Home Crutchlow: “Pochi inglesi in MotoGP? E’ per soldi…”

Crutchlow: “Pochi inglesi in MotoGP? E’ per soldi…”

Anche il britannico del team LCR Honda tra gli ospiti dell’Arai Day 2016: “Nel finale di stagione punto alla Top 6 in ogni gara.”

Tra gli ospiti d’eccezione al recente Arai Day 2016 – organizzato dal distributore BER Racing – c’era anche il britannico Cal Crutchlow, pilota del team LCR Honda che negli ultimi rounds ha dimostrato di attraversare un periodo di forma smagliante, forse influenzato anche dalla nascita della primogenita Willow di qualche settimana fa.

Sfruttando le condizioni climatiche instabili, il pilota di Coventry – ma da tempo residente sull’Isola di Man – ha infatti raccolto 3 podi nelle ultime 5 gare: i 2 secondi posti del Sachsenring e nella ‘sua‘ Silverstone (quest’ultima condita da un’eccellente pole position) con in mezzo la grande vittoria di Brno, prima per lui nella Premier Class, risultati che lo hanno proiettato verso l’ottavo posto nel Mondiale che coincide con il primato tra i piloti non-factory.

Abbiamo incontrato Crutchlow nel lunedì immediatamente successivo al GP di San Marino e della Riviera di Rimini, chiedendogli subito un commento sulla sua fresca prestazione di Misano Adriatico, dove ha chiuso ottavo a +25″ dal vincitore Dani Pedrosa:

“Ieri ho dato il massimo e credo di aver raccolto il miglior risultato possibile in quelle condizioni, anche perché sono stato il più veloce tra i piloti indipendenti. La pista di Misano non è esattamente tra le mie preferite e abbiamo faticato con la gomma davanti, quindi mi ritengo soddisfatto del mio piazzamento.”

“Non si è trattato di niente di memorabile, ma è stata una gara dove abbiamo imparato alcune cose che ci potranno tornare utili in futuro.”

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Il momento clou della stagione di Crutchlow – se non della sua intera carriera – è stata ovviamente la concitata vittoria nel GP della Repubblica Ceca del 21 Agosto. A distanza di qualche settimana, abbiamo chiesto al britannico come ricorda ‘a freddo’ quella giornata per lui memorabile:

“Non è passato molto tempo e quando ci ripenso provo ancora un feeling incredibile, che mi fa sentire benissimo. E’ stato senza dubbio il miglior giorno della mia carriera. E’ chiaro che quella vittoria è nata da un azzardo con la scelta delle gomme in griglia: abbiamo rischiato e alla fine questo rischio ha pagato.”

“E’ stato un risultato eccezionale per me, arrivato poco dopo quello che è stato il miglior giorno della mia vita in senso assoluto, ovvero la nascita di mia figlia, ma è stato fantastico anche per ripagare il lavoro del team e tutta la gente che ha sempre creduto in me.”

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La vittoria di Crutchlow a Brno è stata anche la prima per un pilota britannico nella Premier Class del Motomondiale a 35 anni dall’ultimo trionfo di Barry Sheene. Il dato è pittosto sorprendente considerando il dominio dei sudditi di Sua Maestà nel Mondiale Superbike.

Crutchlow, 30 anni, rappresenta uno dei rari esempi di pilota capace di affermarsi in MotoGP dopo una prima parte di carriera tra le derivate di serie : è stato Campione del Mondo Supersport nel 2009, 3° nella BSB 2008 e nella sua unica stagione completa in WSBK, nel 2010 con Yamaha, ha chiuso 5° in campionato con 3 vittorie e altri 7 podi.

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Interrogato su questa strana ‘carenza’ di piloti britannici in MotoGP, Crutchlow ha dato una sua interessante spiegazione:

“Non saprei dire di preciso, ma penso che loro [i top riders britannici in Superbike] non abbiano voluto rischiare. Provo a spiegarlo in questo modo: quando ero in Superbike, mi erano stati offerti tanti soldi per andare a correre per una certa squadra ‘ufficiale’, ma io avevo anche l’offerta per andare in MotoGP con Yamaha Tech3. Quest’ultima proposta, però, era molto più bassa in termini economici, circa la metà, ma io l’ho accettata perché a quel punto della mia carriera in pratica ho deciso che il mio futuro sarebbe stato in MotoGP.”

“Alla fine, a me le cose sono andate bene, perché sono stato in grado di dimostrare il mio valore e così anche i miei introiti sono cresciuti di conseguenza, arrivando anche a 15 volte quella che era l’offerta di cui parlavo prima. Gli altri piloti britannici forse hanno preferito non correre rischi uscendo dalla ‘comfort zone’ che si erano già costruiti in Superbike.”

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Alla luce dei grandi risultati ottenuti dal britannico nell’ultima parte di questa stagione, in molti si sono chiesti se ci fosse anche lo zampino‘ di HRC per quanto riguarda il trattamento tecnico a lui riservato:

“Non ci sono stati trattamenti di favore. La nostra moto, in termini di velocità massima e accelerazione, non è molto meglio di quella che avevamo lo scorso anno. Con i motori poi, una volta che sono sigillati, in pratica non ci puoi più fare niente. I buoni risultati che abbiamo ottenuto sono frutto anche di condizioni particolari del momento, con il meteo e il nostro coraggio nel prendere certe decisioni, ma abbiamo ancora dei problemi con la moto.”

“Tuttavia, credo di poter dire che la Honda quest’anno abbia fatto un buon lavoro. A inizio anno c’era molta preoccupazione, avevamo il sospetto di non avere un pacchetto e un propulsore all’altezza per competere a un buon livello, ma adesso il bilancio Honda a questo punto della stagione conta ben 6 vittorie: 3 con Marc [Marquez] e una a testa per me, Jack [Miller] e Dani [Pedrosa]; e in più, per ora, sono il miglior ‘independent rider’. Non credo che in molti ci avrebbero scommesso a inizio anno.”

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Per il finale di stagione, Crutchlow punta naturalmente a rimpinguare il suo bottino di punti, a cominciare dal prossimo round di Aragon:

“Il mio obiettivo per il finale di stagione è quello di finire quanto più spesso possibile nei primi 5-6. Aragon può essere una buona pista per noi, possiamo fare bene, mentre quelle successive non sembrano troppo favorevoli alla nostra moto rispetto ad altre. In queste dovremo dare del nostro meglio per arrivare in alto, ma l’obiettivo mio e del team è sempre quello di ottenere il massimo possibile.”

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Infine abbiamo chiesto a Crutchlow se la vittoria di Brno ha accresciuto l’interesse e l’attenzione nei suoi confronti in patria:

“Beh, sì, il mio telefono ha squillato più del solito e i titoli sui giornali sono stati più grandi, ma per me non è una cosa importante. Mi fa piacere, credo, certamente sono diventato più famoso, ma non è una cosa fondamentale per me. Essere una celebrità non mi interessa. Credo di riuscire bene a tenere separato il mio personaggio pubblico dalla mia vita privata.”

“In Inghilterra adesso sono più ‘richiesto’ ma non è un problema, devo solo fare qualche autografo e qualche selfie in più e la cosa non mi infastidisce. Inoltre io vivo sull’Isola di Man, e lì i personaggi che contano sono quelli delle corse stradali, i John McGuinness e i Michael Dunlop, quindi nessuno ha badato troppo a me [ride]”

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