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Laureando costruisce una moto da 110 e lode: la nostra intervista

Un giovane ragazzo di Lipari ha letteralmente costruito una moto come progetto di tesi di laurea. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio il suo progetto e la sua passione.

Siamo sempre stati abituati a considerare la moto come un oggetto ludico, profondamente personale, in grado di farci vivere enormi emozioni. Da oggi, la moto è anche uno strumento per…conseguire una laurea. Per informazioni infatti, chiedere al giovane laureato Walter Castrogiovanni, 22enne di Canneto, frazione di Lipari, che per potersi laureare, ha portato come progetto di tesi di laurea una motocicletta. Dove sta la particolarità, semmai ce ne fosse ulteriormente bisogno? Nel fatto che questo ragazzo ha letteralmente costruito con le proprie mani la motocicletta.

Un progetto che gli è valso una laurea in disegno insustriale all’università di Palermo, con una votazione finale di 110 e lode! La moto si chiama Valchiria, ed è un progetto pluri-configurabile. Una special simile, quindi, nel concetto alla BMW RNineT per esempio. Progettata attraverso la modellazione 3D, dal progetto in scala sono poi state prese le quote per rapportarle e realizzarne un progetto unico.

Una moto che, oltreutto, presenta soluzioni tecniche degne di menzione: telaio privo di cannotto di sterzo, sospensione anteriore a parallelogramma, realizzato per poter utilizzare una forcella rigida. Curiosi di questo bellissimo sogno diventato realtà, abbiamo contattato Walter per un’intervista dove ci racconta la sua Valchiria e la sua carriera universitaria.

Intervista di Emanuele Macaluso

È stata la tua passione per le moto che ti ha spinto ad intraprendere questa carriera universitaria? Hai pensato subito che la tua tesi di laurea potesse essere una moto?

Sì, a farmi intraprendere gli studi in industrial design è stata sicuramente la mia grande passione per i veicoli a 2 e 4 ruote. Diciamo che il sogno di progettare e costruire un veicolo risale a tanto tempo fa, praticamente alla prima adolescenza. La moto, questo veicolo a due ruote mi ha sempre stimolato positivamente. Cercare di capire il funzionamento e la dinamica del veicolo mi ha spinto alla progettazione, il tutto unito alle “arti del costruire”. Indubbiamente ho sognato di concepire una tesi del genere.

Durante il corso di studi, quali materie hanno arricchito le tue conoscenze e ti hanno permesso di applicare ciò che avevi appreso direttamente sulla tua tesi?

Il mio corso di studi si basa soprattutto sul lato estetico funzionale degli oggetti e sulla loro progettazione. Le materie che più mi hanno aiutato sono state quelle inerenti la progettazione avanzata coadiuvata da calcolatore, con i vari software CAD. Molto comunque è merito della mia passione e conoscenza personale, da autodidatta ho appreso i comportamenti dinamici alla base della moto.

Senza questo mio autoapprendimento non avrei potuto affrontare l’impresa se non aiutato da un team di tecnici esperti. Oltre al lato tecnico c’è stato quello estetico, altrettanto tormentato, dove mi sono ispirato al concetto di estetica meccanica, gli elementi meccanici dovevano essere mostrati e valorizzati esteticamente.

Il bicilindrico ducati è come una perla incastonata nel veicolo. La mia tesi è stata realizzata anche per protesta nei confronti di insegnamenti spesso limitanti, ho voluto dimostrare che design, come ci hanno dimostrato molti maestri, da Tamburini a Giugiaro, è anche tecnica ed estro. Spesso per le mie scelte forti sono stato anche criticato aspramente.

Parliamo della moto: qual è stata la sfida più difficile durante la progettazione e, successivamente, durante lo sviluppo?

Sfide. Il concetto stesso di realizzare un veicolo da zero è stata una sfida tormenta, non c’è stato giorno nel quale non mi sono chiesto se ce l’avessi fatta, sono stato il peggior nemico di me stesso, l’autocritica è stata fondamentale. Forse la sfida più grande è stata progettare e costruire il telaio, dove ho dovuto studiare le forze in ballo, studiare un pezzo che fosse realizzabile e poi costruirlo, collocando ogni sezione dentro una dima per effettuare le saldature del caso. In generale è stato un processo snervante, che mi ha tolto il sonno e a tratti impegnato totalmente rendendomi quasi schiavo.

Quali sono le caratteristiche più esclusive della moto?

