Dorino Serafini, mito dei "giorni del coraggio"

Di Massimo Falcioni
Pubblicato il 6 ott 2009
Dorino Serafini, mito dei

Più volte, dopo una gara vittoriosa, Valentino Rossi ha baciato la sua moto: un segno di riconoscenza e di affetto. Un altro grande campione, pesarese come il “dottore”, Dorino Serafini, diceva addirittura che per lui la moto era la sua “amante” e correre era come “fare l’amore”. Altri tempi, stesse storie.

Il motomondiale nasce nel 1949, sostituendo il Campionato europeo terminato nel 1939 per i noti eventi bellici. Quell’ultimo titolo di Campione d’Europa della classe regina, la 500, andò a uno dei più grandi campioni di tutti i tempi, appunto Dorino Serafini, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita e il nono anno della sua scomparsa.

Per l’anagrafe era Teodoro, ma per tutti e su tutti i circuiti era Dorino, un metro 73 cm per 77 chili, un vero atleta, un fuoriclasse dell’epoca dei miti e degli eroi che solo la seconda guerra mondiale, con i suoi sette anni di stop forzato, tarpò le ali.

Serafini, dal 1946, fu ottimo pilota anche di auto, (con Cisitalia, Maserati, Osca) fino a diventare “ufficiale” della Ferrari (in squadra con Alberto Ascari e Gigi Villoresi), apprezzato e amato dal “Drake”. Purtroppo durante la Mille Miglia del 1951 il cambio della sua Ferrari si bloccò a oltre 200 kmh innescando un gravissimo incidente (“mi sono rotto tutto”, diceva lui rimasto da allora claudicante ) e mettendo fine alla carriera iniziata 25 anni prima con le moto.

Infatti Dorino fu soprattutto un “grande” sulle due ruote: di lui si accorse l’altrettanto grande Tonino Benelli, che lo vide fare la verticale come un acrobata da circo sulla Douglas del padre e lo chiamò come collaudatore e poi a far parte dello squadrone della Casa del “leoncino”.

Serafini fu pilota ufficiale della Benelli (dal 1928 al 1932), della MM, la futura Moto Morini (dal 1933 al 1934), della Bianchi (dal 1935 al 1937), della Gilera (dal 1938 al 1940).


lino tonti e dorino serafiniSerafini fu tra i dominatori assoluti dal 1930 al 1940 dando smalto al motociclismo ed esaltando quello italiano: vinse quarantasei gare titolate sui circuiti più famosi del tempo: il Tourist Trophy dell’Isola di Man, il circuito del Lario, il Nurburgring, Monza, Tripoli, dominando le gran fondo, la Milano Taranto, il Giro d’Italia (in auto la Targa Florio, oltre alla Mille Miglia), numerosi titoli italiani, che allora, contavano!

Combattè, più volte battendoli, i piloti diventati leggenda: Tazio Nuvolari, Omobono Tenni, Achille Varzi, Stanley Woods, Meyer, Aldrighetti, Bandini, Sandri, solo per citarne alcuni.

Nel 1939, con la Gilera ufficiale 4 cilindri con il compressore (moto da 230 kg di peso e da 270 Kmh, motore che girava a 10.00 giri!)), sbaragliò il campo avversario composto dai giganti, il fior fiore dell’industria motociclistica: BMW, Guzzi, Norton, Ajs, Velocette ecc.

Chi scrive queste note ha avuto il grande piacere di conversare più volte con Dorino, un vero “signore”, che in corsa rispettava il motore ma non se stesso, che a 90 anni girava a Pesaro in motorino e ripeteva: “Le corse mi hanno lasciato molte fratture, molta gloria, pochissimi soldi. Ma senza le corse non avrei saputo vivere”.

Il titolo europeo gli fruttò … centomila lire, con cui pagò una casetta al mare per i genitori. Ha seguito il motomondiale fino all’ultimo. Diceva, sornione: “Questo non è più sport. Girano miliardi. Non so proprio come un pilota possa andare forte con tutti quei soldi in tasca!”.

Lui forte andava davvero, temerario, meticoloso, tecnico, inventava il sorpasso del trionfo. In pista non temeva nessuno ma buttò via la vittoria per soccorrere Tenni piombato in un dirupo.

Tante le imprese. Fu il primo a infrangere la barriera delle cento miglia orarie al TT con la Gilera 500 (“Era una poesia, quella moto”, ripeteva Dorino), compiendo il giro più veloce a 162,380 Kmh! Record ad oltre 170 kmh di media da Milano a Bologna sulla via Emilia (di notte e senza … fanale); trionfa al TT inglese dopo un volo a 200 kmh, immersione in un fosso laterale colmo d’acqua, perdita di sensi, risveglio, filo del gas in mano per la rottura della manopola, di nuovo in pista sanguinante, rincorsa e vittoria. A Monza è costretto a farsi superare dalle Guzzi (la sua Benelli è senza … ammortizzatori posteriori!), tenta l’impossibile alla Parabolica e piomba sulla ringhiera che taglia per decine di metri come una lametta: tre mesi di ospedale.

Tanti gli aneddoti. Durante la guerra, un commando tedesco fa irruzione a casa sua, ma i militari si mettono tutti sull’attenti: sulla parete c’è un ritratto di Serafini che saluta a … “braccia tese” dopo la vittoria del GP di Germania al Nurburgring del 1939. Benito Mussolini l’aveva più volte premiato e, così come Enzo Ferrari, lo voleva spesso a pranzo. La politica non c’entrava.

Dorino era “solo” un campione. Un mito rispettato e amato da tutti. E tale è rimasto anche fuori dalle piste.

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