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Amarcord: Laverda 750 SF e SFC

Amarcord: Laverda 750 SF e SFC


Ritorna come sempre, dopo una brevissima pausa, la rubrica Amarcord, che questa settimana fa un balzo indietro tra gli anni Sessanta e Settanta. Vi ricordiamo che se avete una moto o anche un ciclomotore che vi sono rimasti nel cuore e volete raccontarci la vostra storia, mandate una mail a [email protected] allegando se possibile qualche vostra immagine d’epoca. Già nel 1947 Francesco Laverda, fondatore insieme ai fratelli dell’omonima azienda costituita a Breganze due anni dopo, nel 1949, aveva intuito le potenzialità dell’industria motociclistica nell’Italia del dopoguerra.

Dopo la prima moto, la Laverda 75, presentata nel 1950 e progettata insieme al tecnico Luciano Zen, nel 1964 il figlio di Francesco, Massimo Laverda, decise di passare a moto di cilindrata più elevata, presentando nel ’66 la 650 GT da cui due anni dopo derivò la prima 750 della casa veneta; entrambe adottavano un motore bicilindrico con i cilindri verticali, raffreddato ad aria. Successivamente, la versione granturistica 750 GT venne affiancata dalla sportiva 750 S del 1969, ma la svolta si ebbe solo nel 1970 quando venne presentata la 750 SF, dove la sigla SF stava a significare Super Freni perché in questo modello vennero adottati per la prima volta due freni a tamburo doppia camma da 230 mm di produzione Laverda, dotati di una ventola per migliorarne il raffreddamento e montati su cerchi a raggi Borrani da 18 pollici. La nuova 750 SF, che aveva una potenza di 60 CV a 6.600 giri per una velocità massima di 190 km/h, costava all’epoca 1.065.000 lire, un prezzo decisamente concorrenziale sia rispetto alle giapponesi come Honda CB750 Four, che costava oltre 200.000 lire in più, sia rispetto alle altre italiane come la Moto Guzzi V7 Sport che sfiorava il milione e mezzo di lire.

Nel ’72 nacque una seconda versione siglata SF1 che presentava nuovi carburatori Dell’Orto PHB da 36 mm in luogo dei precedenti VHB da 30 mm, mentre un nuovo impianto di scarico Conti, sostituì quello Lanfranconi. Il motore così potenziato erogava 66 CV a 7.300 giri e consentiva una velocità massima prossima ai 200 km/h; nuova anche la strumentazione giapponese Nippodenso. Le prestazioni più elevate della SF1 erano frutto dell’esperienza adottata nelle competizioni.

Amarcord: Laverda 750 SF e SFC
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Non si può infatti parlare della SF senza citare la mitica 750 SFC (Super Freni Competizione), presentata alla fine del 1971, derivata dalla moto da endurance e costruita in tre serie fino al 1977 in soli 549 esemplari, omologati per uso stradale, nella caratteristica verniciatura arancione. Di questi, 23 erano dei modelli di pre-serie destinati ai piloti, riconoscibili dal serbatoio in alluminio, mentre 136 facevano parte della prima serie costruita fino al ’73, venduta a 1.410.000 lire e riconoscibile per il serbatoio in vetroresina con le svasature e i freni a tamburo. Era alimentata da due carburatori Amal da 36 mm e sviluppava una potenza di 72 CV a 7.400 giri, per una velocità massima di oltre 210 km/h.

La seconda serie della SFC fu costruita nel ’74 in 222 esemplari, dotati di freni a dischi Brembo da 280 mm. Infine a partire dal ’75 fino al ‘77 fu costruita la terza serie, in 168 esemplari, con accensione elettronica, in sostituzione di quella a puntine. Nel frattempo, tornando alla 750 SF, nel 1974 nacque il modello SF2, che guadagnò anch’esso il freno a doppio disco anteriore da 280 mm e dal ’74 al ’78 si avvicendarono nuovi modelli della 750 SF, con l’ultima versione SF3 del ’76 che aveva il freno a disco anche dietro, oltre ai cerchi in lega e a un’estetica aggiornata che adottava alcuni componenti ereditati dalla 1000 a tre cilindri, presentata nel 1972.

Nel ’75 arrivò anche una versione GTL da granturismo, destinata prevalentemente al mercato americano, dove Laverda esportava i propri modelli fin dal 1970 sotto il marchio American Eagle. La Laverda SF 750 venne prodotta fino al 1978 in 18.500 esemplari. Questa moto ha un elevato valore collezionistico, ma ancor di più ce l’ha la SFC. Attenzione però ai “bidoni”, soprattutto ai cloni di SFC costruiti con pezzi di SF, che ovviamente valgono meno, pur mantenendo anch’essi un’ottima quotazione.

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