’alternativa o di stare a casa o di venire in circuito in… incognito?

18 Valencia  5, 6, 7 y 8 de noviembre de 2015; circuito de Ricardo Tormo.  MotoGP; mgp; motogp

Non scherziamo! E non confondiamo le punte minoritarie dei soliti noti, soliti stupidi fanatici di professione, con chi – magari a tinte troppo forti – esercita il proprio diritto di applaudire più che può il proprio beniamino fischiando più che può il suo avversario. Il Fan Club Marc Marquez Italia va a ruota libera e parla apertamente di minacce: non possiamo andare al prossimo GP d’Italia del Mugello perché abbiamo già subito violenze nel 2015 e siamo stati e siamo minacciati per il 2016, non ci sentiamo sicuri, ne va della nostra incolumità personale.

In Italia e non solo in Italia – la minaccia (in qualunque modo, a qualunque titolo, con qualsiasi strumento) è un reato penale e come tale severamente perseguito. Chi è minacciato (dimostrandolo) non può che rivolgersi all’autorità competente. Chi minaccia (se la minaccia è reale e viene riconosciuta) ne paga le conseguenze, fino al carcere. Punto. Non siamo qui per parlare di carte bollate e di tribunali.

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Si dirà: ma una volta non era così, dimenticando le pagine nere dello sport come nel… 59 d.C, quando per pesantissimi scontri fra tifoserie, furono banditi per 10 anni i giochi dei gladiatori di Pompei e che – facendo un gran salto – 31 anni fa a Bruxelles la violenza negli stadi provocò 38 morti e oltre 400 feriti. Sono solo due esempi di troppi casi come questi.

Nel motociclismo, per decenni, si tifava “pro” e mai “contro”: chi scrive queste note ricorda gli striscioni inneggianti alle Case: “W Guzzi!”, “W Gilera!”, W Benelli!”, mai uno striscione “contro”. Sui piloti, i primi cartelli “contro” – per altro conditi di arguta ironia – furono esposti a Riccione nel 1967 dai fan benelliani di Renzo Pasolini ricordando al suo acerrimo avversario della MV Agusta di non accampare scuse: “Agostini, attento ai sassolini!” perché Ago aveva addebitato la sua sconfitta precedente di Imola ad opera di Renzo per i sassolini entrati nei carburatori e per i… guanti stretti. Molti sfottò, fischi e applausi, risate, tutto finì a piadina e Sangiovese per chiunque amasse le corse anche perché i due campioni – Renzo e Mino – si abbracciarono davanti a tutti e spensero il fuoco delle polemiche.

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Altro che ultras dalla insaziabile ricerca della tensione emotiva che conduce via via all’esasperazione, fino allo scontro verbale e fisico! Le provocazioni, l’aggressività, le zuffe, i vandalismi, gli scontri costituiscono gli effetti di un bisogno psicologico domato dalla ricerca di forti sensazioni, fuori misura e fuori di senno, un bisogno per espellere frustrazioni represse.

Ciò detto, va ribadito che il motociclismo era e resta non uno sport per … dame di San Vincenzo ma una disciplina rischiosa e anche “aggressiva”. Che significa “darsi sportellate, darsi carenate, scatenate l’inferno ecc. ecc.?” se non richiamare all’aggressività ben sapendo che i tifosi di uno sport pericoloso e aggressivo tendono – soprattutto se aizzati dai media – a diventare essi stessi più “aggressivi”, fino ad esaltarsi pure per gli incidenti in pista, a considerare fin troppo benignamente piloti Kamikaze – definiti pomposamente fenomeni, quando non eroi – quali quelli che corrono ancora fra i muri del TT inglese dell’Isola di Man o fra i guard-rail di certi circuiti asiatici ecc.?

