Proposta FIM: stop alle Seat Winglet in MotoGP dal 2026
La FIM ha proposto il divieto delle seat winglet in MotoGP dal 2026 per ragioni di sicurezza; la MSMA deve approvare. Impatti su aerodinamica, costi e competitività.
Nel paddock della MotoGP si sta consumando uno scontro che mette a nudo una tensione fondamentale tra due esigenze apparentemente inconciliabili: la sicurezza dei piloti e la libertà di innovazione tecnica. La FIM, la Federazione Internazionale Motociclismo, ha presentato una proposta che potrebbe trasformare radicalmente il panorama regolamentare a partire dal 2026. Al centro della questione c’è un componente che, agli occhi di molti addetti ai lavori, rappresenta il perfetto simbolo di questa dicotomia: le seat winglet, quelle appendici laterali della sella che hanno caratterizzato l’evoluzione aerodinamica delle moto moderne.
La proposta della FIM mira a eliminare completamente queste strutture, accusate di aumentare significativamente il rischio di aggancio durante le cadute. Secondo le valutazioni tecniche derivate dai test condotti a Valencia, le seat winglet potrebbero trattenere il pilota alla moto durante uno scivolata, amplificando potenzialmente le conseguenze di un incidente. Una preoccupazione che, dal punto di vista della protezione dei centauri, risulta tutt’altro che peregrina. Tuttavia, la decisione finale non dipende dalla FIM: spetta alla MSMA, l’associazione dei costruttori, la quale dovrà esprimersi all’unanimità per rendere effettivo qualsiasi divieto.
A questo punto emerge il vero nodo della questione. I costruttori che hanno investito più massicciamente in questa soluzione aerodinamica si troverebbero di fronte a una sfida economica e tecnica non da poco. Aprilia, che ha ideato e sviluppato questa tecnologia sulla propria RS-GP, e Honda rappresentano i principali soggetti penalizzati. Per queste Case, un eventuale divieto comporterebbe una riprogettazione completa dell’aerodinamica, con costi considerevoli in termini di galleria del vento, sviluppo software e modifiche ai processi produttivi. Non si tratta di semplici ritocchi, ma di interventi radicali che inciderebbero pesantemente sui bilanci di sviluppo già impegnati.
Le specifiche tecniche della norma proposta sono studiate nei dettagli: la zona compresa tra 800 e 500 millimetri davanti alla linea verticale del bordo posteriore del pneumatico posteriore non potrebbe superare una sagoma rastremata di larghezza compresa tra 450 e 500 millimetri, con eccezioni limitate per componenti come pedane e copri-tubi di scarico. Numeri precisi che testimoniano quanto la FIM abbia già lavorato a fondo sulla questione.
Nel paddock, le opinioni si dividono nettamente. Chi sostiene questa iniziativa vede un’opportunità per standardizzare i criteri di sicurezza e proteggere in modo più efficace i piloti. Chi la contesta, invece, concentra l’attenzione sul salasso economico e sulla perdita di libertà progettuale. Non mancano nemmeno le interpretazioni politiche: secondo alcuni osservatori, dietro la mozione potrebbe celarsi una strategia competitiva volta a contenere i progressi tecnici di Aprilia, sebbene non esistano conferme ufficiali a riguardo.
Il percorso decisionale è ormai tracciato. Dopo l’approvazione della FIM, la responsabilità ricade interamente sulla MSMA. Un voto unanime renderà il divieto effettivo per il 2026; in caso contrario, rimarrà una semplice indicazione. Nel frattempo, i team continueranno a confrontarsi sulle implicazioni tecniche e finanziarie di una scelta destinata a rimanere al centro delle discussioni nelle prossime riunioni tecniche, alimentando un dibattito che sintetizza perfettamente le sfide della moderna competizione motociclistica.