Home SBK, finché c’è monopolio c’è crisi

SBK, finché c’è monopolio c’è crisi

Sono proprio quelli che fino a ieri hanno negato la crisi della SBK che oggi sparano a pallettoni non risparmiando niente e nessuno.

Ancora sulla SBK, ancora sul suo livello di crisi, sempre tutti divisi a interpretare il termometro che oscilla di poco, fra febbrone o febbre alta. Prendendo lo spunto dall’usanza di una volta, ai tempi andati della pratica della mungitura a mano, si potrebbe dire che oramai questo dibattito “fa venire il latte alle ginocchia”, tanto è ripetitivo, da spazientire o comunque annoiare chiunque.

C’è sempre il pifferaio di turno che dai box, dal paddock, dalla sala stampa, è certo che la sua musica sia quella giusta da seguire. Ognuno, ovviamente, è legittimato a “dire la sua” e non è vero che solo gli addetti ai lavori (a cominciare dai piloti ecc.) possono fare la diagnosi della malattia e indicare la cura, specie ignorando le cause o confondendole con gli effetti. Anche perché gli addetti ai lavori non sono super partes, difendono interessi particolari, propri o del proprio giro.

Stavolta, l’ultimo “dottore” ad avvicinarsi al capezzale del malato SBK è Carlos Checa, l’ex pilota che non ha bisogno di presentazione: “Il problema vero non è legato al campionato – afferma l’ex iridato spagnolo – bensì alla vendita delle moto, il mercato delle supersportive fatica ad andare avanti”. E il cannibale Jonathan Rea dominatore degli ultimi quattro mondiali spara sul nuovo format 2019: “La terza gara? Un disastro”.

Insomma, il coro aumenta di numero e di intensità anche se, come noto, raglio d’asino non sale al cielo. Sono proprio quelli che fino a ieri hanno negato la crisi della SBK che oggi sparano a pallettoni non risparmiando niente e nessuno. Non vogliamo qui ripeterci perché più volte abbiamo analizzato lo stato di crisi del mondiale delle derivate azzardando anche proposte alternative che, ovviamente, non sono mai state prese in considerazione dai padroni del vapore.

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I motivi della crisi sono diversi e incidono sul campionato con diversa intensità anche se il problema principale resta uno: la SBK non ha più una propria “identità”: non è né carne né pesce. Scimmiotta la MotoGP diventandone una “brutta copia”, la categoria “minore, di serie B, quando non di serie C. Così è da alcune stagioni in mezzo al guado rischiando di affondare definitivamente.

La soluzione? O si realizzano “sinergie” strategiche e tattiche fra MotoGP e SBK o, all’opposto, si “caratterizza” la SBK facendola diventare una categoria totalmente differente dalla MotoGP. Differenza completa sia per il tipo di moto da impegnare, sia per i regolamenti, sia per il format. Non servono i trucchetti dei regolamenti-farlocchi o format da gioco delle tre carte.

Occorre, invece, una “rivoluzione”, che scuota la SBK dalle fondamenta, rivoltandola come un calzino con fantasia e coraggio a favore dello sport, degli appassionati, delle Case, dei piloti, dei Team, degli sponsor e non esclusivamente degli interessi (legittimi) del promoter. Già, il promoter. Chiuso nella sua torre d’avorio, a dettare scelte i cui risultati negativi sono oramai sotto gli occhi di tutti. Difficile pensare che sia una questione di incapacità della Dorna cui non mancano risorse umane e materiali anche se ai vertici della gestione della SBK non pare oggi siano delegati manager di spicco, bensì opachi yes man.

Allora? Allora si torna al nocciolo della questione con il motociclismo ingabbiato, di “proprietà” di una società monopolista, la Dorna (gestisce il Motomondiale-MotoGP, il WSBK, il Cev-mondiale junior, e anche la inedita MotoE) che tira le fila delle corse come gli pare e piace, a proprio uso e consumo, cioè in funzione dei propri interessi. Fin ora la Fim ha svolto il ruolo di soprammobile avallando anche le scelte più scellerate. Per Dorna la gallina dalle uova d’oro è la MotoGP per cui non ha interesse a che la classe regina abbia concorrenti anche se appartenenti alla stessa famiglia. In tempi di crisi economica, si sa, la coperta è corta e non basta per coprire i piedi di tutti. In questo caso, ad essere scoperta è la SBK.

Non pare che il promoter unico se ne preoccupi più di tanto: lascia la SBK a “bagnomaria”, intento com’è a coccolare e a raccogliere i frutti della MotoGP. Quindi? Quando c’è un unico burattinaio a tirare i fili la conclusione del gioco è segnata. Anche in questo caso la via d’uscita è una sola: la autonomia tecnica-agonistica-economica-organizzativa della SBK con un promoter diverso dal promoter della MotoGP. Tutto il resto è fuffa in un gioco delle parti il cui epilogo è scontato.

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