Dakar, dominio KTM tra le sabbie peruviane
Il successo è andato all’australiano Toby Price davanti all’austriaco Matthias Walkner ed all’inglese Sam Sunderland, che fino all’ultimo hanno comunque reso la vita difficile al compagno di team.
Dopo dieci tappe ricche di colpi di scena, cadute e rotture meccaniche, la Dakar 2019 motociclistica incorona la squadra Red Bull KTM quale dominatrice assoluta con tre suoi piloti ai primi tre posti. Il successo è andato all’australiano Toby Price davanti all’austriaco Matthias Walkner ed all’inglese Sam Sunderland, che fino all’ultimo hanno comunque reso la vita difficile al compagno di team.
Va detto che i primi tre sono stati tutti sanzionati con penalità che però non hanno influito sulla classifica finale. Dopo le KTM si sono messe in mostra le Husqvarna ufficiali del team Rockstar Energy con il cileno Pablo Quintanilla in quarta posizione e migliore del gruppo dei sudamericani e l’americano Andrew Short quinto.
Le moto giapponesi, che un tempo erano dominatrici assolute del Raid con i vari Peterhansel, Roma e Despres, raccolgono ben poco a causa della mala sorte. La Yamaha puntava moltissimo su Van Beveren, ma il propulsore lo ha tradito quando ancora poteva dare un grosso dispiacere alle KTM.
Quanto alle Honda, hanno perso prima Paulo Goncalves per caduta e poi, nell’ottava tappa, Ricky Brabec per rottura del motore proprio quando era riuscito a portarsi al comando. La migliore Yamaha al traguardo è quella ufficiale del francese Xavier De Soultrait, che termina sesta. De Soultrait è anche il migliore rappresentante di una scuola francese che ha risentito negativamente del trasferimento della Dakar in Sudamerica, faticando a trovare nuovi talenti in grado di sostituire i campioni passati alle Auto o ritiratisi dalle scene.
Anche la Honda dopo i ritiri dei suoi big raggranella un bottino molto scarso con il settimo posto del cileno Jose Ignacio Cornejo Florimo. Davvero poco per un costruttore che un tempo era dominatore assoluto alla Dakar, arrivando anche a sviluppare un “mito” come la Africa Twin per sconfiggere le nostre Cagiva.
La KTM, oltre a monopolizzare la zona podio, raccoglie soddisfazioni anche con l’argentino Luciano Benavides che termina ottavo e soprattutto con l’iberica Laia Sanz che termina undicesima a brevissima distanza dal boliviano Daniel Nosiglia Jager.
Dopo molti anni dal passaggio di Jutta Kleinschmidt alle quattro ruote, una donna torna a regalare emozioni alla Dakar Motociclistica. Non ci si poteva aspettare molto dai nostri portacolori. I tempi dei vari De Petri, Orioli e Picco – quest’ultimo gettatosi corpo ed anima nel nuovo progetto Africa Eco Race, andato in scena negli stessi giorni della Dakar – sembrano lontani e la tragedia di Fabrizio Meoni ha contribuito ad accelerare il declino della nostra scuola, iniziato dopo il disimpegno dei nostri costruttori.
Il quattordicesimo posto di Maurizio Gerini su una Husqvarna della Solarys Racing in queste condizioni può risultare molto soddisfacente. Per trovare un altro italiano in classifica bisogna scendere addirittura al cinquantaquattresimo posto con Mirko Pavan; poi l’aretino Gabriele Minelli dopo molti problemi è riuscito ad agguantare il settantatreesimo posto con una KTM privata.
La corsa sudamericana è stata irta di difficoltà e tra coloro che hanno pagato dazio ai duri sterrati peruviani c’è stato il nostro Jacopo Cerutti caduto mentre inseguiva la Top 15 con la sua Husqvarna. Per fortuna danni solo alla motocicletta e Cerutti potrà gettarsi a capofitto nella rivincita per i prossimi raid. Sfortuna poi anche per Marco Miotto: la sua Beta non ha digerito la sabbia del fesh fesh costringendolo a fermarsi verso metà gara.
Ben più beffardo il ritiro del coraggioso Nicola Dutto. Il disabile piemontese al manubrio di una KTM 450 EXC-F -equipaggiata con uno speciale roll-bar a protezione degli arti inferiori- è stato escluso dopo la quarta tappa a causa di un clamoroso errore della Direzione Gara. Grande la delusione del centauro italiano che ha già annunciato di non volersi ripresentare al via della Dakar 2020. Un vero peccato…
di N.M.B.