Amarcord: Suzuki Katana
Amarcord: Suzuki Katana
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Il viaggio nel passato tra le moto immortali protagoniste della rubrica Amarcord torna ai mitici anni ’80 e alle prime supersportive moderne giapponesi. Vi ricordiamo ancora una volta che se avete una moto o anche un ciclomotore che vi sono rimasti nel cuore e volete raccontarci la vostra storia, mandate una mail a suggerimenti@motoblog.it allegando se possibile qualche vostra immagine d’epoca.
Dopo la XLCR di casa Harley, un altro brutto anatroccolo, incompreso, accolto poco calorosamente dal pubblico e troppo avanti per la sua epoca, questa volta però costruito nella terra del Sol Levante, dove i flop commerciali sono decisamente più rari e spesso possono portare il suo progettista a fare harakiri, magari proprio con una Katana, la temibile spada giapponese a lama curva usata dai samurai…
Alla fine degli anni Settanta Suzuki mise in atto il progetto di una moto piuttosto rivoluzionaria per l’epoca, anche perché fu progettata da ingegneri del settore automobilistico, che quindi oltre a curarne l’estetica, avevano tenuto in considerazione aspetti come l’aerodinamica e la protezione dell’aria. Prima di arrivare però al prototipo definitivo della Suzuki Katana, occorre tornare indietro all’anno 1979, quando la filiale tedesca della Casa di Hamamatsu affidò il progetto allo studio di design Target di Hans Muth, che presentò una moto con cilindrata 650 e trasmissione a cardano chiamata ED-1 (European Design 1).
Nel settembre dell’anno successivo, al Salone IFMA di Colonia (l’attuale Intermot) venne presentata la sua evoluzione ED-2, basata però sulla meccanica della GSX 1100 con testata a quattro valvole per cilindro TSCC (Twin-Swirl Combustion Chamber). Rispetto alla ED-1 le differenze erano tangibili, frutto di un concept totalmente diverso che lo studio tedesco aveva realizzato partendo da una MV Agusta per partecipare a un concorso.
Il suo aspetto era decisamente atipico con quel cupolino che avrebbe caratterizzato questa moto per oltre vent’anni, che si basava sul concetto di modularità che prevedeva anche l’aggiunta di un parabrezza e di una carenatura integrale, ma la moto piacque, si fa per dire, così com’era, quindi venne semplicemente adottato un piccolo schermo, che andava a riparare l’altrettanto atipica strumentazione con gli indicatori sovrapposti. Quindi nel 1981 il progetto diventò realtà e la Katana entro in produzione, con la sigla GSX 1100S(D) senza troppe modifiche rispetto al prototipo siglato GSX 1100S(X), che era affiancata nello stand in fiera dalla GSX 650S Katana, derivata dal prototipo ED-1.
Il motore quadricilindrico da 1075 cc erogava la potenza di 101 CV a 8.500 giri e 9,34 kgm di coppia a 6500 giri, per una velocità massima di 230 km/h. Il peso complessivo della moto, che montava pneumatici dalle misure poco consone per l’epoca di 3.50-19 davanti e 4.50-17 dietro, era di 243 kg. Contemporaneamente in Giappone venne messa in commercio anche la GS 650G Katana a cardano, con motore di 673 cc da 65 CV e derivata dalla ED-1, che in Europa venne però sostituita dalla GS 550EM con trasmissione a catena, che tra l’altro apparve molto più simile al prototipo di Colonia di quanto non fosse la “piccola” Katana per il mercato giapponese.
L’anno successivo vennero apportate diverse migliorie alla Katana, siglata GSX 1100S(Z), soprattutto al motore che ora aveva una potenza di 111 CV (107 la versione importata in Italia) a 8.500 giri, sei in più di quello della GSX 1100E da cui derivava, e 9,8 kgm di coppia a 6500 giri, mentre il peso scendeva a 232 kg. Ben presto, sempre nel 1982 arrivò anche la versione 750, la cui versione successiva del 1984, denominata GSX 750 S3/SE, aveva alcune migliorie come il monoammortizzatore posteriore e anche il curioso sistema di faro a scomparsa, altro retaggio automobilistico, che andava tanto di moda all’epoca su auto sportive come la Ferrari 308 o la Lamborghini Countach. Questa versione fu commercializzata solo in Giappone e in pochi paesi europei (tra cui non c’era l’Italia) e fino al 1985, con 63 CV nel 1981, che salirono a 72 nell’83 e a 77 negli ultimi modelli giapponesi, mentre su quelli europei la potenza fu dal principio di 79 CV per salire poi a 90 CV dal model year 84.
Nel corso della sue esistenza la Katana venne declinata quindi in diverse cilindrate: oltre alla 1100 e 750, c’erano anche 250, 400 e 1000, ma nessuna di queste, compresa la 750, arrivò mai in Italia. La GSX 250S fu l’ultima a essere lanciata, nel 1991, seguita l’anno seguente dalla GSX 400S, la prima Katana con motore raffreddato a liquido da 53 CV a 10.500 giri. A dire già poco dopo il lancio della 1100 esisteva un modello Suzuki denominato GSX 400F Katana, ma che con aveva il tipico cupolino della Katana, visto che era una semplice naked.
Sempre tra queste cilindrate, una prima versione di 1000 cc, denominata GSX 1000S e destinata ai soli mercati americano e canadese, fu approntata già dal 1981 per partecipare alle competizioni nel campionato americano AMA Superbike, diminuendo l’alesaggio di 2,6 mm e ottenendo una cilindrata effettiva di 998 cc, come da regolamento. Anche se ufficialmente rimase i produzione per un ventennio, fino al 2002, questo riguarda solo il mercato interno. In Italia infatti, dove approdò nel 1982 quando ormai aveva ricevuto un tiepido riscontro nel resto del mondo, rimase in vendita solo per cinque stagioni, e ancora meno successo ebbe in America, dove rimase in listino solo fino al 1983.
Nel 1986 infatti il modello Katana venne in pratica sostituito dall’altrettanto rivoluzionaria GSX-R che segnerà la storia di Suzuki nel segmento super sport fino ai giorni d’oggi. Anche se la commercializzazione al di fuori dal Giappone cessò, in patria la Katana rimase in produzione per ancora molto tempo. Nel 1990 la Suzuki Motor Company celebrò 70 anni di attività e venne approntato un modello “Anniversary” GSX1100S(L) in soli 1000 esemplari, più altri 200 l’anno successivo, ma le prestazioni rimasero invariate rispetto a quelle del model year 82.
Nel 1994 ci fu invece la “prima” Final Edition GSX 1100S(R), con motore depotenziato a 95 CV e coppia massima di 8,6 kgm disponibile più in basso, a 4.000 giri, ovviamente in vendita sempre e solo sul mercato giapponese. Altre differenze furono la sospensione anteriore regolabile, la frizione assistita, il serbatoio che passava da 22 a 19 litri, la sella più bassa e la ruota posteriore da 19 pollici invece che da 17”, tutte modifiche fatte per “addolcire” il carattere della Katana che non ha mai avuto tra i suoi pregi quello del comfort e della facilità di guida, nonostante i lodevoli intenti. Nel 2000 c’erano ancora appassionati nipponici che reclamavano la loro Katana e così venne realizzata un’ultimissima Final Edition GSX 1100S(Y), prodotta in tiratura limitata a 1100 esemplari (come la sua cilindrata) fino al 2002, che differiva per alcuni dettagli minori e che concluse definitivamente la ventennale carriera della sfortunata ma gloriosa Katana.
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