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Lorenzo Zanetti: “sono devastato”

Riguardo all’incidente: “ho pensato che fosse finita, vedevo le moto sfrecciare alla mia destra, alla mia sinistra, una nuvola d’acqua.”

C’è un altro risvolto, quasi altrettanto doloroso, nella tragedia che ha coinvolto al Moscow Raceway Andrea Antonelli, morto durante la gara della Supersport; quello che coinvolge Lorenzo Zanetti, pilota bresciano del team Pata Honda. che ha involontariamente investito il collega nell’inferno d’acqua e velocità del tracciato moscovita.

Zanetti, alla sua seconda stagione in Supersport, dopo una lunga carriera nel Mondiale 125, ora è a casa, assieme alla sua famiglia e al padre Massimiliano, che da sempre accompagna il figlio alle gare, supportandolo, sostenendolo, come faceva Arnaldo, il padre di Lorenzo. Due piloti, due rivali, due amici, due famiglie che si conoscevano e condividevano la Passione, spostandosi da un paddock all’altro, gara dopo gara, per inseguire il sogno.

Incredulo e distrutto per l’accaduto Zanetti aveva pubblicato, sul suo profilo twitter, subito dopo il Gran Premio interrotto:

Queste sono le corse: da un lato gli allori e la gloria, dall’altro la tragedia di un corpo inerte sull’asfalto e di un ragazzo di 26 anni che vive con la consapevolezza di aver investito a 250 orari un amico. Zanetti è in ospedale, tra lastre e controlli, acciaccato e contuso per la botta tremenda, con le altre moto che gli sfilavano di fianco mentre era a terra. In un’intervista al Corriere della Sera ha dichiarato:

“Quando sono caduto, la telemetria della ruota posteriore segnava 255 chilometri orari, ho pensato che fosse finita, vedevo le moto sfrecciare alla mia destra, alla mia sinistra, una nuvola d’acqua.”

Fermare la gara, polemiche, ognuno che si erge ad avvocato difensore o ad accusatore, perché non si è fatto invece si sarebbe dovuto fare… Lorenzo fa il pilota, questo è ciò che ama e onorerà l’amico correndo e dedicargli una vittoria sarebbe forse l’omaggio più bello:

“Ormai è tardi, dovevano decidere prima di partire. Dopo, è troppo facile. Quando si parte, si parte… Non è tanto il dolore ma è più lo shock, la tristezza, la rabbia, la voglia di tornare a correre. Per Andrea. Correrò per lui. Eravamo amici. Amici e rivali, ma soprattutto amici. Abbiamo iniziato da ragazzini, poi ci sono stati percorsi diversi, alla fine siamo tornati a correre insieme in Supersport. Io ero dell’88, lui dell’87. Gli volevo bene perché era come me, non se la tirava, non faceva il fenomeno. Non intendo smettere. No, sarebbe come farlo morire due volte… Io a Silverstone il 4 di agosto ci sarò.”

Quando il padre di Lorenzo afferma che il Signore in quel momento ha guardato giù e purtroppo ha salvato solo uno dei due ragazzi, il figlio risponde con una grande verità, una delle poche frasi sensate ascoltate negli ultimi tre giorni:

“No, papà, non dire così. Lui come me viveva un sogno, il sogno della sua vita. Conosceva la regola.”

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