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Pietro Caprara ci svela i segreti della 500 e della MotoGP

Vi proponiamo un’interessantissima intervista con Pietro Caprara, attuale Capo Tecnico del JiR Team Scot nel quale milita il nostro Andrea Dovizioso. Dal lontano 1996 Pietro è entrato in pianta stabile nell’universo del motomondiale, collaborando prima con Yamaha in 500 e MotoGP, poi con Aprilia, lavorando in 250 nel corso delle ultime tre stagioni. Grazie a


Vi proponiamo un’interessantissima intervista con Pietro Caprara, attuale Capo Tecnico del JiR Team Scot nel quale milita il nostro Andrea Dovizioso.

Dal lontano 1996 Pietro è entrato in pianta stabile nell’universo del motomondiale, collaborando prima con Yamaha in 500 e MotoGP, poi con Aprilia, lavorando in 250 nel corso delle ultime tre stagioni.

Grazie a lui faremo un salto nel passato, cercando di comprendere a fondo le differenze tra le vecchie, “ruspanti” 500 due tempi e le attuali MotoGP a quattro tempi, ma non solo. Approfondiremo argomenti come la ciclistica, l’influenza delle nuove mescole sulle prestazioni assolute e la sicurezza. Cominciamo con la prima domanda…

D: – Dopo la metà degli anni Settanta, le moto schierate nella Classe 500, adottarono tutte la soluzione del motore a 2 tempi, abbandonando il 4 tempi fino al 2001. Quali sono le caratteristiche e le differenze tecniche?
R: – “Le differenze tra le due tipologie costruttive hanno risvolti di ordine meccanico, ambientale, di guida della moto, di costi di costruzione e manutenzione. Meccanicamente il due tempi è un motore semplice; il pistone, con il suo moto alterno, apre e chiude le “luci” di aspirazione e scarico da cui entra ed esce la miscela di aria/benzina e olio. La lubrificazione della parte “bassa” del motore, biella e albero motore, è affidata alla miscela di carburante. L’alimentazione è di norma regolata da un carburatore che ha un funzionamento tipicamente meccanico comandato dalla depressione creata dal movimento del pistone. Il motore a quattro tempi è complesso e più pesante di un due tempi di equivalente cilindrata.
La parte alta del motore è composta dalla “testa” che raccoglie il gruppo della distribuzione composta dalle valvole di aspirazione e scarico, comandate dagli alberi a camme. L’alimentazione è a sola benzina tramite gli iniettori. La lubrificazione degli organi meccanici è affidata all’olio; questo può essere raccolto in un serbatoio ricavato nella parte bassa del motore detta “coppa” e individua un motore a carter “umido”, oppure è raccolto in un serbatoio esterno e individua un motore a carter secco”.

D: – Le differenze costruttive hanno delle conseguenze sulle operazioni di manutenzione e intervento dei meccanici ai box?
R: – “Certamente, la manutenzione e la revisione dei motori due tempi sono diverse dai quattro tempi. Sul due tempi sono possibili da effettuare completamente sui campi di gara data la natura costruttiva più semplice e storicamente, nelle corse, è sempre stata eseguita dai meccanici dei team, anche nelle strutture satellite.
Per i motori quattro tempi la manutenzione è complessa e nei moderni motori da competizione, a elevate prestazioni, è affidata esclusivamente ai tecnici della Casa madre, mentre i meccanici dei Team satellite sono delegati alle operazioni ordinarie che non comportano “l’apertura del motore”.

D: – Due tecnologie cosi diverse caratterizzano in modo sostanziale anche l’approccio alla guida dei piloti?
R: – “La peculiarità del motore due tempi, in linea di massima, è un erogazione della coppia motrice vuota ai bassi regimi e piena agli alti. Nelle 500GP il regime di coppia massima era molto vicino a quello di potenza massima, e si raggiungeva con una variazione di giri motore molto veloce. Invece nelle moderne MotoGP l’erogazione della coppia è più regolare e progressiva, e il range di giri sfruttabile e più ampio di quello delle due tempi. Per cercare di addolcire il carattere delle due tempi, si è intervenuto adottando le valvole allo scarico, lavorando elettronicamente sull’ anticipo di accensione al variare del numero di giri e dell’apertura del gas. Gli effetti sulla guida si ripercuotono in diverse fasi.
In percorrenza di curva le due tempi privilegiano la velocità e la scorrevolezza, con ingressi veloci favoriti dalla quasi assenza del freno motore e dal minor peso della moto, mentre le MotoGP richiedono delle traiettorie “spezzate”, composte da forti staccate, la moto piegata per il minore tempo possibile, e grandi accelerazioni in uscita di curva. Con le 500GP la fase di accelerazione era la più delicata, proprio a causa dell’erogazione della coppia violenta che, in caso di errore del pilota, poteva provocare la perdita di aderenza improvvisa del pneumatico posteriore e la successiva classica caduta per high-side. Le moto due tempi erano più selettive nei confronti dei piloti, perchè richiedevano una sensibilità nella gestione della guida e del comando dell’acceleratore che sulle quattro tempi è in larghissima parte compensato dalla gestione elettronica del motore e dal controllo di trazione. Quest’anno per esempio, gli esordienti nella MotoGP provenienti dalla classe 250 due tempi si sono adattati presto, raggiungendo da subito buoni risultati in gara, anche se và ricordato che si tratta di piloti che a loro volta hanno contribuito ad un incremento prestazionale nella classe che hanno appena lasciato.”

