Home Amarcord, Motomondiale 1957, domina l’Italia. Poi la “gelata” dell’addio di Guzzi, Gilera, Mondial: harakiri?

Amarcord, Motomondiale 1957, domina l’Italia. Poi la “gelata” dell’addio di Guzzi, Gilera, Mondial: harakiri?

L’ultima stagione del motomondiale dominata dalle Case italiane

I brindisi di fine 1956 che avevano festeggiato i successi iridati delle Case e dei piloti italiani prefiguravano una nuova stagione altrettanto trionfale per i nostri colori. Nei reparti corse di Guzzi, Gilera, MV Agusta, Mondial ecc. non ci si cullava sugli allori progettando e sviluppando nuovi bolidi di raffinata e ardita tecnologia in tutte le cilindrate.

In effetti le previsioni ottimistiche furono rispettate, in alcuni casi, anche superate: tutti i titoli iridati furono conquistati dalle Case italiane. Due titoli alla Mondial (125 con Tarquinio Provini e 250 con Cecil Sandford), uno alla Moto Guzzi (con Keith Campbell nella 350), uno alla Gilera (con Libero Liberati nella 500). La MV Agusta, pur non ripetendosi nell’exploit dei tre titoli mondiali vinti nel 1956 in 125, 250 e 500, fu comunque protagonista lottando in ogni gara e per il titolo fino all’ultimo. In totale, fra piloti e Marche, l’Italia conquisterà ben otto titoli sui dieci in palio, cioè come nel 1956.

E i concorrenti? Inglesi a bacca asciutta con le Norton monocilindriche sempre più in difficoltà, mentre ai tedeschi della Bmw restava il contentino dei sidecars, vincitori con il duo Hillebrand-Gruenwald, peraltro con l’alt di Monza dove la Gilera 4 cilindri con i fratelli Milani (Albino e Rossano) dominò nell’unica prova a cui partecipò a dimostrazione che se ad Arcore avessero voluto avrebbero portato a casa anche quel titolo.

Nel 1957, degno di nota è il debutto della portentosa Guzzi 500 8 cilindri (di cui torneremo presto a parlare) e la comparsa della tedesco-orientale MZ per la prima volta nel motomondiale con le sue innovative sibilanti 125 2 tempi monocilindriche a disco rotante pilotate da Ernst Degner e Horst Fugner, moto progettate dal geniale ingegnere Walter Kaaden che poi anche nelle 250 e 350, con le evolutissime bicilindriche portate in gara vittoriosamente da grandi campioni quali Gary Hocking, Mike Hailwood, Alan Shepherd, Heinz Rosner, Silvio Grassetti, faranno da apripista alle giapponesi, in primis Suzuki e Yamaha.

Non è questa la sede per illustrare le tappe di quel mondiale – furono tutte gare avvincenti sotto il profilo agonistico e altamente significative sotto quello tecnico, gare anche funestate da incidenti, alcuni dei quali mortali – che si disputò, come nel 1956, su sei prove essendo saltato il GP di Francia per le ripercussioni della… guerra di Suez. L’industria italiana fece piazza pulita vincendo tutte le gare in tutte le categorie, idem i nostri piloti: tredici vittorie di cui cinque con Provini, quattro con Liberati, tre con Ubbiali, una con Albino Milani.

Vogliamo solamente ricordare che nell’ultimo appuntamento stagionale del 9 settembre a Monza i 90 mila presenti invasero alla fine la pista per omaggiare moto e piloti tricolori, in particolare Provini e Liberati trionfatori della giornata e del mondiale. Chi scrive queste note era presente, coi calzoni corti, e ricorda ancora il tributo a Tarquinio e a Libero, due indimenticabili fuoriclasse, fra i piloti più amati di tutti i tempi.

Mentre all’autodromo brianzolo il pubblico inebriato inneggiava ai trionfi mondiali dei piloti e delle Case italiane, sintesi di una Italia capace di tornare a primeggiare e a rendersi protagonista di un nuovo futuro, già soffiavano le prime folate gelide annunciando le voci di possibile smobilitazione confermate tre settimane dopo da un comunicato ufficiale di Guzzi, Gilera, Mondial e MV Agusta (che poi ritirerà il proprio forfait) diramato dalla stampa il 26 settembre 1957.

Ai reparti corse furono messi i lucchetti. Gioielli di alta tecnologia, come la inedita e portentosa Guzzi 500 8 cilindri e tante altre moto frutto dell’ingegno e dell’intraprendenza italiana oggetto di ammirazione e stupore ovunque, furono accantonate in soffitte polverose lasciando campo libero a chi, come i giapponesi, erano oramai pronti all’assalto delle piste e dei mercati mondiali.

Fu un colpo durissimo che bruciò la via della rinascita e dello sviluppo tracciate dal dopoguerra e face saltare i nuovi sogni di gloria travolgendo come una valanga il motomondiale e tutto il motociclismo agonistico, tecnico e imprenditoriale, una macchia che offuscò l’immagine dell’industria motociclistica italiana apparentemente in grande splendore ma evidentemente già corrosa all’interno da una miopia tattica e strategica di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze.

Nel prossimo post illustreremo il “Patto di astensione” siglato allora da Guzzi-Gilera-Mondial e analizzeremo le motivazioni reali di tale scelta. Un modo per ridimensionarsi e salvare il salvabile o un harakiri?

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