Le caratteristiche salienti della moto sono contenute nella sospensione anteriore che, avendo uno schema a parallelogramma, consente di variare parametri quali avancorsa e inclinazione forcella, parametri fondamentali per definire l’assetto di una tipologia di moto, poiché ne influenzano il comportamento.

Per variare tali parametri, basta installare in fase di assemblaggio dei bracci sospensione della giusta lunghezza e un ammortizzatore confacente alle necessità. Per variare l’assetto naturalmente si deve intervenire anche sulla sospensione posteriore e sulla collocazione del motore. Il tipo di sospensione anteriore che ho impiegato è già esistente, non ho inventato nulla, semplicemente l’ho impiegata in maniera originale.

Quindi, una potenziale azienda con un sistema concettualmente simile, potrebbe risparmiare incredibilmente partendo da un unico telaio e un’unica sospensione, variando piccoli particolari che fanno una grande differenza e consentono di specializzare una moto. Avremo quindi dalla sportiva alla turistica alla naked, con un’unica base.

Assieme ai particolari meccanici, anche le plastiche andrebbero cambiate in base al modello realizzato. Immaginate quindi, il risparmio negli investimenti, con una netta semplificazione del processo produttivo. Una specie di cellula staminale che si specializza. La tipologia di sospensione evita inoltre l’effetto dell’avancorsa variabile, che rende le moto solitamente instabili in fase di staccata. Con tale sistema il parametro resta immutato garantendo grande stabilità.

Per quanto riguarda il resto della ciclistica, cerchi e freni sono di un Monster 695. I comandi sono invece di un 600. I mono utilizzati per le sospensioni sono dei Sachs di derivazione Cagiva Mito.

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Come mai hai scelto il bicilindrico Ducati come propulsore?

Originariamente il progetto doveva alloggiare un “supermono”. Poi, per diverse difficoltà, pensai di impiegare un motore con architettura portante, come appunto il bicilindrico in questione. Il tutto è stato unito ad una forte spinta di orgoglio italico, ho voluto celebrare il mitico motore di Borgo Panigale!

Quali sono i pezzi unici che hai progettato e realizzato tu stesso?

Tra i pezzi progettati e realizzati abbiamo: telaio, telaietto posteriore, forcella con supporti pinze, l’intero sistema di sospensione anteriore con bracci oscillanti e supporti, cover serbatoio e forcella, codino, pedane. Lo scarico è stato realizzato dalla SILMOTOR International di Torino.

Come sono andati i primi test di guida? Quali interventi hai dovuto effettuare?

Già appena camminò per la prima volta fu un successo superiore alle mie aspettative. Come ripeto, si tratta di un prototipo che ha varie imperfezioni e va sicuramente ottimizzato. Nel primo test ci furono delle problematiche inerenti giochi eccessivi in alcuni accoppiamenti nel sistema di sospensione anteriore, lacuna subito colmata con l’intera sostituzione dei bracci, sempre da me realizzati. Altro problema si presentò nella collocazione del mono posteriore, che non funzionava come previsto ed è stato ricollocato. Al momento sto facendo altri test, per apprendere, migliorarmi ed eventualmente apportare modifiche.

Complessivamente, a quanto ammontano i costi per la realizzazione di questo tuo importante progetto e quanto tempo hai impiegato nella realizzazione?

Il costo complessivo al momento ammonta a 3.500 euro, la Silmotor mi ha voluto omaggiare di questo scarico realizzato ad hoc in cambio di visibilità. Tra progettazione e realizzazione ho impiegato due anni e mezzo su questo progetto, praticamente mi ha accompagnato lungo i miei tre anni accademici.

La tua Valchiria è già stata brevettata? È omologata per l’utilizzo su strada? Hai mostrato il tuo progetto a qualche casa motociclistica?

No, stavo pensando di brevettare l’idea della pluriconfigurabilità in catena di assemblaggio, ancora per motivi anche economici non ho potuto farlo. Spero in futuro di riuscirci. La moto non è omologata per l’utilizzo su strada, è un prototipo e tale resterà. Il progetto sta girando, ma entrare in contatto coi piani alti delle case motociclistiche è molto complesso, anche perché vi è un totale distacco tra industria e università, che rende le cose molto complesse a noi giovani laureati. Non escludo futuri sviluppi dell’idea, anzi li spero.

La tua triennale che sbocchi lavorativi prevede e qual è il tuo sogno nel cassetto per il tuo futuro?

