Amarcord: Laverda LZ125
Amarcord: Laverda LZ125
Prosegue il viaggio a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta della rubrica Amarcord. Vi ricordiamo che se avete motocicletta o un ciclomotore che vi sono rimasti nel cuore e volete raccontarci la vostra storia, mandate una mail a [email protected] allegando se possibile qualche vostra immagine d’epoca. A proposito di richieste, ecco un modello che ha suscitato l’interesse di molti utenti.
Dopo la Zündapp KS non potevamo mancare la “versione italiana” di questa 125 tedesca in voga tra la metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. In quel periodo i “Laverda brothers” Massimo e Piero, che avevano stupito il mondo, giapponesi compresi, con le loro SF 750 del ‘70 e SFC 750 del ’71, volevano entrare sul mercato delle piccole sportive con un modello nuovo che coniugasse un design tipicamente italiano con un motore affidabile e di buone prestazioni, anche perché il mercato delle 125 cominciava a interessare molte case, dopo il calo di vendite delle maximoto. Nel 1977 la moda delle moto da regolarità cominciava a essere sorpassata da quella per i modelli stradali, ovviamente con motori a due tempi.
In precedenza Laverda aveva già attivato una joint venture con l’allora svedese Husqvarna, per la realizzazione del suo 125 Regolarità. Per il modello stradale fu scelta invece la tedesca Zündapp, anche per differenziarsi dalla concorrenza che all’epoca usava sovente i motori Franco Morini o Minarelli, i più diffusi sui 50 ma anche sulle ottavo di litro dell’epoca. All’inizio dell’estate del ’77 i fratelli Laverda si mettono quindi in viaggio verso Monaco di Baviera insieme al responsabile tecnico Luciano Zen.
Ottenuto il consenso della Zündapp serviva con urgenza un motore per la costruzione del primo prototipo che doveva essere presentato per il 19 novembre in occasione del Salone di Milano, così i tre se ne tornarono a Breganze con un propulsore Zündapp nel bagagliaio dell’auto. Il lavoro venne velocizzato e in breve tempo nacque la prima LZ125, la cui sigla indicava il binomio Laverda-Zündapp. La nuova LZ venne messa in vendita già dai primi mesi del 1978, anche nella cilindrata 175 (che ottenne però meno successo), inizialmente in un’unica versione e nella sola colorazione rossa.
Le prestazioni del motore, raffreddato a liquido e alimentato da un carburatore Mikuni VM28, erano pressoché identiche a quelle della sua omologa tedesca, con 17 CV di potenza a 7.600 giri e una coppia massima di 1,6 kgm a 7.400 giri, mentre la ciclistica utilizzava un classico telaio monotrave superiore con doppia culla chiusa in tubi di acciaio, forcella Marzocchi con steli da 32 mm, due ammortizzatori regolabili, freno a disco anteriore da 260 mm e posteriore a tamburo da 160 mm, cerchi in lega da 18 pollici a 7 razze con pneumatici 2.50 davanti e 3.00 dietro. Il peso anche in questo caso era di soli 108 kg, la velocità massima di 120 orari e l’accelerazione sui 400 metri di poco più di 15 secondi.
Nel corso delle stagioni vennero modificati diversi dettagli come sella, codino, tappo del serbatoio con chiave, faro quadrato in sostituzione di quello tondo e forcella con predisposizione per il secondo freno a disco anteriore; si arricchì anche la gamma colori e negli anni seguenti si avvicendarono diverse versioni: Sport, quella di maggior successo, distinguibile dal cupolino, Elegant, la più turistica, con faro rettangolare, cerchi e rifiniture dorate, e Wild, una sorta di custom all’italiana con forcella più lunga e manubrio in stile ape hanger.
Uno dei motivi del suo successo fu oltre che nel prezzo, più contenuto rispetto alla tedesca (1.720.000 lire la LZ Sport del 1981 contro i 2.100.000 della KS), nella distribuzione sul territorio italiano, molto più capillare di quella della Zündapp, che aveva pochissimi concessionari. La cosa stabilì una sostanziale differenza tra le due moto, meccanicamente identiche: la tedesca era preferita, visto anche il prezzo maggiore, dai giovani benestanti, come i futuri “paninari” degli anni Ottanta, presso i quali divenne un vero e proprio status symbol al pari delle Timberland e del Moncler , mentre la Laverda era destinata a un pubblico più vasto ed eterogeneo. Paradossalmente oggi il suo prezzo è più o meno lo stesso di quello richiesto per una Zündapp, intorno ai 2000 euro, anche se è sicuramente più difficile trovare esemplari ben conservati tra gli oltre 20.000 prodotti.
Fra i difetti che divennero una caratteristica distintiva di questo modello c’era l’impianto di scarico molto lungo, con il terminale cromato che oltrepassava la ruota posteriore e che veniva regolarmente limato sull’asfalto dagli impennatori più incalliti. Inoltre quando si spegneva il motore si doveva sempre avere l’accortezza di chiudere il rubinetto del serbatoio, per non ritrovarsi il motore ingolfato di miscela. Nel 1981 la LZ 125 vide affiancarsi in listino anche la versione 50, che rimarrà in listino fino al 1984, un anno prima dell’uscita di produzione della LZ125, che verrà sostituita dalla LB. Purtroppo anche l’azienda Laverda condividerà, seppur molti anni più tardi, più o meno lo stesso destino della sua sorella tedesca.