Home Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 16]

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 16]

Venite con me in Scozia, tra i paesaggi mozzafiato delle Highlands e dei Loch, in sella alla Suzuki V-Strom 1000 ABS, in un itinerario di 5700 km

Per una volta la sveglia se la prende un po’ più comoda del previsto . La strada che, da Saint Dizier ci porterà a Lione, passando per Digione, la conosciamo bene perché l’abbiamo percorsa svariate altre volte in passato e, meteo a parte, che peraltro oggi sembra essere clemente, non ci dovrebbero essere sorprese quanto a tempi di percorrenza.

Uscendo dall’albergo, quello trovato ieri sera in extremis e che ha la cassa automatica mediante la quale prenotare le camere ed ottenere le card per accedervi, scopriamo che è gestito interamente da personale cinese. Anche loro stanno preferendo la tecnologia all’uomo, nonostante i bassi costi di manodopera. Segno dei tempi…

digione2.jpg

Facciamo rifornimento di carburante e l’occasione è buona per pensare a come, in Francia così come nella maggior parte dell’Europa, la benzina è meno cara che in Italia. In particolare quella volgarmente detta “a 98 ottani“, presenta un differenza di costo esigua rispetto alla normale 95. All’ombra del tricolore questo tipo di carburante non esiste, mentre le varie miscele premium hanno prezzi da espianto di organi. Misteri italici…

La stazione di servizio è tra le innumerevoli che sono poste all’interno di un supermercato, sì, quella tipologia di distributori di cui, sempre in Italia, non si vuole permettere l’esistenza. Mentre pago, penso “chissà se, al rientro in Italia, troveremo come sempre la benzina parecchio meno cara di quando siamo partiti, perché tanto l’esodo vacanziero sarà già finito?”. Dopo aver realizzato che l’approssimarsi della fine della vacanza mi rende più acido e mi fa porre degli interrogativi dalla risposta scontata, mi metto in marcia , con i miei compagni di viaggio lungo la E17.

Durante il tragitto non posso non notare, per l’ennesima volta, quanto gli automobilisti francesi siano infinitamente più rispettosi, nei confronti dei motociclisti, rispetto agli italiani, al punto che in svariate occasioni ho temuto che la macchina davanti a me finisse fuori strada nel tentativo di lasciarmi passare.

lyon2.jpg

Prendendola con estremo relax, in meno di due ore e mezza siamo di nuovo nella capitale mondiale della senape e ne approfittiamo per fare un altro giro in centro, visto che tanto ci era piaciuto all’andata. Questa volta, oltre all’immancabile cattedrale, visitiamo anche un tempio del gusto. E’ un negozio dove si vende solo la celebre salsa e che due settimane fa aveva colpito la nostra attenzione in quanto, di notte, viene proiettato nel locale un ologramma di una persona intenta nella produzione artigianale della senape.

Dopo essere stato per alcuni istanti in venerazione davanti ad uno scaffale pieno di barattoli, ne acquistiamo la quantità necessaria a polverizzare l’esiguo spazio residuo presente nelle borse e nel bauletto, nei quali, da adesso in poi non entrerà più nemmeno uno spillo…

Ci rimettiamo in marcia sulla E15, che ci porta ad attraversare cittadine molto belle ed estremamente curate come Beaune, Chalon sur Saone e Macon, per arrivare, dopo altri 200 km scarsi a Lione.
Per una volta arriviamo a destinazione con il sole ancora alto e facciamo un giro in città, mentre tiriamo un bilancio di questo viaggio, più che positivo.

lyon4.jpg

Ci “svegliamo” da questo stato di trance oltre la solita “ora X”, quella in cui c’è trippa (ma anche foie gras, canard a l’orange e molto altro) per gatti (e per motard). Ritorniamo così in albergo per una doccia a velocità superpole e poi via corsa verso la Brasserie Georges, indicataci dalla reception come apparentemente l’unica che serve cibo in zona dopo le 21,30.

