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Viaggio in California, sulle nuove Harley Davidson

C’è quel manifesto di Peter Fonda che guida una Harley, con il suo caschetto a stelle e strisce. Dietro c’è Jack Nicolson, casco da football, giacca e tshirt. Sulla loro destra Dennis Hopper guida un’altra moto, con una mano, li guarda sornione con la sigaretta in bocca. Sono sicuro che avete capito di cosa sto


C’è quel manifesto di Peter Fonda che guida una Harley, con il suo caschetto a stelle e strisce. Dietro c’è Jack Nicolson, casco da football, giacca e tshirt. Sulla loro destra Dennis Hopper guida un’altra moto, con una mano, li guarda sornione con la sigaretta in bocca. Sono sicuro che avete capito di cosa sto parlando: il manifesto di Easy Rider. Se dovessi descrivere cosa rappresenta una Harley Davidson, risponderei con quella immagine. Sarà la classica risposta stererotipata, ma per me ha sempre significato la strada da percorrere, lo sguardo rivolto all’orizzonte, l’asfalto che scorre. Non c’è suono nella fotografia, ma è come se ci fosse. Quando sono partito per gli Stati Uniti per la presentazione dei nuovi modelli Harley Davidson, non riuscivo a togliermela dalla testa. Sono passati più di quarant’anni dall’uscita di Easy Rider: nelle Harley di oggi è rimasto qualcosa dello spirito che permeava quella fotografia?

Facciamo allora un ulteriore passo indietro, giusto per ripercorrere come sono nate le Harley Davidson. Come molti di voi sapranno il primo modello risale al 1902. Era poco più di una bici a motore. In meno di vent’anni H-D diventa il più grande costruttore di motocicli nel mondo, presente in 67 Paesi. Molti dicono che è dopo la seconda guerra mondiale che H-D si impone come “mito”. La Panhead del 1948, la Xl Sportster del 1957 e la FL Duo Glide del 1958 fanno scuola. Anche il cinema ci mette del suo, e non solo quello hollywoodiano: avete presente Alberto Sordi in sella ad una Liberator in “Un americano a Roma”? Potrei andare avanti ed elencare tutti i modelli fino ai giorni nostri, ma se c’è un filo che li accomuna tutti è la customizzazione.

Le prime immagini di moto modificate sono degli anni ’20. Una, in particolare, è emblematica. La scritta Harley Davdison sul serbatoio non c’è più: il proprietario l’ha cancellata per un più amorevole “Sweetie”. Nella sequenza di scatti fotografici storici si nota che allo stesso tempo c’è una sorta di “divisa”, indossata da chi guida quelle moto. Pelle in abbondanza, sia per i giubbotti, sia per le borse borchiate. Possiamo allora dire che fin dall’inizio, ai possessori di Harley piaceva modificarle per personalizzarsele come meglio credevano. Ma è ancora così?

Harley Davidson 2011
Harley Davidson 2011
Harley Davidson 2011
Harley Davidson 2011

Bill Davidson

Bill Davidson

Ho fatto quattro chiacchiere con Bill Davidson, figlio del mitico Willie G. e discendente diretto del cofondatore William. Bill è un tipo decisamente alla mano, nato e cresciuto con le moto. A dirla tutta, la famiglia Davidson è una famiglia di Motociclisti, con la M maiuscola. Da quello che ho capito non ce n’è uno che non vada in giro sulle due ruote, mogli e figlioletti compresi. Parlare con Bill è un piacere, perchè non si nasconde dietro ad un dito. Capita allora di discutere anche di moto italiane, come faresti con un amico durante l’aperitivo serale. Io però ad un certo punto non mi sono trattenuto e sono andato con una curiosità che ho da sempre.

Bill senti, io non ho mai avuto una Harley. Però una cosa te la voglio dire. Ho sempre pensato che se dovessi comprarne una, comprerei sicuramente un’Harley, non una moto che “sembra” una Harley. Ma a te che effetto fanno moto del genere?“. Bill mi fa un bel sorriso… “Beh, effettivamente…” Più seriamente: “Noi siamo sempre stati interessati a questo fenomeno. E’ importante perchè ci fa capire che la strada che abbiamo preso è giusta, e comunque ci spinge a portare innovazioni continue alle nostre moto“.

