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Amarcord: Cagiva Mito

La 125 Cagiva protagonista sul mercato italiano dal 1990


La rubrica Amarcord oggi si occupa di un’altra 125 stradale molto di moda negli anni Novanta. Dopo la Freccia C12, Cagiva nel 1990, precisamente il 18 maggio, in occasione del Gran Premio delle Nazioni a Misano Adriatico, presentò la prima Mito 125, in quell’occasione nella sola versione nuda per poi apparire pochi mesi più tardi anche in versione carenata. Disegnata da Massimo Tamburini, la Mito era una replica in scala ridotta della C589 che partecipava al Mondiale 500 guidata da Randy Mamola.

In comune con le due versioni motore e ciclistica. Il primo era derivato da quello della C12R e aveva anch’esso la caratteristica del cambio a 7 marce. Alimentato da carburatore PHBH 28RD, aveva una potenza di 31 CV a 10.400 giri e spingeva la Mito carenata a una velocità massima di 165 km/h, qualcosa di meno la nuda, che aveva anche un rapporto finale leggermente più corto, con una corona da 43 denti, invece di 41.

La ciclistica utilizzava invece un inedito telaio in alluminio che sulla versione nuda era messo in mostra. Le sospensioni erano Marzocchi con una forcella davanti da 38 mm e un monoammortizzatore regolabile nel precarico dietro; pneumatici 100/80 e 140/70 (in alternativa 110/70 e 150/60) su cerchi in lega Grimeca da 17” e dischi freno da 320 mm davanti e 230 dietro completavano la dotazione. Il prezzo della versione nuda era di 5.480.000, 600.000 lire in più per la carenata, entrambe disponibili nella sola colorazione rossa con cerchi bianchi.

Un Mito di nome e di fatto
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La prima versione della Mito restò in produzione fino al 1992 e in quei due anni comparvero altre versioni. Intanto a partire dalla seconda metà del 1991 non fu più disponibile la naked. Durante il primo anno di commercializzazione vennero prodotte anche diverse colorazioni, come quella verde acqua con cerchi in tinta oppure arancioni, che all’epoca fu considerata un po’ una “tamarrata” ed ebbe successo solo in paesi come Austria e Germania, ma pochissimo in Italia.

Fu la volta poi della versione nera con cerchi bianchi e fregi verdi, di quella rossa e bianca con cerchi neri e infine della Denim del ‘91, una versione speciale ideata per un concorso a premi e prodotta in 300 esemplari numerati, più quello messo in palio per il concorso, a cui poi se ne aggiunsero altri 200. La colorazione base era interamente bianca con le decal blu e celesti del noto profumo maschile.

Sempre nel 1991 arrivò la Mito Racing, conosciuta anche come Lucky Explorer, per via della colorazione replica, che in realtà era più legata al mondo delle competizioni dakariane, proposta a 6.220.000 lire. Le differenze con la versione base erano nell’impianto di scarico, nella rapportatura finale e nella valvola di scarico. La potenza saliva a 32 CV e la velocità massima era prossima ai 170 km/h. La Racing venne utilizzata anche per la gare di Sport Production, sebbene esistesse una versione ufficiale denominata SP, con carburatore da 34 mm.

Un Mito di nome e di fatto
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L’anno seguente fu la volta della Mito Eddie Lawson (venduta a 6.280.000 lire), che ritornava alla livrea rossa (con cerchi in tinta) replicando però quella della V 591 guidata dal pilota americano nel Motomondiale ’91, quindi con tabelle porta numero gialle e numero 7 in nero (come si usava allora per regolamento in 500, numero nero su fondo giallo). Meccanicamente era identica alla versione Racing, con in più il silenziatore in carbonio.