Il consiglio si rivela fortunatamente azzeccato. Satolli come otri, abbiamo ancora la forza, sulla strada del ritorno in albergo, di ammirare qualche scorcio della piacevole Lione by night! L’ultima notte si chiude con la bella vista del castello dalla finestra della camera. Buona notte!

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 15]

st-dizier

Appena suona la sveglia iniziamo a smantellare l’accampamento messo in piedi poche ore prima e ci apprestiamo a partire. Alla reception, per il check-out, la stessa madame Cerbero della sera prima. Vivrà qui? Non importa… salutiamo a denti stretti ed usciamo. Facciamo sosta in un ipermercato di ricambi auto-moto per prendere altro spray per catene, perchè con l’acqua che stiamo prendendo, va come il pane e puntiamo verso il centro del capoluogo della Piccardia.

Dopo aver visitato l’interno della cattedrale ripartiamo, percorrendo la scorrevole N1. Dopo 60 km, arriviamo sul sagrato di un’altra chiesa, incompiuta ma incredibile. E’ Saint Pierre a Beauvais, dove l’uomo ha più volte sfidato, perdendo, le leggi della fisica. Dopo aver costruito quella che è tutt’ora la navata gotica più alta del mondo (48.5 m, impressionante! ), si volle fare altrettanto con una torre di oltre 150 metri, costruita sulla crociera dell’edificio.

soisson7-st jean des vignes

Senza un adeguato sostegno alla base e complice la pressione del vento sulle vetrate di pareti così alte, questa crollò, minando in modo definitivo la già delicata staticità della costruzione, oggi pesantemente puntellata e con imponenti tiranti che la tengono letteralmente insieme, uno spettacolo nello spettacolo.

Si nota che sono di parte? Sì, perché il gigante ferito e mai terminato è la mia cattedrale preferita, dal momento che, in mezzo a mille difficoltà, è ancora in piedi, a lottare contro il tempo. E’ la mia preferita non solo per il record che detiene e per il fatto che l’uomo, con essa, ha cercato di spingersi oltre i limiti, ma anche perché a stare dalla parte dei migliori (Notre Dame a Parigi, Amiens, Chartres, Reims ecc) è troppo facile. 🙂

Lasciamo Beauvais percorrendo la E46 per un centinaio di km. Il cielo continua ad essere grigio, ma la temperatura, 25°C, è decisamente un’altra cosa rispetto ai 16-17°C di media che abbiamo trovato in UK. Abbiamo quasi caldo…

La strada è piatta e dritta, quindi abbastanza noiosa. Riprendo così ad analizzare mentalmente ciò che sto guidando da ormai quasi 6000 km e penso che, nonostante questa sua erogazione davvero “smooth”, anche se un filino meno “elettrica” rispetto a quella di un due in linea, in realtà, quando serve )o se si vuole), la V-Strom 1000 ABS spinge, ed anche abbastanza forte.

soisson7-st jean des vignes-chiostro

Mentre cerco, nella mia mente, di dare un senso compiuto al concetto, arriviamo a Soissons, anche questa una location già vista nel 2010, durante il giro della Francia, e che, al pari di Beauvais, è una sosta che rifaccio molto volentieri.

In questa apparentemente semi-sconosciuta cittadina di trentamila abitanti, che è in realtà uno dei centri più antichi di tutta la nazione, ci sono infatti, oltre ad un’altra cattedrale importante, realizzata con pietra che ingloba innumerevoli conchiglie preistoriche, i resti dell’abbazia gotica di St. Jean des Vignes.

Altre rovine direte voi, e la risposta è sì. Non so perché mi piaccia questa costruzione, ma so che a farlo sono, in particolare, le due imponenti torri (la maggiore è alta più di 80 metri), unico vessillo che ancora resiste all’incedere del tempo (la chiesa è stata smantellata nell’800 e le pietre usate per costruire il municipio), il quale ha già consumato gran parte delle decorazioni che le addobbavano.

