Home Scott Redding: “In MotoGP contano solo i soldi”

Scott Redding: “In MotoGP contano solo i soldi”

Il 25enne britannico lascia il Motomondiale dopo 11 stagioni e con un unico rimpianto: “Volevo davvero quel titolo in Moto2…”

Con il GP di Valencia che ha chiuso la stagione 2018, Scott Redding si è congedato dal Motomondiale – dopo undici stagioni di ininterrotta militanza – per prepararsi a sbarcare in British Superbike, ma il 25enne inglese non è certo soddisfatto di questa “svolta” della sua carriera.

Redding arrivò in MotoGP nel 2014 come vice-iridato Moto2 (dopo aver dilapidato un clamoroso vantaggio in classifica nelle ultime gare del 2013 a vantaggio di Pol Espargarò), correndo i primi 2 anni con Honda per poi passare, per altri 2 anni, a Ducati Pramac. L’ultima stagione lo ha invece visto in pista da pilota ufficiale Aprilia in una stagione costellata da risultati deludenti e frequenti polemiche, culminate con il “benservito” da parte della casa di Noale per far spazio al neo-acquisto Andrea Iannone.

Non avendo trovato posto in MotoGP per il prossimo anno, Redding ha preferito ignorare le offerte provenienti dalla Moto2 per accettare quella del team PMB Ducati Be Wiser e sbarcare nel ricco campionato BSB, dove potrà dare battaglia con la nuova Panigale V4 R.

In alcune dichiarazioni raccolte dal tedesco Motorsport Total, Redding si è comunque lasciato andare ad una nuova serie di critiche verso il circus del Motomondiale:

“E’ tutta una questione di soldi, e questa m*rda non è roba per me. Ecco perché ho perso l’amore per tutto questo. E’ l’atteggiamento generale di alcune persone dell’ambiente, che non mi ha direttamente infastidito, ma sono cose che mi fanno ridere. Io però non sono più arrabbiato, ne ho già passate abbastanza.”

Andando più nel dettaglio della sua critica alla MotoGP, Redding ha sottolineato lo squilibrio tra il numero di moto disponibili e quello dei piloti disposti a “pagare” per assicurarsele:

“Tutti i piloti dovrebbero essere pagati, e questo è anche il motivo per cui io non correrò in Moto2 [l’anno prossimo]: non potrei mai farlo pagando perché guidare è il mio lavoro, e io sicuramente non intendo pagare per questo. Non ho alcuna intenzione di 200.000 o 300.000 euro per guidare una o due stagioni: questa è una follia per me, ma ci sarà sempre qualcuno che pagherà.”

“Anche le squadre che hanno budget vengono comunque a chiedere soldi ai piloti, perché possono farlo. Ci sono sempre persone disposte a pagare per correre, ma poi, ovviamente, non sono il meglio del meglio.”

Redding ha evitato di criticare duramente i colleghi piloti, pur non risparmiando qualche appunto alla categoria:

“Qui nel Mondiale non si parlano tra loro, non ho idea se hanno paura l’uno dell’altro. Ma questa cosa non è colpa dei piloti, si tratta di tutte le cose che li circondano. E’ tutto un business. E’ tutta una questione di soldi, ed questo è il problema. Ma è così che vanno le cose.”

Guardando ai risultati ottenuti nella sua carriera nel Motomondiale, Redding si è inoltre dimostrato un severo giudice di sé stesso:

“Non c’è granché bisogno di commentate i miei risultati, perché sono stati una m*rda. Lo so, è proprio così, sono onesto, anche se poi viene gente a dirmi “Tu porti tanto divertimento e carisma nel paddock, ci piaci…”.

“L’unica cosa che avrei voluto davvero è quel titolo Moto2 [del 2013].”

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