Home MotoGP: Yamaha, addio problemi? Vinales rinasce ma Rossi non è finito

MotoGP: Yamaha, addio problemi? Vinales rinasce ma Rossi non è finito

La vittoria di Vinales a Phillip Island è stata netta – moto al top e pilota di più – significativa sul piano agonistico, tecnico e anche psicologico sia per Maverick che per la Casa dei tre diapason.

Chi, come Valentino Rossi, aveva affermato deluso che: “Con questa Yamaha non si vince” adesso si deve ricredere. La vittoria di Vinales a Phillip Island è stata netta – moto al top e pilota di più – significativa sul piano agonistico, tecnico e anche psicologico sia per Maverick che per la Casa dei tre diapason, a digiuno da 25 gare.

Così, a campionato conquistato in anticipo dall’alieno Marquez a Motegi, il finale si ravviva, non escludendo altre sorprese. Un trionfo, quello del ringalluzzito Vinales in sella al bolide blu della Casa di Hamamatsu, non certo annunciato, quindi ancora più indicativo e apprezzato. Non è colpa di chi vince se – come in questo caso e in tanti altri casi in passato – vengono a mancare in gara, per motivi diversi, alcuni grandi protagonisti: stavolta Marquez e Zarco per il noto incidente, Crutchlow e Lorenzo infortunati.

Rispetto alle moto in campo, la Yamaha M1 non era un “bidone” prima del GP d’Australia e non è adesso, dopo il trionfo di Phillip Island, la moto miracolosamente resuscitata, la più competitiva, quella da battere. Ducati e Honda, diverse fra loro, rispetto alla M1 hanno maggior trazione, sono meno legnose e più fluide nei cambi di direzione, più veloci in accelerazione e in velocità di punta. Su Motoblog abbiamo già spiegato il perché e il percome e non ci ripetiamo. Non è superfluo ricordare che stiamo parlando di differenze infinitesimali che si traducono nell’ordine del millesimo di secondo che, però, risultano decisive per il tempo sul giro e quindi decisive sul risultato finale della gara.

A volte tali differenze appaiono più accentuate perché con la moto considerata meno competitiva, non in grado di lottare per il podio e per la vittoria, il pilota – vale per tutti – non dà (o non riesce a dare) il 100% del proprio potenziale. Quando la moto risponde e il feeling con chi la guida è pieno e le condizioni di gara fanno presagire un grande risultato, addirittura la possibilità della vittoria, allora il pilota riesce ad esprimersi in modo straordinario come è successo magnificamente a Vinales a Phillip Island. All’opposto, quando l’altro pilota della stessa Casa vede che il compagno di squadra è in fuga davanti a tutti non riuscendo a fare i suoi tempi sul giro subentra il calo di “tensione” che fa diminuire il potenziale personale e della moto i cui limiti vengono ingigantiti. E’, tempi alla mano, quello che è accaduto a Rossi a Phillip Island.

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Rispetto ai due piloti ufficiali Yamaha, appunto, Vinales e Rossi, sono assai diversi per caratteristiche personali, tecniche e agonistiche, per età e pedigree: lo spagnolo non è ancora 24enne mentre il prossimo febbraio l’italiano compie 40 anni, senza dimenticare che l’uno ha vinto un mondiale e l’altro nove. Vinales, ancor più di Rossi, ha subito fino al GP d’Australia la situazione di difficoltà della Yamaha incapace fin qui di rispondere adeguatamente agli step evolutivi di Ducati e Honda per altro ulteriormente spinti e valorizzati dal “risveglio” di Lorenzo (3 vittorie) e dalla conferma di Dovizioso (3 vittorie 3 secondi), per le Rosse, e dall’ulteriore salto in avanti (stessa combattività precedente ma maggior maturità agonistica e… saggezza) del “cannibale” Marquez (per la Casa dell’Ala dorata) con 8 vittorie più il resto.