Rese grigie dall’inquinamento e sinistre dal cielo plumbeo ma, ancora di più, dall’incuria del tempo, che dura ormai da oltre due secoli e che le sta lentamente minando (nel 2010 era possibile andarci sotto, zona adesso transennata per questioni di sicurezza) esercitano, almeno su di me, il classico fascino della costruzione abbandonata.

soisson2-cattedrale

La tentazione di scavalcare le transenne per salire su una delle due torri ed arrivare in cima, osservando “dal di dentro” quei giganti di pietra è fortissima, ma l’idea di sperimentare la giustizia transalpina non mi solletica neanche un po’ e così lascio il sito puntando, con i miei compagni di viaggio, verso Reims.

Nel regno dei produttori di champagne, la protagonista è nuovamente una cattedrale, con un’altra grande emozione provata ad essere davanti ad un ennesimo capolavoro dell’ingegno umano, specie pensando che si tratta di edifici costruiti oltre ottocento anni fa, anche se, sfortunatamente, una impalcatura ne oscura parte della facciata.

Non manca un divertente siparietto, con protagonisti noi ed una coppia di turisti italiani che, sentendoci parlare la loro stessa lingua, ma non comprendendo il motivo del nostro indossare i gilet ad alta visibilità, hanno pensato di chiederci se fossimo addetti alla manutenzione della cattedrale.

Dal momento che sono le 21, li guardiamo prima come le mucche osservavano il treno nel vecchio West, e poi gli spieghiamo che siamo semplici e banali motociclisti. La coppia se ne va, ma nemmeno troppo convinta…

Con il meteo che sembra essersi sistemato un po’, cogliamo poi l’occasione per fare anche un giretto in città e cenare. All’appello mancano però ancora i 110 chilometri di N44 ed N4 che ci separano da Saint Dizier, dove pernotteremo, o meglio, dove dovremmo pernottare.

Chiamiamo il B&B per avere informazioni sugli eventuali problemi nell’arrivare tardi ed anche in questo caso ci viene detto che non ci sono problemi. I problemi invece ci saranno perché, giunti a destinazione, troveremo tutto chiuso, senza possibilità di entrare e nessuno ci risponderà al numero di telefono della struttura.

Rimediamo però un’altra sistemazione in un albergo dove prenotazione, pagamento e rilascio della card di accesso alle stanze avviene tramite un terminale posto all’ingresso della struttura, guadagnando anche il parcheggio videosorvegliato. Non tutti i mali vengono per nuocere comunque, ed anche stanotte dormiremo con un tetto in muratura sopra le nostre teste… buona notte!

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 14 – parte 2]

amiens3.jpg

Sulle varie D245, D247, D206 ed N42, come da tradizione sulle strade transalpine, i chilometri si susseguono abbastanza veloci, ed il viaggio dura poco, anche perché sono meno di 50, quelli che separano Calais da Saint Omer, dove si trova l’abbazia gotica di St. Bertin.

Prima però, dal momento che lo spirito vuole la sua parte, ma il corpo non gli è da meno, il pranzo, in un locale tipico che si affaccia sulla piazza centrale. Il nostro motto, ”mai mangiare italiano” quando si è all’estero, viene rispettato anche questa volta.

st-omer-amiens.jpg

Dopo aver fatto razzia di dolci al cioccolato in una vicina pasticceria, mentre stiamo cercando di pigiarli in qualche modo tra il resto dei bagagli, la pioggia scozzese, per l’occasione trasferitasi nel Nord della Francia, ci fa sentire la sua umida e copiosa presenza.

Attendiamo di essere un minimo asciutti e ci dirigiamo verso l’abbazia, dove troviamo i resti dell’edificio, le cui pietre sono state usate 150 anni fa per costruire il municipio, mentre la torre, pesantemente colpita dai bombardamenti della II Guerra Mondiale, è crollata per la maggior parte nel 1947.

