Motociclismo in lutto: addio ad Alberto Pagani, “gran signore” in pista e fuori

Alberto, compagno di squadra di Agostini e vice campione del Mondo 500

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 12 set 2017
Motociclismo in lutto: addio ad Alberto Pagani, “gran signore” in pista e fuori

Uno ad uno, purtroppo, il motociclismo de “I giorni del coraggio” perde i suoi ultimi protagonisti che infiammarono le corse dai primi anni ‘60 fino ai primi anni ’70, alla tragedia di Monza 1973. Se n’è andato ieri, per un improvviso malore, all’età di 79 anni, Alberto Pagani, con grande signorilità, coerente con il suo modo di vivere le corse e di vivere la vita.

Milanese, pilota di grande stile in pista e uomo di stile fuori, nella vita di tutti i giorni, Alberto è stato per un decennio – dai primissimi anni 60 al 1972 – un “signor” protagonista in Italia e nel Mondiale, esempio del corridore del Continental Circus per passione e capacità anche tecniche ma con un suo tratto di gran signorilità che lo caratterizzava.

Alberto ha calcato le piste fin da bambino essendo figlio d’arte: papà Nello è stato il primo italiano iridato nel 1949 poi DS della grande MV Agusta, braccio destro del Conte Domenico. Quindi, terminate le scuole, Alberto debuttò nel tricolore 1956 affacciandosi nel 1959, poco più che ventenne, nel Motomondiale, con una Ducati 125 all’Ulster, un piazzamento onorevole che lo portò poi in Casa Aermacchi, prima come collaudatore e poi come corridore.

Alberto è stato uno dei pochissimi italiani dell’epoca (Ubbiali, Provini, Venturi, Grassetti, Bergamonti, Milani, Pasolini, Agostini) a prendere parte a quasi tutte le tappe iridate nelle piccole cilindrate all’inizio, poi nelle classi medie e nella massima cilindrata, alternandosi su varie moto (Kreidler, Ducati, Honda, Derby, Aermacchi, Bianchi, Paton, Linto, MV Agusta), pur privilegiando le 250 e 350, poi la 500 dove colse il suo primo successo mondiale con la bicilindrica Linto, la bella moto di Lino Tonti, a Imola nel 1969.

Una lunga gavetta fatta sempre con grande dignità e nel 1971, dopo la morte di Angelo Bergamonti, lo sbocco da ufficiale alla MV Agusta quale compagno di squadra di Giacomo Agostini nelle 350 e 500. Belle corse, mai uno screzio con il ben più osannato e iper vincente Agostini, ottimo collaudatore per lo sviluppo dei bolidi di Cascina Costa, e, a coronamento di una carriera brillante, la medaglia d’argento di vice campione del mondo 500 nel 1972, frutto di una vittoria e di ben sei piazzamenti alle spalle del suo capitano.

La sua corsa più bella è stata nel 1964 al TT inglese con la Paton 250 bicilindrica, un podio sotto il diluvio, mettendosi dietro assi consacrati e moto ben più performanti. Altre giornate radiose sono state nel 1964 e nel 1965 quelle trionfali di Monza nelle bellissime e tecnicamente probanti “sei ore” in sella alla Aermacchi, partner di altri due corridori certosini quali Giuseppe Visenzi e Giuseppe Mandolini.

Fu Alberto, appeso da pochi mesi il casco al chiodo ma rimasto nel giro della MV, nel tragico groviglio monzese del 1973, a permettere alla moglie di Saarinen, Soili, di reagire e non sprofondare nel tunnel.

Chi scrive queste note ha conosciuto da vicino Alberto, seguendolo soprattutto nelle corse degli anni ’60 e ’70, un ragazzo alla mano, senza grilli per la testa, un duro in pista ma di una correttezza esemplare, un corridore amato dal pubblico (in particolare all’estero!), benvoluto dai colleghi-avversari, prima Gilberto Milani e Renzo Pasolini, poi Giacomo Agostini. E’ stato in molti reparti corse, ma portava l’Aermacchi nel cuore.

Ciao, Alberto. Ce ne hai di racconti da fare, lassù, con i campioni che sono saliti prima di te.

Ultime notizie