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Ducati, che giornata! Quale futuro?

Può piacere o meno, ma quella di Magny Cours e Phillip Island è stata una grande giornata per la Ducati. La Casa italiana trionfa nella SBK in Francia (terzo titolo mondiale per Troy Bayliss e nuovo titolo iridato costruttori, oltre la vittoria in gara 2 e il terzo posto in gara 1) e vince, dominando


Può piacere o meno, ma quella di Magny Cours e Phillip Island è stata una grande giornata per la Ducati. La Casa italiana trionfa nella SBK in Francia (terzo titolo mondiale per Troy Bayliss e nuovo titolo iridato costruttori, oltre la vittoria in gara 2 e il terzo posto in gara 1) e vince, dominando con Casey Stoner, il GP d’Australia della MotoGP.

Una dimostrazione dell’eccellenza e dello “status” raggiunto dalla Casa di Borgo Panigale che onora il nostro motociclismo e tutto il Made in Italy.

La Ducati (espressione di quella “Motor Valley” in cui fioriscono aziende mitiche quali Ferrari, Maserati, Lamborghini ecc) ha dimostrato sul campo di poter reggere degnamente il peso della competizione nei due Campionati mondiali di motociclismo più difficili, più seguiti e più esaltanti, dove lo “scontro” coinvolge direttamente veri e propri colossi industriali multinazionali, importanti anche al di fuori del pur significativo settore motociclistico.

Non sempre il piccolo Davide batte il gigante Golia. Ma in questo caso la “rossa” italiana delle due ruote partecipa al gioco iridato alla “pari”, è protagonista riconosciuta, spesso è vincente.

Come sempre, il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Negli ultimi due anni della MotoGp, vincere un mondiale (2007) e l’anno successivo (2008) arrivare secondi dopo aver dimostrato grande competitività con vittorie, podi e pole position, è (o dovrebbe essere) un eccellente risultato. Che va riconosciuto, apprezzato e valorizzato. Se si è in buona fede.

Questo non vuol dire adagiarsi all’esaltazione. Ci sarà tempo e modo per approfondire i limiti e gli errori di questa stagione.

Alla fine della straordinaria stagione 2007 la Ducati ha peccato di “ingenuità” o di “arroganza”, convinta di poter continuare la “festa”. Si è un po’ adagiata sugli allori, sviluppando con indecisione e ritardo la Desmosedici campione del Mondo. Insomma è apparsa impreparata rispetto al forte recupero degli agguerritissimi avversari, in particolare della Yamaha.

Solamente la classe e la determinazione di Stoner hanno permesso di interpretare al meglio il grande potenziale della moto bolognese, reggere il confronto con gli avversari e di perdere questo mondiale con “onore”.

Poi la sfortuna e qualche errore di troppo dello stesso Stoner (sotto fortissima pressione) hanno portato a dare l’addio al titolo iridato. Prima di Laguna Seca il mondiale era di nuovo sulla rotta di Borgo Panigale.

Ma l’autocratica devono pur farsela a Borgo Panigale: per le moto satelliti quasi sempre in fondo alla classifica e per le pessime (per non dire altro) prestazioni dell’altro pilota ufficiale Melandri.

Ci sono stati due momenti molto significativi: il primo, quando Rossi era in crisi e una seconda Ducati in pista con un pilota all’altezza (Biaggi? Gibernau?) avrebbe potuto dare un contributo decisivo per far prendere il largo a Stoner. Il secondo, quando poi in crisi c’è andato l’australiano e anche lì la Ducati si è trovata “sola”, con la zavorra Melandri.

Insomma, Stoner ha dovuto reggere da solo l’intero peso di uno scontro fra giganti, con un Valentino Rossi e una Yamaha (compresa quella di Lorenzo e quelle “satelliti”) estremamente efficaci e vincenti.

La fase dei preventivati test con Biaggi e Bayliss (poi saltati per motivi non ancora del tutto chiari) e con Gibernau (poi realizzati) hanno dimostrato lo stato di incertezza e anche di smarrimento della Ducati di quel periodo.

Ora si apre un nuovo capitolo. Le nuove moto in cantiere (telaio in carbonio, ma non solo) e il rafforzamento dei piloti con la conferma di Stoner, l’arrivo di un “veterano” d’assalto come Hayden e di due rookies come Kallio e Canepa (e Gibernau?) dimostrano che la Ducati non molla e intende ripartire con il piede giusto.

In SBK l’addio alle corse di un fenomeno come “King” Bayliss apre alla Ducati un futuro con molti interrogativi. Haga è fortissimo, però più pilota di cuore, da colpo secco (da gara) che da titolo. Troverà Haga con la Ducati, quella costanza che purtroppo non ha mai avuto?

Poi c’è il “nodo” del riconfermato Fabrizio, pilota di lampi luminosi inframmezzati però da errori pesanti e passaggi “depressivi”. Per il romano c’è ancora un problema di “adattamento” o più di così non va?

Per la Ducati non sarà facile ripetere in SBK gli exploit delle migliori stagioni.

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