Intervista a Kevin Schwantz: in pista con il mito
E’ il mito indiscusso del motociclismo moderno, abbiamo intervistato Kevin Schwantz al Mugello dopo aver girato in pista insieme.
Abbiamo avuto la possibilità di passare una giornata con Kevin Schwantz, nei box e in circuito, al Mugello, dove insieme a lui abbiamo provato la nuova Suzuki GSX-R1000R, la nuova supersportiva della casa di Hamamatsu destinata alla pista e al mondo delle corse. Ne abbiamo quindi approfittato per fare due chiacchiere realizzando questa piccola intervista con il genio delle due ruote e mito indiscusso del motociclismo moderno.
È la stella della classe regina, leggenda del Motomondiale degli anni novanta, il rider il cui nome è legato indissolubilmente alla casa di Hamamatsu: Kevin Schwantz.
Pilota nella classe 500 dal 1986 al 1995 in sella alla Suzuki, il texano è il pilota che forse più di tutti ha contribuito alla fama del motorsport ed ha aperto il mondo del motociclismo alla modernità. Kevin è uno dei piloti più ammirati in assoluto, con schiere di fan che, ancora oggi a distanza di più di vent’anni, lo venerano letteralmente. Come sovente dice il nostro vice direttore, un pilota dalla fama comparabile solo a quella del suo collega su quattro ruote Gilles Villeneuve. Due piloti, due geni uniti da uno stile di guida unico, combattivo e molto spettacolare.
Hockenheim, 1991, Kevin Schwantz e Wayne Rainey si giocano la vittoria del GP di Germania. Una staccata poderosa, da brividi, che rimarrà nella storia, uno di quei numeri che contribuirà alla costruzione di una leggenda, fino a diventare uno dei piloti del Motomondiale più amati di tutti i tempi nonostante le poche vittorie in carriera.
Carattere esuberante, un folle in pista, un vero trascinatore, ma fondamentalmente un semplice ragazzo americano. Queste erano e sono ancora le chiavi del successo di Kevin Schwantz. Un pilota sempre disponibile con tutti, giornalisti e appassionati, un campione vero, di quelli che non si negano e non si tirano indietro nonostante le difficoltà, i dubbi, le perplessità. Il pilota kamikaze, sempre l’ultimo a staccare, l’uomo del sorpasso impossibile e totalmente inaspettato.
Il texano non era dotato di tecnica sopraffina, ma il suo stile di guida molto agile, unito alle sue capacità di grip e frenata, gli permettevano di fare dei numeri spettacolari a bordo della sua Suzuki, numeri che hanno contribuito a creare prima la leggenda, poi il mito. Una guida derivata, diciamo così, dal mondo del cross, disciplina che Kevin amava molto, ma alla quale dovette rinunciare da giovane proprio per un brutto infortunio. Un pilota da un’eleganza unica e un’agilità formidabile e uno stile veramente inconfondibile. Storiche le battaglie con i suoi due più acerrimi rivali: Wayne Rainey e Mick Doohan. Battaglie finite per sempre nel 1993, anno del terribile incidente a Misano di Rainey e anno in cui il texano conquista il suo primo titolo mondiale.
Kevin arriva in Suzuki quando la casa di Hamamatsu si era appena convertita al V4 bialbero, una moto non ancora competitiva , con la quale il texano, da subito, inizia a farsi notare, soprattutto grazie al suo stile di guida che sfrutta i nuovi concetti introdotti da Roberts e Spencer portandoli al limite estremo.
La sua RGV è in derapata costante su una o entrambe le gomme, frenate furibonde e accelerazioni fulminanti: la Suzuki “Pepsi” diviene un’icona per gli appassionati di tutto il mondo. Il 1988 si apre con la prima vittoria sul tracciato di Suzuka, dove umilia in casa Honda il campione in carica Gardner. Un anno memorabile, Gardner contro Lawson e i nuovi insidiosi talenti: Rainey, Magee e Schwantz. Il campionato si conclude con il trionfo di Lawson e una seconda vittoria per Schwantz sul circuito bagnato del Nurburgring.
Stagione 1989, esplode la Schwantz mania, RGV250 stradali con i colori Pepsi vengono esaurite mesi prima delle consegne. Anche la nuova stagione si apre come la precedente, con un duello serrato tra il rider della Suzuki e Rainey, innumerevoli i sorpassi tra i due con frenate al limite, impennate e scodate da brividi. Sarà Kevin a portare a casa la vittoria e a dare vita a quei gesti di trionfo nel giro di rallentamento in piedi sulle pedane poi imitati da tutti. L’anno continua con tante cadute per il rider texano, la più brutta in Australia che gli impedisce di lottare per il titolo, anche a causa di tre rotture della sua Suzuki. Ma quando Schwantz resta in piedi è imbattibile e, nonostante abbia chiuso il campionato in quarta posizione preceduto da Sarron, Rainey e Lawson, il pilota americano è diventato l’idolo incontrastato dei tifosi prendendo il posto di un Mamola ormai spento e senza motivazione.
