Home Valentino Rossi: quando la passione diventa l’arte di correre in motocicletta

Valentino Rossi: quando la passione diventa l’arte di correre in motocicletta

Così Valentino Rossi tocca “quota nove”, vetta di inebriante stordimento per un atleta, dove il record si tinge d’impresa e l’impresa marca una nuova epopea. Lì, fuori dal tempo e dallo spazio, c’è posto solo per i miti e per gli eroi. Il campione pesarese non si limita a scrivere una pagina memorabile di motociclismo:


Così Valentino Rossi tocca “quota nove”, vetta di inebriante stordimento per un atleta, dove il record si tinge d’impresa e l’impresa marca una nuova epopea. Lì, fuori dal tempo e dallo spazio, c’è posto solo per i miti e per gli eroi.

Il campione pesarese non si limita a scrivere una pagina memorabile di motociclismo: i nove titoli iridati oltrepassano anche i confini del grande sport per diventare vicenda umana collettiva, indicatore, se non esempio, di chi ci prova e ce la fa. Insomma, una spinta anche all’uomo di tutti i giorni a mettercela tutta, a giocarsela con se stessi e con il proprio destino, a dare la migliore risposta al “pensa se non ci avessi provato!”.

Il motociclismo non nasce con Valentino e proseguirà oltre la sua straordinaria vicenda personale. Nei suoi primi 60 anni il motomondiale ha vissuto grandi gesta con grandi protagonisti, ma, piaccia o no, nessun pilota come Rossi è diventato l’emblema stesso di questo straordinario sport che evolve con i tempi ma resta l’espressione che infiamma “i giorni del coraggio”.

Il “Dottore” adesso si porta sullo stesso piano iridato di Mike Hailwood (con Tazio Nuvolari il più grande pilota di tutti i tempi) e di Carlo Ubbiali, il “cinesino” taciturno, furbo come una volpe e re delle volate.

A titoli, ancora davanti, c’è Angel Nieto, dodici più uno, e infine il più titolato in assoluto, Giacomo Agostini, 15 titoli. Nieto, il “cavron” cinico ed esuberante fino all’eccesso, i titoli li ha conquistati “solo” nei microbolidi di 50 cc e nelle 125. Ubbiali nelle ottavo di litro e nella 250. Mentre “Mike the bike” e il nostro Ago hanno primeggiato soprattutto con le grosse, all’epoca treemmezzo e 500.

L’inglese è stato un “grande” in tutte le cilindrate, e Rossi in questo gli somiglia. Ancor più di Valentino, Mike, spavaldo gladiatore, si adattava con estrema facilità a qualsiasi tipo di moto e di motori (2 o 4 tempi, mono, bicilindrico, quattro o sei cilindri). Ma, a differenza di Valentino, si faceva anche “prendere la mano” e commetteva errori con cadute paurose.

Valentino Rossi è “molto” più vicino ad un infallibile cecchino come Agostini: per la preparazione generale fisica e psicologica, per la puntigliosità e la sensibilità nella messa a punto, per il tempismo nell’ assestare il … colpo di grazia, per non gettare via l’occasione decisiva, per non commettere errori quando … non vanno commessi.

Vale, pilota di forte acume tattico e pulito nello stile, come Mino, ha avuto e ha dalla sua anche la fortuna. Quella dea bendata che, come diceva Enzo Ferrari, fa di un fuoriclasse vincente un fuoriclasse imbattibile.

A parte l’istrionico papà Graziano, Valentino non ha emulato e non emula nessun pilota. Un altro titolo, o altri titoli, se verranno, non fanno più parte degli obiettivi di una carriera già consegnata alla storia di questo sport.

La forza di Valentino sta proprio qui: corre sempre come se fosse la prima volta, quando inforcò, da ragazzino, la prima minimoto e fece primo. La forza di questo “inguaribile ragazzo” sta proprio nel fatto che vuole correre e vuole vincere perché è il suo vero divertimento, la sua ragione di vita.

In questo senso non ha eredi. Non è ancora il tempo del dopo Rossi.

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