SBK crisi: solo Rea gode. Melandri&C disoccupati?
Dove va questa SBK che, al di là delle oscillazioni dei vari round, non “tira” più, perdendo appeal nel cuore degli appassionati, pubblico sugli spalti e soprattutto audience televisiva?
Archiviato il GP di Argentina e ancora con una gara davanti (Qatar 26-27 ottobre) per chiudere una stagione dominata per il quarto anno consecutivo dal binomio Rea-Kawasaki, la SBK si interroga con la lingua fuori sul suo incerto futuro. Dove va questa SBK che, al di là delle oscillazioni dei vari round, non “tira” più, perdendo appeal nel cuore degli appassionati, pubblico sugli spalti e soprattutto audience televisiva, con le Case a dir poco scettiche nel proseguire una avventura che “non paga più la botta” e quindi con i grandi Sponsor oramai in libera uscita?
Oramai tutto l’ambiente della SBK, oltre che scettico, è sfiduciato. Non ce ne è uno – pilota, team manager, meccanico, esponente di Case, Sponsor e circuiti – che crede in una svolta decisa e non scuota la testa presagendo il peggio. Non torniamo su una situazione che va inquadrata in una sola parola: crisi. Quella crisi certificata oggi – finalmente! – anche da certi media per lo più “distratti” per non dire compiacenti rispetto al manovratore-promoter e tutt’ora da quest’ultimo rifiutata. Dorna, per scelta strategica (punta tutto sulla MotoGP show-business) o per insipienza di uno staff a dir poco inadeguato, si rifiuta di prendere atto della realtà tant’è che invece di analizzare alla radice la situazione di crisi e dare la svolta per una nuova identità della categoria punta a un mondiale 2019 addirittura con tre gare nel week end (una sabato e due domenica), come dire, una ennesima maldestra trovata, la toppa peggiore del buco. A pensare male, si diceva una volta, si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
In questo caso, dato che la “svolta” annunciata non è una bufala, viene da pensare che Dorna, più che a risollevare le sorti di una SBK sul piano inclinato, faccia di tutto per affossarla definitivamente, quanto meno declassarla una volta per tutte a campionato di serie B, o peggio. C’è un dato, illuminante quanto allarmante, che fotografa questo stato di sbandamento strategico della SBK.
Oltre al mancato impegno delle Case ufficiali – solo Kawasaki e Ducati (fino a quando?) sono presenti ufficialmente – e oltre al più che probabile forfait di due Case italiane gloriose non solo nel nome (Aprilia ed MV Agusta) – solo un miracolo le riporta in pista con dignità nel 2019 – incombe la spada di Damocle sui piloti, alcuni dei quali tutt’ora senza sella per la prossima stagione.
A una gara dal termine del campionato 2018 sono ancora a piedi non gli “scartini”, ma gente dal calibro di Marco Melandri (comunque l’italiano dal pedigree più sostanzioso: ex iridato del Motomondiale, 22 vittorie e 82 podi in 150 gare disputate in Sbk e comunque il nostro pilota tutt’ora più competitivo), dell’altro italiano (ex) giovane speranza Savadori, degli ex campione del Mondo Laverty, Fores e Sykes ecc.
E ci fermiamo qui, per ora. La frittata può essere girata in mille modi, ma qui oramai è bruciata, immangiabile e le uova sono terminate. Peggio. Il pollaio, dopo il giro indisturbato delle solite volpi, si è svuotato. Alla fine, forse, Melandri e gli altri suoi colleghi “disoccupati” troveranno un manubrio, un campionato, una sponda cui approdare. Sarà, purtroppo, un modo per restare nel giro, con sempre minor convinzione e con poche speranze. E gli appassionati? Rimarranno come Don Falcuccio.