La moto rivoluzionaria che arrivò troppo presto: il caso Cheney Cantilever

Il prototipo Cheney Cantilever, progettato da Eric Cheney, anticipò soluzioni di sospensione cantilever nel motocross, ma fu limitato dalla disponibilità dei componenti.

La moto rivoluzionaria che arrivò troppo presto: il caso Cheney Cantilever
M V
Massimiliano Vetrone
Pubblicato il 17 nov 2025

Nel panorama dell’ingegneria motociclistica degli anni Settanta, una vicenda emblematica racconta come l’intuizione tecnica possa talvolta anticipare troppo i tempi del mercato. È la storia del Cheney Cantilever, un progetto rivoluzionario che si affacciò sulle piste britanniche quando l’industria era ancora in cerca di una direzione, ma che si scontrò con la realtà di una filiera produttiva non ancora pronta a sostenerne la visione. Dietro questa creazione si cela la mente di Eric Cheney, un artigiano e progettista la cui fama resta indissolubilmente legata all’evoluzione del motocross britannico. Il suo prototipo, realizzato con il prestigioso tubo Reynolds 531, fu un’anticipazione delle tendenze che avrebbero segnato il futuro delle competizioni fuoristrada, pur restando un’opera incompiuta a causa delle limitazioni tecniche dell’epoca.

La spinta verso nuove soluzioni nel motocross britannico

All’inizio degli anni Settanta, il motocross britannico era attraversato da un fermento di innovazione. I costruttori erano impegnati nella ricerca di telai più leggeri, agili e capaci di offrire un’escursione delle sospensioni superiore rispetto agli standard precedenti. In questo contesto, Eric Cheney decise di osare, introducendo una soluzione cinematica senza precedenti: il telaio Cheney Cantilever adottava una cantilever sospensione con ammortizzatore disposto orizzontalmente, sfruttando in modo ottimale lo spazio disponibile e consentendo una corsa della ruota posteriore significativamente aumentata. Questa scelta non fu casuale: la selezione del tubo Reynolds 531, celebre per la sua combinazione di resistenza e leggerezza, sottolineava la serietà e l’ambizione del progetto.

Il limite imposto dalle componenti: un muro difficile da superare

Nonostante la brillantezza dell’idea, la realtà produttiva pose subito un freno. Gli ammortizzatori disponibili sul mercato non erano all’altezza della sfida: mancavano delle caratteristiche tecniche necessarie per lavorare efficacemente con la nuova cantilever sospensione. Ci vollero dai dodici ai diciotto mesi prima che i primi Girling shocks a olio e gas, capaci di gestire le sollecitazioni imposte dalla geometria del telaio, diventassero finalmente disponibili per l’aftermarket e la produzione. Nel frattempo, la maggiore escursione della ruota posteriore generava carichi inediti sulla trasmissione e sulle altre componenti meccaniche. Costruttori e preparatori si videro costretti a ideare soluzioni innovative, come tendicatena più sofisticati, guide e mozzi cush-drive, per attenuare i picchi di carico e garantire affidabilità.

Una lezione che attraversa il tempo

La vicenda del Cheney Cantilever è oggi un caso di studio, non solo per gli appassionati di tecnica motociclistica ma anche per chi si occupa di organizzazione industriale. Insegna infatti che l’innovazione, per quanto geniale, ha bisogno di un ecosistema pronto a sostenerla. La lungimiranza di un progettista come Eric Cheney non fu sufficiente: senza il supporto di fornitori capaci di sviluppare componenti all’altezza, anche la più brillante delle intuizioni rischia di restare confinata al ruolo di esperimento. Eppure, proprio per questo, il telaio Cheney Cantilever ha acquisito un valore simbolico straordinario. Sebbene la produzione sia rimasta limitata, il prototipo è oggi celebrato come espressione di quella cultura artigianale britannica che seppe anticipare gli sviluppi che l’industria avrebbe poi reso mainstream.

Gli storici e gli studiosi di design dei telai ancora oggi citano la storia del Cheney Cantilever come esempio di come la creatività individuale si debba misurare costantemente con i limiti – e le opportunità – di un’epoca. La lezione che ne deriva è chiara: l’innovazione meccanica non prospera in isolamento, ma richiede la collaborazione tra visione progettuale e capacità produttiva. Il contributo di Eric Cheney e della sua cantilever sospensione resta un punto di riferimento per chiunque si interroghi su come nascono, crescono e talvolta si infrangono le rivoluzioni tecnologiche nel mondo del motocross britannico.

Ti potrebbe interessare: