Amarcord: Malaguti Fifty


La rubrica Amarcord coinvolge anche i ciclomotori e i mitici cinquantini di un tempo; vi ricordiamo ancora una volta che se avete una moto o anche un ciclomotore che vi sono rimasti nel cuore e volete raccontarci la vostra storia, mandate una mail a suggerimenti@motoblog.it allegando se possibile qualche vostra immagine d’epoca. Nato nel lontano 1974, il Malaguty Fifty visse il suo massimo splendore negli anni Ottanta, quando le versioni si moltiplicarono, visto anche l’enorme successo di questo tubone tra i giovanissimi.

I ciclomotori come il Fifty all’epoca erano chiamati “tuboni” per via del fatto che il trave centrale del telaio tubolare, che conteneva il serbatoio, per motivi sostanzialmente di riduzione dei costi di produzione, veniva aumentato di diametro per contenere più benzina, da cui appunto il termine tubone. I primi tuboni nacquero alla fine degli anni Sessanta, anche se all’epoca non erano chiamati così, e uno dei capostipite di questa fortunata serie di ciclomotori fu il College della Oscar di Rastignano (BO), che aveva però il cambio monomarca, mentre il primo quattro marce fu il Mister College.

Negli anni Ottanta appunto esplose il fenomeno dei tuboni, che si contrapponevano ai classici ciclomotori Piaggio e ai primi cinquantini a marce, che però avevano un prezzo superiore. Se il Ciao e la Vespa erano preferiti dai nostalgici, il Sì dai “bravi ragazzi” e i cinquantini a marce di diversa tipologia (stradali o enduro) dai 14enni più motociclisti nell’animo, il Fifty era sicuramente il mezzo preferito dai più… tamarri! Scherzi a parte, questo cinquantino prodotto dall’allora florida Malaguti, ebbe un grande successo tra i giovanissimi, per via soprattutto delle sue prestazioni.









Col cambio a 4 marce e un peso ridotto le impennate “di potenza” erano all’ordine del giorno e non serviva neppure modificare il motore, bastava la “Promina” col terminale dorato, visto che opportunamente sbloccato il Fifty viaggiava allegramente intorno ai 90 km/h e in quegli anni non se ne vedeva uno girare a 40 all’ora, “codice”, poi diventati 45 con le modifiche al codice della strada dell’89, che eliminava anche la limitazione di potenza a 1,5 CV, obbligando però i costruttori a montare un cambio a 3 marce e non più libero. Nei listini della casa bolognese comparvero in quegli anni numerose versioni.

In totale il Fifty nel corso della sua lunga esistenza venne declinato nelle seguenti sigle: Fifty 50, AS, Black Special, Premium, RV, UP, HF, HF mix, HF colors, Full CX, Full Cx mix, Full CX Colors, Mistral, Evolution, Top, Top Colors e Top Mix. La versione al top era senza dubbio il modello… Top. L’unico dotato di raffreddamento ad acqua, oltre che di avviamento elettrico e contagiri era, come ricorda anche il comico Giuseppe Giacobazzi, un motorino da “sburòn”.

All’opposto estremo della gamma la versione RV, era quella preferita dal pubblico femminile o comunque dai meno scalmanati, in quanto aveva la trasmissione a variatore automatico, quindi senza cambio motociclistico, che piaceva tanto ai ragazzi dell’epoca per sentirsi più fighi, e oltretutto aveva il freno anteriore a tamburo, che evidentemente non consentiva di fare gli “stoppie” come sul CX o sul Top, dotati di freno a disco anteriore.




Tra le versioni di maggior successo anche il Full CX, con indicatori di direzione e freno a disco, ma raffreddamento sempre ad aria, diffuso soprattutto nella colorazione nera con scritte oro, a differenza del Top che si vedeva più spesso nella livrea rossa. Piuttosto diffuso anche l’HF, e non solo perché la sua sigla ricordava i modelli di casa Lancia più potenti, tra cui la mitica Delta, ed era sinonimo di sportività, ma anche per la dotazione, solo di poco inferiore a quella del Full CX, il quale si differenziava anche per i cerchi e il terminale dello scarico dorati, oltre che per il monoammortizzatore progressivo in posizione centrale in luogo dei due laterali dell’HF.

Il miscelatore separato arrivò solo più tardi e negli anni Novanta il Fifty subì un profondo restyling estetico, che interessò dapprima solo il modello Top, con un cupolino più grande, faro integrato e linee più smussate, fino ad arrivare al rinnovato Evolution. Con questo restyling degli anni Novanta il serbatoio passò da 3,25 litri a 6,5 litri, posto sotto il sellino, come sugli scooter, ma pure il peso aumentò, dai 62 kg del Full Cx dell’88 ai successivi 89 kg dell’Evolution.

Successivamente nel 1994 il Fifty tornò a dimensioni e pesi più contenuti, con serbatoio da 3,5 litri tradizionalmente nel “tubone”, fino al 1997, quando uscì di produzione. Oggi i tuboni sono praticamente estinti e l’unico produttore rimasto fedele a questo tipo di progetto è la casa tedesca Sachs, con il suo divertente Madass, proposto nelle cilindrate 50 e 125. Sul web sopravvivono però diversi estimatori di questo cinquantino di casa Malagauti, che hanno anche un forum dedicato.