KUALA LUMPUR, MALAYSIA - OCTOBER 25:  Marc Marquez of Spain and Repsol Honda Team leads Valentino Rossi of Italy and Movistar Yamaha MotoGP   during the MotoGP race during the MotoGP Of Malaysia - Race at Sepang Circuit on October 25, 2015 in Kuala Lumpur, Malaysia.  (Photo by Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Se è vero che l’entusiasmo degli spettatori “carica” i propri beniamini in pista è anche vero che il pubblico sugli spalti è condizionato da ciò che fa e dice il proprio beniamino e “mima” a suo modo il comportamento dei piloti che gareggiano: un comportamento corretto dei piloti che impegnino al massimo la propria aggressività, ma sempre e solo nei limiti del lecito, è un esempio utile a indurre negli spettatori sentimenti positivi, viceversa una scorrettezza o una cattiva condotta in pista per di più senza mai autocritica del protagonista si riflette sull’eccitazione dei tifosi, in autodromo e fuori, oggi tramutandosi nei giustizieri della tastiera.

Ecco perché è fondamentale da parte dei campioni – nessuno escluso – non oltrepassare i limiti della sana polemica sportiva, senza trascendere, dandoci alla fine un taglio. Una gara finisce con la bandiera a scacchi e alla successiva si riparte da zero. Idem per il campionato. L’opposto di quanto accaduto dopo la fine del mondiale 2015 dove – soprattutto Rossi – non ha mai mandato giù il rospo per aver mancato il titolo numero 10 ma dove né Lorenzo né Marquez – pur in modo diverso fra loro – hanno saputo ricucire i rapporti con il campione pesarese. Una manna fra i fan – specie quelli di Valentino – che non aspettavano altro per fare casino, dissotterrare l’ascia di guerra, pronti a recuperare sul campo il maltolto dei giudici.

MotoGP rider Valentino Rossi of Italy (L) speaks with Marc Marquez (R) of Spain during the pre-event press conference of the MotoGP Japanese Grand Prix in Motegi, Tochigi prefecture on October 8, 2015.  AFP PHOTO / KAZUHIRO NOGI        (Photo credit should read KAZUHIRO NOGI/AFP/Getty Images)

Hanno esagerato? Stanno esagerando? Sì. Perché il gioco può sfuggire di mano con la grande massa “sana” dei fan (di Rossi) che involontariamente può fare da copertura ai mestatori professionali e alle loro nefande azioni. Il passaggio da acceso ma corretto sportivo a incontrollato fan e poi a ultras vendicativo fuori di testa è sottile e veloce. Per l’ultras, l’arbitro – nel nostro caso i giudici di gara – è sempre venduto e la sua punizione per il “nostro” pilota è sbagliata o quanto meno esagerata e il Fan Club minaccia di “recuperare a modo suo” la penalizzazione al proprio campione.

Non bisogna fare di tutta un’erba un fascio ma alcuni fan di Rossi si sono comportati così (cioè male) e qui non conta il numero, sapendo che anche poche mele marce rovinano l’intero cesto e comunque conta il principio del rispetto delle decisioni delle autorità, del rispetto degli altri campioni e dei loro fan, nonché il principio del buon senso, troppe volte smarriti. L’amarezza di Valentino era legittima ma – per non dire di suoi autorevoli amici dei media esageratamente partigiani e enfatizzanti di certe situazioni a rischio – un campione di tale lignaggio non può lasciare aperti varchi in cui ha avuto e ha buon gioco chi cerca solo e sempre la rissa (non solo verbale) e il caos, destabilizzando tutto il motomondiale, con ripercussione negative per tutti.

Rossi Marquez Crash Sepang 2015

Anche l’ambiguità non paga. Non bisogna più dire che questi “cani sciolti” sono ragazzi che sbagliano, permettendo loro azioni che di sportivo hanno ben poche fino a diventare espressione di delinquenza pura. Purtroppo oggi la violenza è nella società, quasi ovunque, non solo nello sport, una violenza che si sprigiona anche dal modo di pensare, di fare e di comunicare.

Anche nel motociclismo ha gran peso il pettegolezzo, il gossip, la corsa e il suo risultato non come competizione sana da raccontare e commentare come fatto agonistico, ma cronache tendenziose basate sul sospetto o sulla chiacchiera, pretesto per richiamare audience, per creare divisione che produce morbosa attenzione, per alimentare la zuffa, gettando benzina sul fuoco. Il motociclismo in se stesso non c’entra – non è al nostro sport che si possono addebitare le pulsioni violente della società odierna – ma anche il motociclismo può diventare sempre più un’occasione di violenza perché aggrega migliaia e migliaia di persone (per lo più giovani) e le divide in fazioni l’un contro l’altro armate, oggi quelle dei “pro” e dei “contro” Rossi.