D: – Il 2002 è stato l’anno del debutto della moderna MotoGP con i motori a 4 tempi. Dubbi e perplessità subito “dissolte”. Quali sono le differenze che distinguono le due tecnologia dal punto di vista operativo nel box?
R: – “Trattandosi di una nuova “avventura” le incognite maggiori erano legate alla messa a punto della moto, che presentava una tecnologia motoristica sportivamente nuova, che esigeva anche un diverso metodo di lavoro. L’impegno delle Case si è profuso anche verso i Team Satellite che hanno, chi più chi meno, beneficiato del know-how tecnologico per l’assistenza e la formazione. Dal punto di vista operativo, nel box si lavoro in modo diverso; sulle quattro tempi si interviene su parametri che sulle due tempi erano meno presenti. L’esempio tipico è la gestione elettronica che sulle quattro tempi è fondamentale, mentre non si aprono più i motori, come si faceva sulle due tempi per intervenire sui cilindri e pistoni. I tecnici e i meccanici ora si concentrano molto di più sulla messa a punto ciclistica e sulle gomme.”

D: – Sembrerebbe che il lavoro ai box sia diminuito, e che tutto sia delegato agli specialisti dell’elettronica. È solo un’impressione?
R: – “Sicuramente non è vero che si lavora di meno, come apparentemente si potrebbe dedurre; sono cambiate le “aree” di lavoro e le competenze dei meccanici ma la competitività elevata delle moto, dei piloti che spesso sono “racchiusi” in un solo secondo spinge le attenzioni al massimo anche verso i minimi particolari, le finezze. Riuscire a guadagnare anche un solo centesimo può essere fondamentale se sommato ad altri centesimi che poi fanno raggiungere il decimo. Questo è sicuramente il bello della competizione che si svolge all’interno dei box.”

D: – Il passaggio dalle 1000cc alle 800 è stato un passaggio “dovuto”?
R: – “Con l’avvento delle 1000, che dapprima erano state accolte con le incognite legate alla competitività, si è assistito all’escalation vertiginosa delle prestazioni, che hanno portato a ridurre la cilindrata per arginare, in nome della sicurezza dei piloti, la potenza che rischiava di essere difficilmente gestibile. Ad oggi le prestazioni, guardando il cronometro, sono equiparate a quelle delle “prime” 1000, ma sono ottenute con il favore di migliori ciclistiche e di pneumatici, maggiori velocità di percorrenza, e l’intervento importante dell’elettronica. La sicurezza è un fattore a cui i Team, i piloti e Dorna danno sempre più maggiore attenzione.”

D: – Motore, gomme e sospensioni sono i tre parametri che devono essere equilibrati tra loro sulle esigenze dei piloti. Si può individuare una priorità tra questi elementi?
R: – “Sicuramente sospensioni e gomme ricoprono un ruolo fondamentale e devono lavorare in “accordo”; soprattutto in funzione delle prestazioni che hanno raggiunto oggi gli pneumatici, il set up della ciclistica è da mettere a punto con estrema attenzione. Non meno importante è il ruolo del motore, ma con l’avvento del quattro tempi la gestione elettronica è il fulcro per sfruttare al massimo le prestazioni, le gomme e la ciclistica.”

D: – Si sente spesso dire che non esiste la moto perfetta. Quanto il pilota deve adattarsi alla moto e quanto questo può influenzare i risultati?
R: – “Si, è vero. Non esiste una moto che non presenta aspetti migliorabili, ma si può raggiungere un ottimo compromesso finale che richiede uno sforzo enorme da parte del Team e dei tecnici. In generale si cerca di sviluppare una moto equilibrata, la cui base sia sfruttabile su tutti i circuiti. Per assurdo è meglio avere una moto meno “prestante” in assoluto ma sfruttabile su tutti i tracciati, che una moto che riesce a esprimere il 100% solo in determinate condizioni. Un pilota di talento è un elemento che si integra in questo quadro, e può essere in grado di sopperire a eventuali lacune o adattarsi al “carattere” della moto che nasce da precise scelte progettuali.”

D: – Durante le prove, negli ultimi venti minuti si scatena la frenesia delle gomme da qualifica. In un solo giro “secco” il pilota deve dare il massimo. Come cambia la preparazione della moto e come la guida del pilota?
R: – “La preparazione della moto non cambia, come si potrebbe pensare, per quanto riguarda l’assetto. Le tarature delle sospensioni individuate come base per la gara, eventualmente tendono ad essere parzialmente “irrigidite” per sfruttare le gomme da qualifica che garantiscono prestazioni incredibili per un solo giro, a volte un giro e mezzo. Invece è il pilota che tende a cambiare maggiormente lo stile di guida per sfruttare l’aumento di grip “sproporzionato” a quello delle gomme da gara. Facendo un equazione “grossolana” ma che rende bene l’idea di quanto sia il potenziale delle gomme da qualifica, se ad ogni curva si guadagnasse un solo decimo di secondo, in un circuito di 10 curve si arriva a girare un secondo più veloce!
Il pilota che riesce a sfruttare meglio questo vantaggio parte in pole… in teoria.”

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