La mia triennale, teoricamente, ha diversi sbocchi occupazionali, dal design generico a quello più specializzato, dall’industria all’artigianato, dalle grandi alle piccole aziende. Siamo a metà strada tra gli architetti e gli ingegneri, risolviamo problemi. Sappiamo almeno teoricamente concepire, progettare e rappresentare un oggetto. Abbiamo un profilo abbastanza elastico che va reso più incisivo con la frequentazione di una specialistica o di un master.

Il Design è una materia molto complessa, l’Italia è famosa per tale disciplina che spesso risulta svilita. Il design è tuttora al centro di ampi dibattiti per definire di cosa si occupa esattamente, è proprio questa sua elasticità che mi affascina, un designer può progettare da una moto, ad un frullatore, a un videogame a una foto. Il mio sogno nel cassetto è quello di diventare un costruttore di moto uniche, realizzate su misura con tecnologie avanzate e un design fuori dal comune, Il trasformare una materia informe e fredda in una meccanica vivente, una estensione del corpo.

Cosa consiglieresti a chi è in procinto di intraprendere un percorso universitario simile al tuo?

Mi sento di consigliare a tutti coloro avessero intenzione di studiare design, di non fermarsi alle nozioni universitarie, ma di essere affamati di conoscenza personale nel campo che più si ama. Se amate i veicoli soprattutto, apprendete nozioni di meccanica, di tecnologie costruttive, tenetevi aggiornati, sperimentate e unite il lato estetico a quello tecnico, prendete un pezzo di acciaio sporcatevi le mani, solo così avrete successo. La fredda tecnica va addomesticata alle vostre idee. Un buon designer che si occupa di veicoli deve sapere come funziona una sospensione o come si costruisce un telaio, poi verrà coadiuvato da un ingegnere per ottimizzare il tutto, ma se non ha una conoscenza ferrata anche in ambito tecnico non potrà esprimersi adeguatamente.

Ci terrei molto a ringraziare i miei familiari, Giuseppe Bannino, Matteo Bove, Davide Guida, Marco Giunta, Carlo Portelli, Bartolino Leone, tutti coloro che mi hanno sostenuto e la SILMOTOR International di Torino che mi ha fornito lo scarico con in testa il gentilissimo Sig. Ivan Pagnone. Vorrei chiudere con un’ultima battuta una citazione di Francesco Guccini:

“Io non artista, solo piccolo bacceliere, perché la materia di studio sarebbe infinita, ma soprattutto perché so di non sapere niente”

Chi è Walter Castrogiovanni?

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Nato a Lipari, classe 1994. Figlio di un geometra e di una casalinga, da sempre stimolato verso la creatività. Cresciuto in un luogo ancora umano, ottimo per una buona infanzia, si lascia catturare dall’indole creativa e curiosa che si manifestava nella smania di smontare e rimontare qualsiasi oggetto o giocattolo.

Da sempre affascinato dal disegno, si avvicina al computer per ampliare le proprie conoscenze in materia, passo che si rivela fondamentale per gli sviluppi futuri. Verso i 13 anni inizia, sotto qualche stimolo dl padre, ad impiegare Autocad, da li la “mania creativo-progettuale” vera e propria ebbe inizio. Il tutto fu accompagnato dalla passione verso gli sport motoristici. Frequenta il liceo scientifico, sempre a Lipari, un istituto come tanti, di cui può ricordare positivamente solo pochi professori che impartivano uno stimolo oltre a semplici nozioni.

Lì, tra i banchi di scuola spesso durante le lezioni scarabocchiava forme, idee, veicoli. Durante gli anni di liceo, dedicava il tempo libero a disegnare, smontare e rimontare la prima moto, un Cagiva Mito, con la quale si divertiva per le strade dell’isola. Comincia col tempo ad interessarsi anche di arte, materie scientifiche e del dibattito che ne concerne.

A scuola, ottenne sempre ottimi risultati, spinto dalla voglia di imparare. Introverso e talvolta taciturno, dall’età di 17 anni inizia a inoltrare le proprie idee a vari costruttori, tra questi il Sig. Ascanio Rodorigo della Vyrus, che risponde stimolandolo a coltivare la passione. Alla fine del liceo, nonostante l’enorme confusione sulla carriera universitaria da scegliere, opta per Disegno Industriale, vecchia e coltivata passione. Qui studia disegno, storia del design, materiali, progettazione e laboratori ecc, materie affrontate con ottimi risultati. Elemento costante fu l’accostare sin dal liceo, lo studio individuale di ciò che lo affascinava, sopratutto in ambito tecnico/tecnologico, alle materie scolastiche.

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