Parliamo un secondo della customizzazione. Mi hai appena fatto vedere Harley customizzate in ogni modo, eppure se penso che per modificare una moto, devo portarla da qualcuno che mi aiuti… Insomma mi passa la voglia… Tu cosa dici, sono un caso senza speranza? Bill: No, no. Quello che stai dicendo è un fenomeno sul quale stiamo lavorando da tempo. Riguarda più che altro quelli che noi definiamo “Youg adults”, con un’età che va dai 20 a 30 anni circa. Abbiamo capito che anche a loro piace avere qualcosa di personalizzato, però desiderano averlo fin da subito, senza modifiche fatte in un secondo tempo. Sono abituati a farlo quando ad esempio ordinano un Apple online, perchè non farlo anche con le moto? Per questo motivo abbiamo ad esempio l’HD1 Builder online ed ovviamente un catalogo così vasto. Grazie Bill, quasi quasi mi hai convinto… customizzazione avanzata, fin dalla fabbrica.

Sulle strade della California

H-D

Dicevamo, ma le moto? La prima che riesco a provare è la Electra Glide. Grande, grandissima. 1690 cc per due metri e mezzo di lunghezza: più di 400 kg di moto. E’ imponente quasi quanto il mio compagno di viaggio, Roberto Croci, giornalista italiano che vive a Los Angeles. Roberto è un tipo particolare, si fa chiamare “la bestia” e scorrazza in giro per la città sul suo Vespino 50. La sorpresa arriva quando sale al posto del passeggero. Mi aspetto il classico momento di barcollo, ma l’Harley non accusa il peso degli oltre 100 kg di Roberto. E sembra non sentirli neanche alla partenza. Prima, seconda, e si va sulle strade della California. Los Angeles è una città enorme. Mi era capitato di visitarla anni fa, con la classica automobile presa a noleggio. Osservala dal sellino di una moto è un’altra cosa. Lo confesso, mi prende l’emozione della nostra carovana composta da una ventina di moto. E allora mi parte in testa “Get your motor runnin’, Head out on the highway….“.

Se potessi accompagnare il mio testo con un suono, allora sentireste il rumore della puntina del giradischi saltare ed uscire dal disco.. “swooooshhhhh“… Perchè evidentemente gli Steppenwolf non si riferivano all’highway di Los Angeles, non c’è dubbio. Il mio piccolo sogno si infrange nel traffico autostradale. Qui si viaggia tutti incolonnati, lentamente, inesorabilmente, tanto che è difficile inserire la sesta marcia. Sull’highway non c’è asfalto ma lastroni di cemento. Ogni 3 secondi un sobbalzo. Tum, tum, tum. Se non altro c’è tempo per guardarsi attorno e capire come funzionano le cose. Prima osservazione: non è così comune passare tra un’auto ed un’altra. C’è chi ti fa passare spostandosi, un po’ per paura e un po’ per “amicizia”. Si, perchè da quello che ho visto in molti ti fanno il saluto, quasi fossero in moto anche loro. C’è anche la tizia che ti lancia un bacio volante. Ma non è finita: c’è una controindicazione aggiuntiva, oltre al fatto che non si può fare, nel passare sulle strisce che dividono le corsie. Sulle strisce sono posti i malefici catarifrangenti. Utilissimi, per carità, ma a questo punto potete immaginare anche voi il sobbalzo aggiuntivo o lo slalom da compiere per evitarli.

Quindi mi metto il cuore in pace e cerco di assaporare il viaggio tranquillo a bassa velocità. Immagino che potrei guidare per qualche centinaio di chilometri, anzi miglia, senza alcun problema. Posizione di guida in stile H-D, massimo comfort in sicurezza, grazie anche all’ABS. Incomincio a smanettare con i vari comandi della moto. C’è di tutto e di più, cruise control incluso, ma quando trovo i comandi della radio metto il volume al massimo. Non oso immaginare cosa sentano all’interno delle automobili, ma un giorno da “zarro” posso anche concedermelo. Niente rock però: l’andatura mi consiglia un buon country. E Alan Jackson sia. Usciamo finalmente dalla highway per immetterci in una strada locale. Effettivamente l’Electra Glide non è agilissima nelle curve e controcurve, ma forse non è questo l’atteggiamento giusto per riuscire a godersela fino in fondo. Rimane il fatto che tra il sottoscritto ed il passeggero superiamo i 200 kg, e la guida non sembra risentirne.

