Home Rossi “gioca” con le 4 ruote fra il Rally di Monza e la Mercedes F1. Nuvolari, Surtees, Hailwood i “super”. Ci provò anche Agostini

Rossi “gioca” con le 4 ruote fra il Rally di Monza e la Mercedes F1. Nuvolari, Surtees, Hailwood i “super”. Ci provò anche Agostini

Il “Dottore” è tentato dalle auto. Ma solo per “gioco”. Nuvolari, Surtees, Hailwood i “super”. Ci provò anche Agostini

Il primo a ironizzare sul presunto interesse della Mercedes per Valentino Rossi come successore di Rosberg è stato proprio il diretto interessato: “Stiamo fantasticando” ha chiosato l’asso pesarese. Già c’era andato giù subito duro uno che se ne intende di passaggi fra moto e auto, Giacomo Agostini: “Vale in Mercedes? Fumo senza arrosto”.

Punto. Dagli altari issati nel brumoso show monzese alla realtà in meno di un amen. Già, un conto è il Monza Rally Show e la Ford Fiesta WRC16 e un altro conto è la Mercedes F1 e il mondiale della massima categoria motoristica. Valentino ci gioca sopra tornando a rispolverare l’amarcord di 10 anni addietro quando nel 2006, dopo alcuni test con la Ferrari F1 per lo più ad uso mediatico, era in procinto di tentare il gran salto in auto. Il progetto rimase sulla carta perché l’asso pesarese, dopo un breve tira-molla, non volle abbandonare la vecchia e sicura strada delle moto per la nuova, con tutte le insidie che il passaggio sulle quattro ruote faceva intravedere.

La storia insegna e non è sempre stata benigna con i piloti passati dalle due alle quattro ruote. Anche per i grandi del motociclismo il rischio è stato ed è quello di passare da fenomeni a comprimari, da star delle due ruote a un “signor nessuno” nelle quattro, per non dire peggio. A dire il vero non sono stati tanti i piloti che si sono cimentati, specie con successo, in entrambe le specialità. Nell’era prima della seconda guerra mondiale e subito dopo, quella delle “corse degli eroi”, il posto d’onore va a Tazio Nuvolari, indimenticabile e insuperabile sia in moto che in auto. Assieme al mantovano volante anche Achille Varzi, Pietro Bordino, Luigi Fagioli, Bernd Rosemeyer, Jean Behra, Alberto Ascari, Dorino Serafini, Piero Taruffi furono giganti in entrambe le specialità.

Poi, dagli anni 50, John Surtees (l’unico ad aver vinto l’iride di qua e di là, 7 in moto su MV Agusta e la F1 con Ferrari), Bruno Ruffo, Gary Hocking, Mike Hailwood, Giacomo Agostini, Tino e Vittorio Brambilla, Amilcare Ballestrieri, Jean Pierre Beltoise, Johnny Ceccotto, Graziano Rossi, Damon Hill, Wolfgang Von Trips. Ognuno merita un ricordo specifico, storie irripetibili che hanno segnato le corse per decenni e fatto sognare gli appassionati di tutto il mondo anche se le delusioni sono state tante. Ci torneremo nel lungo inverno. Qui tratteggiamo due flash di due immensi piloti di due epoche diverse: il primo (Tazio Nuvolari) grande protagonista e trionfatore sia in moto sia in auto, il secondo (Giacomo Agostini) il più titolato nel motociclismo ma solo uno “qualsiasi” nelle quattro ruote.

Tazio Nuvolari, mito dei miti, principalmente fra le due guerre mondiali, impareggiabile fuoriclasse (per Enzo Ferrari il più grande di tutti insieme a Stirling Moss) iniziò a correre in moto tardi, nel 1920 a 27 anni (su Norton e Indian 500 poi su Bianchi Freccia Celeste 350 con la quale dominò ovunque dal 1924 al 1927), cimentandosi al contempo anche sulle auto – prima una Ansaldo 4CS poi una Bianchi T 18 – infine dal 1928 a tempo pieno con le Bugatti-Tn quindi, dal 1930 dopo la morte a Tripoli di Brilli Peri, la consacrazione con le Alfa Romeo 1750 6C e poi 8C 2300 della scuderia di Enzo Ferrari, infine le gare da cornice con le tedesche Auto Union e, dopo la guerra, ultra cinquantenne e malato, le Mille Miglia con la Cisitalia e con la Ferrari 166 SC e l’ultima gara vittoriosa 1l 10 aprile 1950 la Palermo-Monte San Pellegrino su Cisitalia-Abarth. Quindi l’aggravarsi della malattia e l’addio alle corse dopo 25 anni di trionfi, i due ictus e la morte.

Nivola partecipò a 496 gare portandone a termine 366 e vincendone 222. Ferrari diceva che Tazio aveva una innovativa tecnica di guida (di fatto inventò il “traverso”) e una volontà di non cedere mai uniche e insuperabili e aveva vinto sempre con motori inferiori a quelli dei suoi migliori avversari. Agostini aveva la moto nel sangue sin da bambino, debutta juniores nella Trento-Bondone con un Morini 175 Settebello 4 tempi aste e bilancieri privat nel 1961, a 19 anni e chiude con le moto nel 1976 a 34 anni d’età con un proprio Team autogestito e le “datate” ma sempre moto superbe MV Agusta 350 e 500. In 15 anni di corse (12 anni di motomondiale) l’asso di Lovere aveva vinto tutto e più di tutti: 15 titoli mondiali, 123 GP vinti, 163 podi in 190 gare disputate, 20 titoli tricolori per un totale di 311 vittorie in gare ufficiali.

All’apice della sua carriera di motociclista, agli inizi del 1967, 25enne, Agostini fece un test a Modena su una Ferrari Dino 206 S Berlinetta ufficiale insieme ad Andrea De Adamich e a Ignazio Giunti risultando il più veloce e ricevendo dal Drake una proposta di ingaggio per correre a tempo pieno con la Scuderia del Cavallino. C’è, ancora oggi, chi mette in dubbio la performance di Mino che, comunque, ringraziò il Commendatore ma restando nel motociclismo. Solo 12 anni più tardi, nel 1978, a 36 anni, Agostini si gettò nell’avventura delle 4 ruote in F2 (su Chevron) passando nel 1980 alla Formula Aurora (all’epoca la F1 di serie … B) su Williams. Tanto clamore mediatico, grandi sponsor tabaccai, un mucchio di soldi, ma risultati scialbi.

Lo ricordiamo in un primo test a Misano, davvero una pena, con Ago che guidava l’auto come la … moto. Poi, dopo una prima stagione da dimenticare, cominciò a girare “rotondo” ma era solo un ex della moto, qui un comprimario seguito solo dai suoi vecchi fan del periodo d’oro delle corse su 2 ruote.. A fine 1980, dopo tre stagioni non certo esaltanti, Ago appende definitivamente il casco al chiodo tornando negli autodromi nel 1982, come Team manager, prima Yamaha poi Cagiva, mietendo per 14 anni grandi successi.

Se Nuvolari fu l’inventore di tecniche di guida sopraffine quanto temerarie Agostini fu il primo a interpretare il ruolo di campione-immagine, a trasformare professionalmente l’attività del pilota, a dare un impulso al motociclismo quale sport dello show-business fuori dai confini degli appassionati. Le gesta eroiche e da epopea di Nuvolari, faranno sorridere Valentino Rossi il quale vede in quel che è accaduto ad Agostini un monito per considerare le quattro ruote solo un gioco, niente più. Come il rally-show di Monza. Appunto.

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