Uno scroscio d’acqua ci sorprende all’interno del perimetro della chiesa, oggi semplicemente un prato e ci fa avviare verso la cattedrale della città, che si rivela insospettabilmente interessante. Quella che ci porta a visitare parecchi luoghi di culto non è devozione oltre la media ma, semplicemente, il fatto che, tra i monumenti sparsi per il mondo, ci sono innumerevoli chiese, oltre a castelli, palazzi e musei, oltre agli scorci panoramici, che danno tutti ottimi motivi per essere visitati. Come? Non s’era capito che non sono uno da villaggio turistico? Bene, adesso lo sapete! 🙂

st-bertin2.jpg

Dopo una registrata alla catena della moto di Michele, che in questo viaggio (abbiamo percorso oltre 5000 km fino ad adesso) si sta avvicinando a grandi falcate al traguardo dei 100000 km, ci rimettiamo in marcia. La destinazione è Amiens, che raggiungiamo sotto un cielo costantemente minaccioso. L’attrazione principale è la cattedrale gotica, una delle più grandi del mondo ed è ottimamente conservata grazie al recente restauro.

La vediamo purtroppo solo da fuori, a causa dell’orario (chiude alle 19), riproponendoci di tornare domani mattina per visitarne l’interno, scattiamo qualche foto e facciamo un giro nelle zone adiacenti. I numerosi canali ed i locali che si affacciano, in particolare, su uno di essi, regalano una atmosfera in stile Copenhagen o Amsterdam (sebbene in formato ridotto), rendendo la città molto piacevole.

Ceniamo in una galetterie in centro dove, per la seconda volta in questa vacanza, mi dimentico che la Leffe Ruby è sì una birra rossa come piace a me, ma ha anche del succo di ciliegia dentro, come a me proprio non piace! Il fastidio è grande, condito dagli sguardi di disapprovazione di Michele, che mi ha seguito nella scelta. Gli amici, mai fidarsi…

st-omer_.jpg

Torniamo verso le moto, sistemate nel parcheggio dietro la cattedrale e vediamo che è appena iniziato lo spettacolo di luci che dona alla pietra della imponente chiesa i colori originali, scoperti durante i restauri del 1990.

Dopo quaranta minuti di proiezione trascorsi a bocca aperta e con naso all’insù per  ammirare il certosino lavoro di ricostruzione al computer effettuato e poi proiettato sulla facciata, ci incamminiamo verso l’albergo. Il tempo di salire in sella, mettere la seconda ed inizia a piovere.

Decido di non fermarmi per mettere l’antipioggia, dal momento che siamo a soli tre chilometri dalla meta, scelta che si rivelerà tremendamente errata, perché in pochi secondi inizia a venire giù acqua come se non ci fosse un domani, un oggi e nemmeno un ieri. Mi assumo le responsabilità della scelta, ma a bagnarsi sono stati anche i miei compagni di viaggio.

amiens1.jpg

Arriviamo a destinazione grondanti acqua da ogni millimetro quadrato, giusto in tempo per prendere possesso della stanza, in quanto sono le 23,30 e, nella struttura, la reception funziona solo fino a quell’ora (cosa che sul sito dove avevamo prenotato non era indicato). Dopo l’acquazzone, anche il cazziatone per essere arrivati in zona Cesarini. En plein…

La camera diventa in un lampo un accampamento di profughi dove viene steso tutto lo stendibile ed anche di più, accendendo entrambi i caloriferi presenti e generando un clima da bassa foresta amazzonica. Ci addormentiamo invocando divinità conosciute e non, affinché l’indomani il vestiario sia in condizioni migliori. La speranza è di trovarlo, l’indomani, in uno stato di “modestamente umido”, ma lo scetticismo è palpabile. Bonne nuit! 🙂

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 14 – parte 1]

dover-traghetto1.jpg

Con il traghetto a Dover alle 10.15, ma con l’obbligo di essere al check-in con almeno 45 minuti di anticipo, c’era poco da ridere, specie dovendo ancora caricare i bagagli sulle moto. Il buonumore è però arrivato (si per dire) nel momento in cui lo abbiamo fatto sotto l’acqua! Dicono che chi ben comincia, è a metà dell’opera. Mah…

Il porto inglese e le operazioni di imbarco in generale sono organizzate meglio di quanto non avvenga a Calais, ad eccezione del controllo effettuato dalla locale polizia portuale, che invita noi, come le vetture che ci precedono e seguono, ad entrare in un piccolo hangar.

dover-traghetto_prima_del_rientro3.jpg

Lì, un solerte agente ci mostra, su un paio di fogli plastificati, una nutrita serie di armi bianche più o meno convenzionali, da pittoreschi coltelli a serramanico e kriss malesi ad un machete, passando per dozzinali forbici e punteruoli vari, chiedendoci se qualcuno di essi fosse presente nei nostri bagagli.