Il Rock Store a Cornell e la Mulholland Highway

Harley Davidson Softtail Blackline

Sosta al Rock Store di Cornell. Si tratta di uno dei ritrovi più conosciuti dai motociclisti dell’area di Los Angeles. Il perchè è presto detto: è il punto di partenza, o di arrivo, per quelli che transitano sulla Mulholland Highway. Una strada culto, dove la salita è un susseguirsi di curve e tornatini da fare in scioltezza. E’ allora il momento di provare la nuova Softail Blackline, con motore Twin Cam 96B raffreddato ad aria ed una cilindrata di 1584 cc. Mi ci vuole un po’ per prenderci la mano. Sarà la posizione delle gambe avanzata, sarà per le curve cieche su una strada mai affrontata, sarà perchè mi piacerebbe darci dentro fin da subito. E invece no, bisogna prendersela con calma e farsi guidare. E’ a quel punto che il percorso tortuoso diventa più semplice, i tentativi di piega si fanno più docili e mi sembra di prendere più confidenza con il mezzo. Il motore spinge, il rombo c’è, la Blackline incomincia a convincermi. Finchè arrivo ad un curvone che mi sembra di aver già percorso: impossibile. Mi viene un flash, l’ho vista questa curva, proprio in una serie di video qui Motoblog. Ci sono anche i ragazzi che riprendono i passanti con le videocamere. Mi tocco idealmente le parti basse, sperando di non finire nella stessa sequenza di video. A questo punto capirete anche voi il timore, quasi reverenziale nell’affrontare quel tornante la prima volta. Sensazione? Sicuramente lo Stelvio è più impegnativo. Mistero americano…

Harley Davidson 2011
Harley Davidson Softtail Blackline
Harley Davidson Softtail Blackline
Harley Davidson Softtail Blackline

Per la discesa verso Malibù è il turno di provare la Sportster 1200 Custom. Passare a questa dopo aver guidato l’Electra Glide è uno scherzo. Leggera, brillante, intuitiva. Non bisogna essere un harleysta di lungo corso per apprezzarla. Personalmente ho avuto subito un buon feeling, quasi come se l’avessi guidata da sempre. Si notano subito la gomme anteriore “panciuta” con cerchio da 16″ come al posteriore. La soluzione mi è piaciuta, trasmette un che di sicurezza in più.

Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson 2011
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom

Santa Monica e l’arrivederci

Harley Davidson Softtail Blackline

Ritorno a Los Angeles sulla Blackline perchè voglio capirla meglio. Alla fine è quella con meno fronzoli, più essenziale. Senza l’affanno psicologico del percorso collinare incomincio a godermela. Ok, gambe in avanti e braccia distese sul manubrio split drag. Una posizione di guida che può essere rilassata o aggressiva nello stesso tempo. Osservandomi attorno mi rendo conto di quanto sia bassa la sella. Un bene o un male? Sicuramente apprezzata da chi non è un gigante, potrebbe non essere amatissima per coloro i quali amano guardare dall’alto. Piccola nota sul sellino. Ad occhio non sembra qualcosa di confortevole per il passeggero, il che fa pensare che la Blackline sia da guidare principalmente in solitaria. Qualche prova di frenata: forse l’anteriore non è il massimo, ma su tutto vigila l’ABS. Sarebbe interessante fare qualche test in condizione estrema, in ogni caso su un tratto di strada normale, e con guida altrettanto normale, mi sembra che l’impianto frenante faccia il proprio dovere. Buone le doti di accelerazione e ripresa, con il beneficio del dubbio: come sapete negli Usa c’è poco a scherzare con i limiti di velocità.

Harley Davidson Softtail Blackline
Harley Davidson 2011
Harley Davidson Softtail Blackline

La costa fino a Santa Monica è uno spettacolo. L’Oceano Pacifico domina l’orizzonte, ed è in una situazione del genere che mi convinco che, si “Yeah, darling Gonna make it happen, Take the world in a love embrace“, ancora con gli Steppenwolf in testa. E questo mi riporta alla domanda iniziale. Le Harley di oggi conservano qualcosa dello spirito delle loro progenitrici? Sono passati anni, sono passate intricate vicende industriali e finanziare, sono arrivate innovazioni tecnologiche così come soluzioni di design che hanno rivoluzionato l’immagine Harley. Ma se penso a tutto quello che gira attorno a questo marchio, a quelli che se lo fanno tatuare sulla pelle, alla personalizzazione nel processo di customizzazione, alla passione di Bill Davidson e della sua famiglia, ma soprattutto alle sensazioni provate sulla Mulholland e sulla strada per Santa Monica, allora incomincio a pensare che si, quell’anima è rimasta anche nelle moto di oggi. E con questo pensiero nella mente, spengo la Blackline nel garage di Los Angels e la saluto con un arrivederci, il prima possibile.

Foto | Stefano Gadda

Nota: nel post è presente solo una parte delle foto della nostra gallery. Vi invitiamo a visitare la fotogallery completa di Harley Davidson 2011.

Harley Davidson 2011
Harley Davidson 2011
Harley Harley Davidson Sportster 1200 Custom 2011
Harley Harley Davidson Sportster 1200 Custom 2011
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson Sportster 1200 Custom
Harley Davidson 2011
Harley Davidson Softtail Blackline
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Harley Davidson 2011
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Bill Davidson 2011
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Harley Davidson 2011
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Harley Davidson 2011
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Harley Davidson 2011
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