Home Moto2 Jerez, Mattia Pasini c’è! Lo scomodo ruolo del “tappabuchi”

Moto2 Jerez, Mattia Pasini c’è! Lo scomodo ruolo del “tappabuchi”

A Jerez, primo round europeo del Motomondiale, ci sarà anche Mattia Pasini, non in veste di commentatore televisivo ma in quella a lui più consona, di pilota, protagonista in Moto2

Quindi, come già anticipato da Motoblog, il prossimo week end a Jerez, primo round europeo del Motomondiale, ci sarà anche Mattia Pasini, non in veste di commentatore televisivo ma in quella a lui più consona, di pilota, protagonista in Moto2. Il 34enne asso riminese, a piedi senza né moto né Team alla vigilia dell’apertura stagionale di Losail, poi “recuperato” quale sostituto dell’infortunato Augusto Fernandez ad Austin, dove è stato splendido protagonista a un filo dal podio, ha di nuovo l’occasione per ribadire quel che già si sa: in Moto2 Mattia non è secondo a nessuno e merita una moto competitiva, come pilota a “tempo pieno” e non nel ruolo di “tappabuchi”.

Di nuovo Pasini è chiamato (ora dal suo ex Team Angel Nieto) all’ultimo momento al posto di un pilota infortunato, in questo caso il britannico Jake Dixon, out per una caduta al Cota. Pasini non ha mai gareggiato prima con la KTM ma, essendo la Moto2 una categoria “monomarca”, qui il cambio di moto è relativo dovendo adattarsi “solo” al telaio KTM essendo tutto il resto (motore, centralina elettronica, gomme) ben conosciuto dal pilota romagnolo.

Non è certo la prima volta, in epoche diverse, che un pilota – anche di alto livello come in questo caso – viene usato “pro tempore”, nella logica dell’”uso e getta”. Non è certo questa la migliore condizione per esprimersi al meglio ed acquista quindi ancora maggior valore una prestazione come quella di Pasini ad Austin che, se ripetuta a Jerez, potrebbe davvero riaprire vecchi e nuovi interrogativi. Quali? Ad esempio sulla (relativa) facilità nel guidare queste Moto2, sul reale livello di competitività dei piloti in campo, in particolare riferito alla pattuglia italiana. Non va dimenticato che in Texas l’eroe della giornata è stato proprio il “ripescato” Mattia, un vero e proprio exploit, con la ciliegina sulla torta per aver traguardo primo degli italiani.

Una volta, quando un corridore “ufficiale” a tempo pieno veniva “stracciato” da un collega “privat” in pista “pro tempore”, solamente come sostituto di infortunati, aveva poche alternative: o rispondeva subito in gara con gli … interessi a chi l’aveva battuto o una vocina nascosta gli indicava la strada: “straccia la licenza!”. A Jerez, si vedrà. Qui stiamo parlando di un pilota da 15 stagioni ai vertici, 226 gare disputate, 12 vittorie, 30 podi, 19 pole position, 6 giri veloci. Insomma, non un “signor nessuno” e non certo un corridore sciatto e piatto, un ragazzo sincero (anche troppo!?), di grande passione e valore, che lascia il segno anche se spesso un segno che brucia, dato il carattere che lo porta a metterci sempre la faccia e a dire con franchezza e senza timori reverenziali “pane al pane vino al vino”.

E Pasini non è certo l’unico pilota di livello tenuto a “bagnomaria” a livello internazionale e a livello nazionale. Così si ripropone il nodo mai sciolto del rapporto corse-soldi e la annosa questione dei piloti “con la valigia”: o porti soldi o stai a piedi. C’è sempre un altro corridore – più bravo o meno bravo di te, – pronto a sostituirti, soldi in mano. Il problema sta alla radice di come oggi è strutturato il motociclismo ai vari livelli, in una piramide dove la passione è la “spinta” per iniziare il “gioco” ma dove sono i soldi a reggere il tutto. Se non hai la valigia, specie ai primi passi, non puoi crescere. Ci ripetiamo: un “brocco”, pur se milionario, resta brocco (quanti ce ne sono stati! quanti ce ne sono!…). Un fuoriclasse, anche in bolletta, lo si vede presto e presto sfonda.

Ma c’è una via di mezzo che permetta a Mattia Pasini e ai non pochi come lui di continuare al meglio la partita? La risposta non è facile perché oggi il motociclismo è una piramide con una stretta punta vorticosamente ricca e un’ ampia base “povera”. Da qui un cuneo di proporzioni gigantesche fra chi fa il “nababbo” e chi “tira la cinghia” per sopravvivere. Insomma, siamo nella jungla.

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