Non bastasse, c’è stato e c’è, terzo incomodo, il gran passo avanti della Suzuki, due volte seconda con Iannone e Rins. Vinales, prima di Phillip Island, aveva conquistato solamente un secondo posto e tre terzi posti, più altri piazzamenti minori. Rossi, un secondo e quattro terzi posti più altri piazzamenti. Si può dire che i due piloti Yamaha, pur con approcci differenti (Maverick più battagliero ma al contempo anche qualche volta “rinunciatario” e troppo “prudente” in qualche inizio gara e soprattutto altalenante nelle sue prestazioni; Valentino di fatto più “conservativo” e regolare anche se sempre una freccia agli inizi corsa ma sfiduciato sulla possibilità Yamaha di recuperare il gap ) e risultati diversi in ogni corsa e in campionato, alla fine a due gare dal termine, sono divisi in classifica solo da 15 punti (195 contro 180), a dimostrazione di un sostanziale equilibrio fra i due.

MotoGP: Yamaha, addio problemi? Vinales rinasce ma Rossi non è finito

Ricordiamo anche che Rossi quest’anno è arrivato davanti a Vinales 10 volte e lo spagnolo sei volte davanti al pesarese a sua volta 7 volte davanti al compagno di squadra in qualifica con quest’ultimo più veloce di Vale 9 volte. Ancora: nel 2018 Rossi è caduto cinque volte, Vinales due.

In conclusione. Le difficoltà tecniche Yamaha si sono ripercosse in negativo sui due piloti, anche sul loro morale, incidendo negativamente su prestazioni e risultati. Il gap non è dato dal “progetto” del propulsore (il 4 cilindri in linea non è affatto superato) ma forse dalla differente interpretazione delle cause dei problemi e dalle diverse proposte di soluzione date da Maverick e da Valentino. Non c’è stata (non c’è?) la capacità di sintesi della Yamaha fra le modifiche alla M1 proposte da Rossi e quelle proposte da Vinales.

MotoGP: Yamaha, addio problemi? Vinales rinasce ma Rossi non è finito

In questo caso i due piloti, invece di favorire la soluzione del problema, sono diventati loro stessi – in modo differente – il problema. Un pilota qual è Rossi, per esperienze e pedigree, ma anche per carisma, ha “peso” quando indica al proprio box la strada da seguire nella messa a punto complessiva. Meno peso ha nella strada da scegliere per lo sviluppo tecnico perché una Casa come Yamaha si basa sull’elaborazione dei dati (telemetria ecc.) e segue un proprio programma strategico che tiene conto di molti fattori, anche extra agonistici.

Fatto sta che, nella sostanza, la linea l’ha dettata Rossi e non Vinales, cui non rimaneva che il mugugno e, qualche volta, una discutibile performance in pista. Insomma, c’era e c’è la questione dei due galli nello stesso pollaio che a volte è per la Casa un valore aggiunto a altre volte un handicap. E adesso? Phillip Island difficilmente cambia i valori in campo dei due round finali.

MotoGP: Yamaha, addio problemi? Vinales rinasce ma Rossi non è finito

Phillip Island, però, può dare una svolta in casa Yamaha perché Vinales ha dimostrato quel che già all’inizio aveva fatto vedere (poi è mancata la continuità anche per i motivi di cui sopra…): di essere molto veloce e determinato, solido in pista, in grado di gestire la corsa, capace di vincere in MotoGP. Cioè di essere in Yamaha l’alternativa a Valentino Rossi. Quel Rossi che, forse davvero per la prima volta, ha accusato il colpo, con una gara e con un risultato che a dire deludenti è poco. Quando il tuo compagno fa primo e tu fai sesto con quattro big out, aggrapparsi alla mancanza di grip dà il senso, se non di cercare scuse, di non sapere che fare per ritrovare la bussola e riprendere la via della vittoria.

Valentino non è un pilota finito. E’, però, un Valentino “diverso” di quello delle sue passate giornate di gloria, momenti indimenticabili, patrimonio di tutto il motociclismo. Altre volte è mancato il grip a Rossi in 20 anni di una carriera gloriosa e inimitabile. Ci pensava lui, però, con il suo talento e il suo cuore, a metterci la pezza, a rendere possibile l’impossibile. Non sarà facile per Vale tornare a vincere. Ma lo rivedremo protagonista di battaglie importanti. Per cui merita, oltre l’applauso, il rispetto. Di tutti.

MotoGP, Yamaha torna in vetta con Vinales. Iannone e Dovizioso sul podio. Marquez out, speronato da Zarco.

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