MotoGP, Argentina: Rossi volpone “terzo incomodo” fra Dovizioso-Marquez?
Termas de Rio Hondo, il circuito argentino double-face, sperduto a 1.000 Km da Buenos Aires.
Di Massimo Falcioni
Eccolo, Termas de Rio Hondo, il circuito argentino double-face, sperduto a 1.000 Km da Buenos Aires: pista da torcicollo fra curve a gomito secche e curvoni da pelo e che toglie il fiato sparati nel rettifilo di 1.076 metri, il secondo dopo quello infinito del Mugello di m. 1.194. Le verdi colline fiorentine sono lontane (il GP d’Italia si corre il 3 giugno) e oramai è solo nei ricordi la notte di Losail della “sventola” in volata per 27 millesimi di Dovizioso a Marquez, con Rossi lì, attonito interessato … spettatore.
Secondo attesissimo round, per conferme e smentite: si riparte azzerando il pallottoliere ma non le speranze con il binomio italiano in testa in classifica generale. Sono solo i primi giri di una giostra che annuncia meraviglie. Sognare si può. Con i piedi per terra. Nessun test è stato fatto qui dopo la recente riasfaltatura di metà tracciato, c’è chi dice alla “meno peggio”, anche perché da queste parti lasciano a desiderare nel livellare i rattoppi. Solita manfrina-gomme? Michelin porta per la MotoGP 4 tipi di gomma davanti e 4 tipi dietro e speriamo in bene. 4.800 metri piatti ma – come detto – con un rettifilo che non finisce più arrivando sparati da due curve in uscita da terza (curva n°3) e da quarta piena (N°4).
Per lo più sono curve di percorrenza, scorrevoli, di scarso grip, con lo spauracchio di un curvone da pelo, di una staccatona impiccata (N°5) dopo il rettilineo e la penultima curva-gancio (N° 13) che porta nel gomito (N°14), due prove da trapezio, ad alto rischio, fatte anche apposta per un’altra volata tipo quella di Losail fra Dovi e Marquez, a Rossi piacendo. Corsa da “trenini”? Qui il rettilineo favorisce le scie ma non dà sul traguardo come al Mugello.
Gran lavoro per bilanciamenti, assetti e soprattutto olio di… manico. Calma e gesso. Si vedrà. Sei pretendenti alla vittoria e sei pretendenti al titolo? I nomi sono i soliti con una scala di valori che pone d’obbligo, comunque, il campione del mondo in carica – il Marquez stratosferico, maturo e in forma a puntino su una Honda che pare aver superato il gap di elettronica – favorito numero uno. Ciò tant’è ne dica Rossi, che dà al Dovi la palma del favorito, forse più come pesante fardello che come vero disinteressato amichevole auspicio. Già. Rossi di nemici da mettere nel mirino ce ne ha, per primi e sempre i due spagnoli, il giovane ribelle catalano dal sorriso furbo con la baionetta in canna e il più attempato imbronciato maiorchino ancora impelagato a cercare il feeling con la Rossa, che – un fuoriclasse resta un fuoriclasse – dovrà pur trovare. Ma Rossi, in pista, di amici non vuol sentire parlare, neppure del buon Dovi. Quel Dovi da Forlì che adesso attizza la gente davanti alla tv in mezzo mondo e di più, perché da sempre piace chi, da sotto, prova a scalzare quello sopra: in questo caso sopra c’è un fuoriclasse consacrato dal sorriso furbo come Marquez in sella a una moto di una Casa colosso che di più non si può come Honda.
Viva Andrea! Sì, viva l’Andrea nazionale e la Rossa a due ruote chiamati alla conferma dopo l’exploit del Qatar. Così sono le corse, vinci e non basta, da lunedì si riparte alla pari. C’è un però. Gli italiani adesso prendono gusto a sostenere il Dovi-bravo-ragazzo-bel pilota-passista-da sberla, l’antieroe dal passo felpato e dal sorriso mesto capace di trionfare quasi scusandosi soprattutto con il malmesso compagno di squadra maiorchino pagato dieci volte di più perché pesa il pedigree e conta sapersi vendere senza timore di rimanere a piedi.
Dicevamo degli italiani e bisogna dirla tutta: si piazzano a milioni davanti alla tv aspettando il miracolo del solito Rossi, l’intramontabile. Vogliono tutti un gran bene a Dovizioso ma il cuore dei più batte per Valentino. E’ lui l’emblema delle corse. Così era così è. E’ ancora e sempre grazie a lui che lo zoccolo duro di quel motociclismo per decenni considerato sport di nicchia è diventato sport di massa, il primo dopo il calcio, è grazie a lui che vanno in sollucchero e se dovesse davvero avverarsi il miracolo del titolo numero dieci – un miraggio ma mai dire mai! – esploderebbe l’Italia, anzi di più. Classe, pedigree, carisma, regalare sogni e cuore a tutti, nemici compresi. Ecco perché Valentino (nel 2017 proprio in Argentina festeggiò il suo 350° Gran Premio!) da Tavullia è ancora lì e, come visto già a Losail, bussa forte per essere lui alla fine il terzo che gode fra i due litiganti.
Occhio a Vale, la vecchia volpe mai sazia di vittoria, mai domo, le proverà tutte, compreso mettere il Dovi – come scritto – quale favorito per il titolo. Un riconoscimento dovuto e oggettivo da parte del 9 volte iridato verso il meno blasonato forlivese? No, la classica furbata perché uno come il Dovi, per cercare di innervosirlo e muovere le acque destabilizzando la situazione, non puoi denigrarlo, devi caso mai adularlo. E il Dovi, lusingato, stavolta abbocca, così almeno pare:
“Sentire dire da Valentino che sono il favorito è tanta roba e sono solo contento”.
Pretattica? Dettagli insignificanti? Non è così? Si vedrà, presto si vedrà, già dal prossimo giro di tango in Argentina dove la corsa sarà calore, passione, energia e fantasia. Dovizioso, Marquez, Rossi, Vinales, Zarco, Pedrosa, Petrucci, Crutchlow e tutta la compagnia sono pronti per una gara-show. Anche noi, per ammirarli.