Una moto elettrica a 6.721 metri: l’impresa estrema di Jiri Zak
Jiri Zak ha raggiunto 6721 m su Ojos del Salado con una Stark VARG EX. Dati GPS certificati e verifica Guinness World Records in corso.
Un sogno nato quasi per gioco, una sfida che sembrava impossibile: portare una moto elettrica dove nessun mezzo a combustione era mai riuscito ad arrivare. È questa la cornice che ha fatto da sfondo all’impresa compiuta da Jiri Zak, alpinista e motociclista estremo, che il 30 novembre 2025 ha scritto una nuova pagina nella storia dei motori raggiungendo la straordinaria quota di 6721 metri sul versante cileno dell’iconico Ojos del Salado. Un traguardo che non solo stabilisce un nuovo record altitudine per veicoli elettrici, ma rilancia il dibattito sulle potenzialità della mobilità a zero emissioni in ambienti estremi.
La scelta del mezzo non è stata casuale: Stark VARG EX, una moto di serie priva di modifiche radicali, è stata protagonista assoluta di questa impresa. Nessun potenziamento artificiale, nessun componente racing: solo la tecnologia standard di una moto progettata per offrire prestazioni elevate, messa alla prova là dove i motori tradizionali, soffocati dall’aria rarefatta, mostrano i loro limiti più evidenti. È qui che la propulsione elettrica ha dimostrato il suo valore, mantenendo un’erogazione di potenza costante e una trazione superiore anche nei passaggi più ostici del percorso.
L’ascesa verso la vetta del Ojos del Salado — il vulcano attivo più alto del pianeta, che con i suoi 6.893 metri rappresenta un autentico banco di prova per uomini e mezzi — è stata documentata con precisione grazie a sistemi di certificazione GPS. I dati della scalata sono ora al vaglio dei Guinness World Records per la necessaria ufficializzazione, ma già oggi la comunità motociclistica e quella dell’alpinismo estremo guardano con attenzione al risultato di Jiri Zak.
Il contesto ambientale in cui si è svolta la sfida è tra i più proibitivi al mondo: temperature costantemente sotto lo zero, raffiche di vento impietose, terreno instabile e, soprattutto, un’aria così rarefatta da rendere inefficaci i motori a combustione interna. In queste condizioni, la moto elettrica ha potuto contare su un vantaggio chiave: l’assenza di necessità di ossigeno per la combustione, permettendo al motore di mantenere la piena efficienza e garantire affidabilità anche laddove i mezzi tradizionali sono costretti a fermarsi.
La riuscita dell’operazione non è stata però frutto del solo coraggio o della tecnologia. Dietro il successo si cela una pianificazione quasi militare: monitoraggio continuo dei parametri vitali della moto — batteria, temperatura, elettronica — e gestione meticolosa delle batterie, notoriamente vulnerabili alle basse temperature. Il team di Jiri Zak ha adottato sistemi elettronici avanzati per evitare il rischio di degradazione energetica durante l’ascesa, pianificando punti di supporto strategici e predisponendo procedure di emergenza in ogni dettaglio.
Non sorprende, quindi, che la notizia abbia generato reazioni contrastanti all’interno del settore. Da un lato, l’impresa è vista come una dimostrazione tangibile delle potenzialità della propulsione elettrica anche negli scenari più estremi; dall’altro, alcuni osservatori sottolineano come il successo sia stato possibile solo grazie a un supporto altamente specializzato e a una preparazione che va ben oltre le condizioni standard d’uso di una moto elettrica.
Sul fronte del mercato, il risultato di Jiri Zak si trasforma in un potente strumento di comunicazione: il raggiungimento dei 6721 metri diventa simbolo delle nuove frontiere esplorabili grazie alla mobilità elettrica. Un traguardo che, se da una parte testimonia la solidità e la resistenza della tecnologia anche a temperature estreme, dall’altra riaccende la discussione su temi cruciali come l’autonomia reale, la gestione termica delle batterie e la necessità di infrastrutture di supporto in aree remote e inospitali.