Rispondiamo ovviamente di no, pensando a chi potrebbe essere quel pazzo che, pur essendo in possesso di un simile oggetto, lo dichiarerebbe. Per un attimo però poi penso, con il cuore in gola, che in realtà un arma ce l’abbiamo, molto più pericolosa dei “giocattoli” che ci hanno fatto vedere: la valigia degli indumenti sporchi!

Per (sua) fortuna, il poliziotto non ci chiede di aprirla e dice di andare, senza nemmeno utilizzare il metal detector che ha sulla scrivania, una leggerezza che, in barba alle norme anti-terrorismo ed a parte gli scherzi, potrebbe costare cara, in presenza di veri malintenzionati. Ma noi siamo totalmente innocui e, nei meandri di valigie, borse e bauletti, abbiamo solo qualche souvenir ed alcune birre introvabili in Italia, chiesteci da un paio di amici.

dover-traghetto_prima_del_rientro1.jpg

Un ultimo sguardo al castello che domina Dover, meta che un gabbiano appollaiato su un lampione sembra suggerirmi di segnare sulla lista delle cose da vedere alla prossima tornata in terra britannica e sbrigata la pratica check-in, ci ritroviamo ad attendere nella corsia di imbarco insieme ad altri motociclisti.

Arrivano da scandinavia, Svizzera, Regno Unito, Germania… non c’è nessuna “motona” ma, anzi, mezzi anche parecchio datati, pur se in perfetta efficienza, a dimostrazione che chi viaggia davvero mette la necessità di avere l’ultima novità in commercio in secondo piano rispetto ad altri aspetti.

Vengo avvicinato da Goran, il rider di un V-Strom 650 targato Norvegia, un serbo che vive da quindici anni a Bergen, ma che non si è ancora completamente integrato con i misurati modi di fare dei locali. Scambiamo un po’ di battute sulle rispettive moto e, dopo aver chiesto qual’era stato il nostro itinerario, mi racconta del giro appena compiuto nel Regno Unito, fatto salendo dalla costa Est e scendendo da quella Ovest, il contrario di quanto fatto da noi.

dover-castello.jpg

Mi confessa poi con evidente imbarazzo, che, nonostante faccia mediamente oltre 15 mila km all’anno in moto e viva in Norvegia, non è mai stato a Capo Nord! Dopo un breve momento di ilarità, l’attenzione di entrambi viene però catturata dall’arrivo di una Honda Deauville 650 guidata da un arzillo over 60 inglese che ha fissato, sul bauletto posteriore, una bicicletta!

Visibilmente soddisfatto, in tutta onestà ci dirà che non era sicuro di riuscirci, ma alla fine ce l’aveva fatta, alla faccia degli amici, anch’essi scettici. Mentre se ne va fischiettando verso le scale che portano ai ponti superiori, Goran ed io ci interroghiamo sull’effetto-vela che un simile “totem” può avere in caso di vento forte come quello che abbiamo incontrato in Scozia. Meglio non sapere…

Poco prima dello sbarco, durante l’attesa per la discesa nel garage dove sono parcheggiate le moto, facciamo anche la conoscenza di una coppia di svizzeri del Canton Ticino. Lei con un Honda CB500 e lui con un Transalp. Arrivano proprio da Capo Nord ed hanno seguito un itinerario che definire intrigante è poco: salita da Germania, Rep Ceca, Polonia, tre repubbliche Baltiche, traghetto verso la Finlandia, poi Norvegia, con la tratta Oslo-Frederickshavn (Danimarca) via nave, quindi Germania, Paesi Bassi, da Rotterdam nuovamente in traghetto, giro del Regno Unito, Francia e rotta verso casa.

dover-traghetto_prima_del_rientro2.jpg

Un mese di viaggio e circa 12 mila km in totale. Ho già la salivazione azzerata al solo pensiero, anche perché Nordkapp non è una destinazione qualsiasi, ma LA meta per eccellenza per chiunque turista su due ruote che vive in Europa (e non solo). Bravi!

