Marquez e Martin ko: la MotoGP sta chiedendo troppo ai suoi campioni?

MotoGP sotto pressione: Marquez e Martin infortunati:, calendario record e Sprint aumentano i rischi per i piloti.

Marquez e Martin ko: la MotoGP sta chiedendo troppo ai suoi campioni?
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Marianna Bortevi
Pubblicato il 7 ott 2025

Il mondo della MotoGP si trova oggi a un bivio cruciale, sospeso tra la voglia di offrire uno spettacolo sempre più coinvolgente e la necessità di garantire la sicurezza piloti. Gli ultimi eventi, che hanno visto due protagonisti assoluti come Marc Marquez e Jorge Martin costretti ai box per infortuni, accendono i riflettori su un sistema che rischia di superare il limite della sostenibilità fisica e mentale dei suoi atleti.

Non è un dettaglio da poco: la contemporanea assenza del campione in carica e di quello designato scuote dalle fondamenta il motomondiale. Marc Marquez dovrà saltare i Gran Premi di Australia e Malesia, mentre Jorge Martin non sarà presente a Phillip Island. Entrambi sono stati vittime di infortuni piloti maturati nelle fasi iniziali delle gare asiatiche, un segnale che non può essere ignorato e che impone una riflessione profonda sull’attuale struttura del calendario MotoGP.

La vera rivoluzione della stagione, e forse anche la sua principale criticità, è rappresentata dall’introduzione della gara Sprint in ogni appuntamento. Se da un lato questa novità, fortemente voluta dagli organizzatori e presentata dal presidente FIM Jorge Viegas come un modo per “raddoppiare lo spettacolo”, ha effettivamente aumentato l’adrenalina nei weekend di gara, dall’altro ha moltiplicato i rischi. Ogni sabato, i piloti sono chiamati a disputare una seconda corsa vera e propria, raddoppiando di fatto le situazioni di massimo pericolo, ovvero partenze e primi giri, già notoriamente i momenti più delicati e accidentati di ogni gara.

Guardando al futuro, la pressione non accenna a diminuire. Il calendario MotoGP del 2025 prevede ben 22 Gran Premi per un totale di 44 gare da disputare in appena 38 settimane. Un ritmo che lascia poco spazio al recupero fisico e mentale, aumentando inevitabilmente la probabilità di infortuni piloti e l’affaticamento degli atleti. Da dopo la pausa estiva fino all’ultimo appuntamento di Valencia, i piloti dovranno affrontare un vero e proprio tour de force: 10 gare in soli 14 weekend. Un’intensità che mette a dura prova anche i professionisti più preparati e resistenti.

Non va dimenticato che il weekend tipo di un pilota MotoGP è ormai un vero e proprio percorso a ostacoli: dalle prequalifiche del venerdì alle qualifiche e gara Sprint del sabato, fino al Gran Premio della domenica. A tutto questo si aggiungono gli impegni con sponsor, media e tifosi, che riempiono ogni interstizio del poco tempo libero rimasto. Un esempio lampante si è visto a Mandalika, in Indonesia, dove già mancavano tre piloti su ventidue (Martin, Vinales e Ogura), confermando un trend preoccupante che non può essere più considerato un semplice caso isolato.

Il tentativo degli organizzatori di rendere la MotoGP sempre più appetibile per il pubblico, aumentando il numero degli eventi e puntando sulla spettacolarizzazione, rischia di trasformarsi in un boomerang. Il vero pericolo è che, nel rincorrere l’audience e gli ascolti, si finisca per compromettere la salute e la carriera dei protagonisti principali, ovvero i piloti. Nel paddock si inizia a discutere apertamente se il modello attuale sia davvero sostenibile nel lungo periodo, o se sia invece giunto il momento di rivedere radicalmente il bilanciamento tra spettacolo e sicurezza piloti.

Quello che emerge con forza è la necessità di trovare un nuovo equilibrio, che consenta di mantenere alto il livello di emozioni senza sacrificare il benessere fisico e mentale degli atleti. La MotoGP si trova davanti a una scelta fondamentale: continuare sulla strada dell’esasperazione o fermarsi a riflettere su come proteggere chi, ogni weekend, mette in gioco tutto per offrire uno spettacolo unico al mondo.

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