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La Panigale R Final Edition, De profundis del bicilindrico da corsa

Domenicali: “Sono davvero orgoglioso di presentare questa nuova versione della nostra Panigale, forse nessun’altra casa motociclistica ha legato il proprio nome in modo così diretto a un motore come ha fatto Ducati con il bicilindrico sportivo”

“Sono davvero orgoglioso di presentare questa nuova versione della nostra Panigale, forse nessun’altra casa motociclistica ha legato il proprio nome in modo così diretto a un motore come ha fatto Ducati con il bicilindrico sportivo.”

“Dalla prima vittoria di Marco Lucchinelli, il 3 aprile 1988 con la 851 a Donington Park, nella gara inaugurale del mondiale delle derivate dalla serie, fino alle gare vinte da Chaz Davies e Marco Melandri in sella alla Panigale R quest’anno, costruendo un palmares fatto di 333 vittorie, 17 Titoli Costruttori e 14 Titoli Piloti”.

Suona tanto come un De profundis il commiato finale del bicilindrico nel mondo delle corse di grande cilindrata. Già, perchè da quella vittoria di Marco Lucchinelli ad oggi, Borgo Panigale ha portato in alto i vessilli del due cilindri, con quella L, quella V di 90 gradi nata con la 850, ribattezzata poi alla sua uscita 851 per non andare incontro a beghe, su suggerimento del vice direttore tecnico Gianluigi Mengoli, con l’allora utilitaria Fiat 850.

Una moto che ha reso celebri tanti campioni, capaci di correre e vincere con quel bicilindrico evoluto nel corso negli anni. E’ dal genio dei fratelli Castiglioni, allora proprietari della Cagiva, che nacque quel gioiello con distribuzione desmodromica e raffreddamento a liquido.

Lucchinelli dunque, poi Falappa e Roche. Gente che ha provveduto a creare il mito. Poi la 916, ulteriore capolavoro di bellezza e forza che nelle sue declinazioni, ha reso grandi i vari Fogarty, Corser, Chili, Bayliss, Bostrom e via dicendo.

Anni di dominio per Borgo Panigale, tanto che un colosso come Honda, sfruttando anche il regolamento che dava cilindrata piena ai bicilindrici contro i 750 cc dei quattro, decise di creare il VTR. Erano gli anni in cui il 2 era di voga: l’Aprilia RSV vinceva con Corser e Laconi, non solo Honda e Ducati. Perfino Bimota, con il motore del TL1000R.

Anni che ne decretarono il mito. Basti pensare al 1996 vinto da Corser, maestro delle Superpole, al 1998 con la vittoria di Fogarty nell’emozionante finale di Sugo, quando proprio Corser cadde dopo aver centrato la Pole nel warm up e la Honda fece Harakiri con Slight, lasciando la vittoria a Fogarty. Come non citare il 1999 dominato proprio da King Foggy, il 2001 con l’alloro di Bayliss, quasi bissato l’anno dopo, con quella stupenda ultima assoluta tra bicilindrici in quel di Imola. Una corsa che rimarrà nella storia delle corse.

Perfino quando si arrivò alla parità di cilindrata, la 999 prima e la 1098 poi portarono in alto il bicilindrico. Proprio Bayliss ne fu grande ambasciatore, divenendo re di tre generazioni con il 998, la 999 e la 1098, senza dimenticare le vittorie di Toseland, di Laconi.

Non fu capita da tutti quella moto di Terblanche, sostituita proprio dalla 1098 che vide il ritorno di Bayliss, gli exploit di Fabrizio, Xaus, ma anche di Lanzi. Fu una generazione motociclistica eccellente per la Rossa.

La tecnica nel frattempo si affiancava sempre più a quell’apporto tecnologico ed elettronico che limitava sempre più i limiti del quattro cilindri rispetto al due. La coppia strabordante del pompone non era più un’arma da impugnare verso l’allungo dei quattro cilindri. In Superbike approdava sempre più l’elettronica, dopo anche l’arrivo del quattro crossplane con Yamaha e Ben Spies nel 2009.

Una Panigale ultima rimasta a difendere l’onore delle bicilindriche perchè nel frattempo Honda era tornata fin dal 2004 con il CBR Fireblade, la Suzuki con il Gsx-R e la stessa Aprilia con il suo V4 di 65° realizzato dall’ingegner Lombardi, senza contare in Superstock le brevi apparizioni della KTM con la RC8.

In MotoGP la stessa Ducati arrivò con un quattro cilindri ad L, dopo aver abbandonato anche il traliccio, non senza destare sollevazioni popolari. In Superbike poi, ecco la Panigale: telaio inscatolato da un lato, motore Superquadro dall’altro: tentativo di cambiare la natura del 2 cilindri, puntando ad un maggior allungo. Nelle competizioni la Panigale non è stata fortunatissima, non riuscendo – finora – a conquistare un alloro iridato tra le derivate di serie a livello internazionale, se non il titolo Stock del 2014 con Leandro Mercado o il costruttori nel 2016.

La strada era tracciata dai quattro cilindri, sopratutto da quel periodo sviluppatosi con Aprilia e Kawasaki.

Ora il commiato finale, perchè anche Borgo Panigale ha deciso di evolvere la sua storia con il prossimo V4 figlio della MotoGP. Servirà ancora tempo per vederla in azione, ma il capitolo finale, decretato dalle parole di Domenicali, ne è un elogio per la sua storia. Trent’anni di successi con la Rossa a tenere alti i vessilli del bicilindrico. Ora una nuova strada che mette fine al bicilindrico in Superbike.

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