Lorenzo Rossi e Marquez MotoGP 2015

Nessuna giustificazione, nessuna indulgenza con chi semina e pratica zizzania, odio e violenza. Tifare un altro pilota fuori dal proprio Fan Club non è una colpa. Senza un degno avversario la competizione non ha senso. L’eroe vive se c’è l’anti eroe. L’avversario è degno di rispetto perché è l’avversario che legittima la vittoria e dà valore al vincitore. Chi sarebbe stato Coppi senza Bartali? Il motociclismo vive di grandi duelli fra grandi campioni. Agostini è stato un grande campione ma quando vinceva in 500 da solo il pubblico abbandonava i circuiti in anticipo.

Il motociclismo vive di passione sostenuto dal tifo della gente, anche di chi non sa che la moto ha due ruote. Il motociclismo deve rimanere sport di massa, “sport-spettacolo”, indietro non si torna, tanto meno si può pensare che questi problemi si risolvano con un motociclismo di “pochi e buoni” o con l’addio alle corse di Rossi e il conseguente forfait dei suoi fan. Valentino non è né invincibile e né privo di limiti: ha legittimamente contestato certe vicende di fine mondiale 2015 ma ha sbagliato non riconoscendo poi la legittimità del responso finale con il titolo a Lorenzo e ha sbagliato ancor prima con accuse quanto meno inopportune a Marquez “regalando” a Jorge un alleato fondamentale nel gioco per il titolo. Valentino, da sempre pilota eccelso e di gran fiuto e persona di grande intelligenza, ha commesso un grande errore tattico che diventa strategico facendo prevalere tutto il suo smisurato “io”, quell’insopportabile senso di superiorità e arroganza che sempre porta alla caduta degli dei, certo di poter fare e disfare a proprio piacimento perché “volano” che mette in moto tutta la baracca, l’unico cui tutti devono (dovrebbero) dire grazie.

Repsol Honda Team's Spanish rider Marc Marquez (R) and Movistar Yamaha MotoGP's Italian rider Valentino Rossi (L) power their bikes during the 2015 MotoGP Malaysian Grand Prix at Sepang International Circuit on October 25, 2015.     AFP PHOTO / MANAN VATSYAYANA        (Photo credit should read MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)

Ciò detto, Valentino merita il plauso quale straordinario pilota e l’apprezzamento sincero per quanto ha dato e dà – in pista e fuori – al motociclismo italiano e mondiale. Anche i suoi milioni di sostenitori italiani e stranieri sono un valore e un patrimonio di tutto il motociclismo che non possono essere le “quattro mele marce” a intaccare. Magari le “quattro mele marce” in questo caso sono più di quattro (anche in proporzione ai tanti fan del “Dottore”) e comunque ogni pilota ha mele marce nel proprio carniere.

, di fronte alle gravi accuse del Fan Club di Marquez (accuse da dimostrare), la FIM e la FMI, la Dorna, l’Autodromo del Mugello, gli stessi piloti interessati e le loro Case e i loro Team (oltre alle autorità competenti) non possono fare spallucce, orecchie da marcante, sottovalutare la questione sollevata. Serve un segnale forte e chiaro. Provvedimenti prima, durante e dopo le corse, di prevenzione ma anche di repressione individuando i responsabili – se ci sono – delle minacce con le relative sanzioni di legge.

L’autodromo deve rimanere un luogo di grande sport, di grande festa per tutti: non può diventare un lager imbavagliato ma men che meno deve diventare il nuovo Colosseo, una “terra di nessuno” per i nuovi “giustizieri” intenti solo a strumentalizzare le corse e i piloti per coprire le proprie nefandezze, il proprio vuoto mentale e l’abisso delle proprie frustrazioni.

MONTEREY, CA - JULY 21:  Marc Marquez of Spain and Repsol Honda Team leads Valentino Rossi of Italy and Yamaha Factory Racing during the MotoGP race during the MotoGp Red Bull U.S. Grand Prix - Race at Mazda Raceway Laguna Seca on July 21, 2013 in Monterey, California.  (Photo by Getty Images/Getty Images)

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