Nello stesso anno arrivò il primo restyling con la Mito II, che presentava alcuni accorgimenti tecnici ed estetici, tra cui la forcella Marzocchi ora a steli rovesciati da 40 mm, ma priva di regolazione, e un diverso impianto frenante, mentre il motore presentava una nuova valvola di scarico CTS e un impianto di scarico differente. La potenza superava i 32 CV e la velocità massima i 170 km/h. Le colorazioni disponibili erano arancio aragosta con cerchi oro, il classico rosso Cagiva con cerchi e tabelle portanumero nere e la Lucky Explorer con cerchi bianchi e tabelle portanumero gialle. Il prezzo era di 6.330.000 lire.

La Mito II venne nuovamente aggiornata nel 1993 con alcune prese d’aria sulla carenatura, che su alcune versioni risulta traforata in molti punti, mentre il motore ottenne un nuovo gruppo termico, terminale di scarico in carbonio e rapporti finali differenti. Il prezzo era di 6.750.000 lire, mentre le colorazioni rimasero quelle conosciute ma mutarono in alcuni dettagli.

Un Mito di nome e di fatto
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La Lawson e la Lucky Explorer infatti, che avevano la carenatura traforata, persero le tabelle porta numero gialle, sostituite da quelle nere sulla Lucky e rosse sulla Lawson, la quale presentava anche gli adesivi in finto carbonio. A quest’ultima si affiancò anche la John Kocinski Replica, che si differenziava sostanzialmente per il numero 3 sul codone, portato in gara dal pilota dell’Arkansas.

L’ultima versione della Mito II fu la Evolution of a Myth, caratterizzata da una colorazione particolare blu e arancio, a dire il vero non molto apprezzata all’epoca. L’evoluzione successiva si chiamava Mito EV, la cui linea era chiaramente ispirata a quella della Ducati 916, mentre il motore toccava i 34 CV di potenza, il prezzo era di 7.890.000 lire e le colorazioni del modello base due: rosso/grigio e giallo/grigio, entrambe con cerchi grigi. Dal punto di vista della ciclistica si segnalava invece l’adozione di un ammortizzatore di sterzo.

Purtroppo il 1994, anno della sua presentazione, coincise con l’approvazione del D.M. 193 del 8/8/94 che dal 1996 impose il limite di 11 kW (15 CV) per i titolari della nuova patente A1, quella ottenibile prima dei 18 anni. Di fatto questo decreto fece cessare la corsa alle prestazioni dei produttori di moto, soprattutto italiani, come Cagiva, Aprilia e Gilera, ma soprattutto determinò un brusco calo di vendite di questi modelli sportivi, sostituiti in breve da più anonimi scooter.

Un Mito di nome e di fatto
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La Mito EV intanto venne prodotta fino al 2007 ma il 1995 fu l’ultimo anno delle “full power” e la Lucky Explorer Replica di quell’anno replicava fedelmente la moto usata da una certo Valentino Rossi nel campionato Sport Production ’94 sotto la guida del team di Claudio Lusuardi. Sempre del ’95 fu anche l’ultima Evoluzione, una sorta di “final edition” caratterizzata da serbatoio, codone e cupolino grigi, carene laterali rosse e carene inferiori nere, l’ultima vera Mito con motore a piena potenza.

La versione Lucky Strike però non si estinse con il 1996. In quell’anno infatti venne presentata una versione rivisitata profondamente a livello delle colorazioni, con serbatoio e carenatura bianchi, codone rosso e il logo Lucky Explorer ingigantito e visibile solo per un quarto sulla parte bassa della carenatura.

Nel ’99 arrivò un altro restyling e un altro nel 2001, ma la EV rimase sostanzialmente invariata fino alla fine del 2007, quando venne sostituita dalla Mito SP525, che aveva già fatto una fugace apparizione in versione non omologata nel campionato Sport Production 2006, l’ultimo organizzato direttamente dalla FMI. Rispetto alla EV cambiavano il codino e il cupolino con nuovi fari.

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La SP525 è rimasta in produzione fino al 2012; in quell’anno infatti la Cagiva ha cessato la produzione di questo modello che è ancora disponibile sui mercati esteri in versione a piena potenza, ma in Italia ha purtroppo subito la stessa sorte di modelli analoghi e un tempo tanto desiderati dai sedicenni.

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