UE 2035, stop ai motori? Crescono dubbi e pressioni politiche

L'UE valuta di permettere la vendita di nuove auto con motori a combustione dopo il 2035 se usano carburanti rinnovabili; industria e ambientalisti divisi.

UE 2035, stop ai motori? Crescono dubbi e pressioni politiche
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Massimo Schimperla
Pubblicato il 12 dic 2025

Il futuro della mobilità europea si trova a un bivio cruciale: mentre la spinta verso la decarbonizzazione accelera, le scelte strategiche sulla transizione automobilistica stanno diventando sempre più complesse. Oggi, meno del 20% delle nuove immatricolazioni nella UE riguarda veicoli a batteria, a causa di ostacoli concreti come l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica e i costi di acquisto ancora troppo elevati per la maggior parte dei consumatori. In questo scenario, la Commissione europea, insieme a diversi Stati membri, sta riconsiderando la decisione di eliminare definitivamente i motori a combustione entro il 2035, aprendo così la porta a una soluzione alternativa: la possibilità di mantenere in circolazione i veicoli tradizionali alimentati da carburanti rinnovabili come e-fuel e biofuel avanzati.

La pressione verso questa inversione di rotta non arriva solo dalle istituzioni, ma è il risultato di una convergenza di interessi tra industria automobilistica, sindacati e governi nazionali. Da un lato, le aziende temono un impatto devastante sull’occupazione, con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro nelle filiere tradizionali. Dall’altro, almeno sei Paesi membri della UE chiedono una maggiore flessibilità normativa, sottolineando come una transizione troppo rapida rischi di compromettere la sostenibilità economica e sociale del settore automotive europeo. L’obiettivo condiviso è quello di trovare un equilibrio tra le esigenze ambientali e la tutela dell’occupazione, senza compromettere la competitività industriale del continente.

Nonostante le potenzialità dei carburanti rinnovabili, le perplessità degli ambientalisti rimangono forti e ben motivate. La produzione su larga scala di e-fuel e biofuel avanzati è ancora caratterizzata da costi elevati e da un consumo energetico importante, che mette in discussione la reale efficacia di questi combustibili nel ridurre le emissioni di CO2. Un esempio emblematico arriva da BMW, che ha recentemente dimostrato come l’utilizzo dell’HVO100 – un olio vegetale idrogenato – possa ridurre le emissioni di CO2 del ciclo di vita fino al 90% rispetto al diesel convenzionale. Tuttavia, gli esperti sottolineano che questi risultati dipendono fortemente dalla provenienza delle materie prime e dalla scala produttiva, fattori che potrebbero limitare l’impatto reale dei biofuel avanzati su vasta scala.

Parallelamente, le auto elettriche continuano a rappresentare la soluzione più efficace in termini di riduzione dell’impatto climatico sull’intero ciclo di vita del veicolo, soprattutto in prospettiva futura. Man mano che le reti elettriche europee si decarbonizzano e la produzione di energia da fonti rinnovabili aumenta, il bilancio ambientale delle auto elettriche diventa sempre più favorevole. Resta però il nodo delle emissioni generate nella fase di produzione, in particolare per quanto riguarda le batterie, che richiedono grandi quantità di energia e materie prime spesso difficili da reperire e riciclare.

All’interno dell’Unione, i negoziati sono ancora in corso e riguardano questioni di primaria importanza: come certificare in modo trasparente e affidabile le emissioni effettive dei carburanti rinnovabili, quale contributo concreto questi ultimi possono offrire al raggiungimento degli obiettivi climatici nazionali, e come evitare effetti di rimbalzo che potrebbero vanificare i progressi ottenuti. C’è poi il tema della dipendenza da materie prime critiche, che riguarda sia la produzione di batterie per le auto elettriche sia quella di e-fuel e biofuel avanzati, spesso legata a filiere globali poco trasparenti e soggette a forti oscillazioni di prezzo.

La decisione finale che la UE dovrà prendere entro il 2035 non sarà semplice: si tratta di bilanciare l’ambizione degli impegni climatici con la necessità di salvaguardare il tessuto industriale e sociale del continente. La sfida è quella di costruire una transizione che sia davvero sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico e occupazionale. Solo una visione integrata e pragmatica potrà permettere all’Europa di mantenere la propria leadership nella mobilità del futuro, senza lasciare indietro nessuno.

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