La stagione successiva si apre con il cambio di sponsor, non più Pepsi, ma Lucky Strike. Nella prima gara a Suzuka non riesce a tenere il passo di un Rainey veramente imprendibile e di quello che sembra essere un “nuovo” Gardner. Nel forzare ad una staccata Schwantz finisce a terra alla chicane all’ultimo giro, ma riesce ad alzarsi e ad arrivare comunque sul podio in terza posizione grazie al grande vantaggio accumulato sul suo inseguitore.
Kevin cade di nuovo nel round casalingo di Laguna Seca ma, nonostante le tante vittorie, non riesce a portare a casa il titolo. Siamo al 1991, l’anno dello storico sorpasso al Motodrom. Rainey, Schwantz e Doohan si giocano il mondiale, ma niente da fare, Rainey è il fenomeno da battere. Stagione 1992 da dimenticare per Kevin, Doohan domina con la sua Honda NSR 500 fino alla sua caduta che gli procura la purtroppo “famosa” frattura alla gamba nel GP d’Olanda sul circuito di Assen. La stagione si conclude con il titolo per Rainey e una sola vittoria, al Mugello, per Schwantz. Doohan chiuderà comunque al secondo posto, grazie all’enorme vantaggio assicurato prima dell’incidente perdendo solo all’ultima gara il titolo mondiale a favore del pilota della Yamaha.
Nel 1993 la RGV mostra una competitività mai vista prima e si vede nei risultati. Sempre sul podio fino a Donington, Schwantz si rivela un pilota diverso, più sicuro con la sua nuova moto, meno scapestrato e più maturo. Ma dura poco. Sul circuito inglese una staccata al limite di Doohan, insieme ad una inaspettata staccata anticipata di Barros per lasciar passare il texano suo compagno di squadra provoca una terribile carambola con Doohan e i due piloti Suzuki a terra e Kevin che picchia duro dopo essersi ribaltato in avanti attaccato alla moto fratturandosi per l’ennesima volta.
La frattura venne nascosta a tutti, meglio non far sapere nulla agli avversari, ma si vede che Schwantz non gode di ottima forma. Poi l’irreparabile. Al GP di San Marino, sul circuito di Misano Adriatico, Rainey è primo inseguito da uno Schwantz in difficoltà. Per contrastare gli attacchi del compagno di squadra Cadalora, Rainey forza troppo l’ingresso della sua moto alla curva Misano-2 e cade con quella che sembra una normale scivolata, ma che cambierà per sempre il destino del campione californiano. Frattura della sesta vertebra cervicale e paralisi agli arti inferiori. Carriera finita per Rainey e mondiale a Schwantz il quale non riesce a gioirne. Per Kevin il titolo mondiale significava battere Rainey, l’eterno rivale.
La stagione 1994 si preannuncia come l’anno di Kevin Schwantz, tutto è pronto, la Suzuki è più competitiva che mai. Ma proprio alla vigilia dell’inizio del campionato Kevin si frattura per l’ennesima volta il polso cadendo dalla mountain bike durante un’uscita con i suoi amici. Un anno grigio, segnato da prestazioni mediocri ed un’unica vittoria a Donington, nonostante il polso dolorante. Kevin sembra aver perso la motivazione, gli manca il suo avversario di sempre, Wayne Rainey.
L’anno seguente le cose non cambiano, dopo una serie di cadute a Suzuka annuncia una pausa per rimettersi in forma. E’ il 17 luglio del 1995 quando Kevin Schwantz annuncia in lacrime dalla sala stampa del Mugello l’abbandono del mondo delle corse e il suo numero, il 34, viene ritirato per sempre dalla Federazione Motociclistica.
Ma il richiamo delle piste è troppo forte. Tra il 1996 e il 2002 il rider texano si dedica al campionato Nascar e insegna le tecniche di guida per motociclismo in una scuola specializzata. Consulente e uomo immagine della Suzuki nel luglio del 2013, dopo quasi diciotto anni dall’annuncio del suo ritiro torna a correre in una competizione professionistica partecipando alla 8 ore di Suzuka con la Suzuki GSX-R1000 del team Kagayama classificandosi al terzo posto della gara insieme ai piloti Yukio Kagayama e Noriyuki Haga.