Home Quel 25 aprile del ’53, la “prima” di Imola. Checco Costa, genio e passione

Quel 25 aprile del ’53, la “prima” di Imola. Checco Costa, genio e passione

Il 25 aprile 1953, 65 anni fa si disputava sull’inedito circuito del Santerno di Imola la prima corsa motociclistica di velocità riservata alle classi 125, 250, 500 Grand Prix.

Il 25 aprile 1953, 65 anni fa, in una assolata giornata primaverile, si disputava sull’inedito circuito del Santerno di Imola la prima corsa motociclistica di velocità riservata alle classi 125, 250, 500 Grand Prix. Iniziava così la straordinaria avventura del “Piccolo Nurburgring” (uno splendido saliscendi misto-veloce mozzafiato di 5.017 metri) che, grazie soprattutto al geniale Dottor Checco Costa (papà del Dott. Claudio e dell’Avv. Carlo), diverrà uno degli autodromi internazionali più importanti e famosi.

Costa e un manipolo di “fissati” del motore già nel 1948 si erano cimentati nell’organizzazione di gare internazionali importando per la prima volta in Italia, nelle gobbe del Castellaccio, il motocross: fino al 1965 ben 9 mondiali e 5 campionati europei! Ma il cuore e la fantasia di Checco, già dal 1947, puntavano alla velocità, addirittura alla “pazza idea” della realizzazione di un impianto permanente “modello”. Come scrive magistralmente il fondatore della Clinica Mobile (“dottorcosta”):

“Questa idea, come fragile creatura, fu accolta, aiutata, cullata e nutrita da tanti, ma solo uno ne fu padre per sempre: Checco Costa”.

E dalle idee e alle parole si passò presto ai fatti. Il 6 marzo 1950 ecco il primo colpo di piccone dato dal presidente del Coni Giulio Onesti. Il 18-19 ottobre 1952 ecco il collaudo della nuova struttura con davanti a tutti Checco Costa e il suo inseparabile amico Enzo Ferrari. Con gente così niente era virtuale, ma tutto si trasformava in reale: per la prima volta la quiete secolare del bellissimo Parco imolese fu scossa dal rombo dei motori da corsa, in un appassionante crescendo rossiniano.

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Fra due ali di folla acclamanti, scesero in pista assi consacrati con mezzi superlativi: Alberto Ascari sulla Ferrari F1, Umberto Masetti sulla Gilera 500 4 cilindri ed Enrico Lorenzetti con la Guzzi. Checco Costa fu portato in trionfo dagli appassionati. La notizia andò sui media di tutto il mondo. Fu l’apoteosi, l’inizio glorioso dell’epopea del circuito del Santerno con gare che segneranno la storia del motociclismo e dell’automobilismo mondiale.

Scrive Marino Bartoletti in una mirabile prefazione del pregevole volume di Angelo Dal Pozzo e Claudio Ghini (Bacchilega Editore):

“Sapeva vedere lontano Checco: forse perché era figlio dei campi, aveva il senso di un orizzonte che non finisce mai. E soprattutto sapeva vedere “avanti”, molto avanti. Perché abbinava le sue passioni alla genialità; le sue speranze alla concretezza; la sua apparente lucida follia alla più disarmante facilità nel trasformarla in fatti reali. E sarebbe nulla se, nel suo ineguagliabile percorso di vita e di lavoro, non avesse abbinato tutto questo a un candore e a un entusiasmo quasi infantili, a un’onestà e un rigore praticamente inimitabili. Checco era un bambino coi baffi da adulto; un cucciolo saggio e responsabile, un Peter Pan che aveva trasformato l’Isola che non c’è in un Castello che solo lui poteva immaginare”.

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Già. Nato il 9 aprile 1911, Checco resta personaggio unico, per la sua umanità come persona schiva e umile, sempre disponibile, per la sua genialità di organizzatore e per la sua passione per il motociclismo. Checco Costa resta l’emblema della genialità e della capacità organizzativa che travalicano i confini del motociclismo, il principe del motociclismo mondiale capace di fondere campioni e folle, la sintesi di una realtà culla di questo sport di passioni e rischi – l’Emilia Romagna – che non è solo una espressione geografica, ma il cuore e l’anima stessa delle corse, dove da sempre si esalta il culto “de mutòr”.
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Un destino beffardo (travolto nel 1988 proprio da una moto appena uscito di casa in bicicletta) cancellò la vita di un uomo cui il motociclismo deve mirabili intuizioni e straordinarie realizzazioni. Dopo aver “inventato” il Motocross, Costa fu soprattutto l’organizzatore di manifestazioni memorabili “ad ingaggio” quali la “Coppa d’Oro Shell” (dal 1954 al 1971) e la “200 Miglia”, la “Daytona d’Europa” (prima edizione 23 aprile 1972), corse mitiche, appuntamenti “unici” del motociclismo che valevano da sole un mondiale.

Infine il mondiale “ufficiale” del settembre 1969, tolto per la prima volta a Monza, con conseguenti polemiche e forfait della MV Agusta e Giacomo Agostini. Momento difficile causa il… “voltafaccia” del Conte Agusta all’ultima ora, Checco tirò diritto per la sua strada, salvaguardando solo un interesse: quello del motociclismo, della sua gente, della sua terra.

L’estensore di queste note, ragazzino a fine anni ’50, ricorda il Dottor Costa “Direttore d’orchestra” con la sua bacchetta magica pedalare sulla sua biciclettina, zigzagare sulla griglia di partenza (all’epoca spostata verso la curva Rivazza) della Coppa d’Oro Shell e portare il suo saluto ai piloti, dal più illustre all’ultimo dell’ultima fila.

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Chi scrive ricorda poi Checco molti anni dopo, a capo della triade dei Moto Club di Imola, Pesaro e Riccione, a tenere alta la bandiera di un motociclismo italiano in crisi, uomo meticoloso perché niente lasciava al caso e imprevedibile perché aveva sempre la “trovata” che trasformava una corsa nell’evento dell’anno e di una intera epoca. I più grandi campioni hanno corso in riva al Santerno e tutti i protagonisti del Continental Circus, dal fuoriclasse più titolato all’ultimo degli “zingari” della rocambolesca giostra internazionale, chiedevano a Costa di poter correre attorno alla “collina del batticuore”.

Checco Costa, organizzatore anche della “Conchiglia d’oro” per auto (quattro edizioni dal 54 al 56 e poi nel ’63, con la prima corsa imolese di F1), intuì l’importanza dei media e della tv, nonché il supporto dei grandi sponsor, legando le sue manifestazioni al nome della Shell, la multinazionale petrolifera. L’appuntamento annuale di Aprile sul “piccolo Nurburgring” rappresentava ogni stagione la primavera del motociclismo italiano, una vetrina prestigiosa e qualificata, asse portante e baricentro della Mototemporada tricolore, anteprima assoluta del motomondiale.

Come scrivevamo su Motoblog:

“Indietro non si torna. Ciò vale anche per le corse cui, però, manca oggi quell’umanità semplice e profonda e quella genialità inesauribile alla Checco Costa: un “gigante” buono e sensibile, colto nel suo latino e greco antico e amante del bello ovunque fosse – prototipo da corsa o quadro di Raffaello – uomo che ha fatto del motociclismo un’opera d’arte alla portata di tutti, fuori dal tempo, proiettandolo oltre le mitiche serpentine del Santerno e i mutevoli confini dello sport”.

Grazie, Checco.

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