Ci congediamo dai nostri compagni di traversata con una stretta di mano ed i classici degli auguri di buona strada, leggendo negli occhi di ognuno la stessa passione che anima noi, il “matto” incontrato sulla spiaggia di Cullen e che aveva le riviste di restauro nel bagagliaio dell’auto e James, con la sua Matchless del ’55.

Sbarchiamo a Calais. E’ tempo di tornare a guidare sulla destra e, la prima rotonda la affrontiamo in modo guardingo, salvo scoprire che gli automatismi scattano subito, esattamente come era avvenuto allo sbarco a Dover. Grazie al fatto che si ha sempre almeno mezza corsia a disposizione, in moto è decisamente più facile che in auto. Adesso siamo in Francia, quale sarà la nostra destinazione? Lo saprete tra non molto! 🙂

dover-traghetto2.jpg

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 13]

dover.jpg

Svegliarsi con le cosce arroventate da un satanasso di netbook che le ha scaldate per cinque ore non ha prezzo. Per tutto il resto c’è il sale in zucca ma, evidentemente, quando questo è stato distribuito, io ero a farmi un giro in moto!

A proposito di giri, la visita di York ci attende. Arrivati in centro ricordo le parole di uno dei ragazzi che gestiscono l’hotel dove ci siamo fermati a Manchester, che mi ripeté due volte “…please, visit York!”. Aveva ragione.

york3.jpg

Su tutto svetta la cattedrale gotica, una delle più grandi del Nord-Europa. Dopo la visita dell’interno, è impossibile farsi sfuggire l’occasione salire sulla torre centrale per dare un’occhiata dall’alto ad un insediamento urbano che ha la particolarità di avere la maggior parte degli edifici di altezza ridotta.

Questo permette di spaziare per molti chilometri in tutte le direzioni. Le salite sulla torre avvengono ad orari predefiniti, in modo da non causare il classico problema di avere due persone che si incrociamo su scale a chiocciola di poco più di un metro di diametro. La discesa invece, è libera, dal momento che l’intervallo tra una ascesa e l’altra è molto ampio.

Ma York non è solo St. Peter. Il centro storico è un brulicare di viuzze che, sebbene ormai decisamente plasmate ad uso e consumo dei numerosi turisti, conservano il loro fascino very British. Dalle mura all’intera old town, la città è un gioiello e, se si guarda con attenzione, si scorgono case del 15° secolo splendidamente conservate e scorci che trasudano atmosfera medievale da ogni poro.

york6.jpg

Monumentali le code di ingresso nei vari negozi e locali: le persone, ordinatamente ed autonomamente disposte in fila indiana, attendono pazientemente il loro turno, un concetto decisamente diverso rispetto al nostro. La non conoscenza di luoghi “raccomandati”(ma soprattutto l’aver dimenticato la guida Routard nel B&B) ci fanno imbattere in uno degli innumerevoli locali di ristoro un po’ troppo turistici, ma tant’è.

Mangiamo un piatto di fish&chips tutto sommato da dimenticare e torniamo a prendere i bagagli.
Sembra retorica, ma ci sono luoghi che si lasciano con la consapevolezza di non averli visitati al meglio. Uno di quelli in cui siamo stati in questo tour è certamente questa città e già la mente corre ad un possibile itinerario Liverpool-Leeds-York da fare in aereo in un week-end lungo.

I meccanismi sono ormai oliati e, dopo aver lubrificato la catena, si riesce anche a fissare ragno e corde elastiche allo stesso modo per un paio di volte consecutive. Quando la praticità prevale sulla fantasia… In marcia dunque, alla volta di Dover, ultima tappa in UK del nostro viaggio.

york10.jpg

Avendo lasciato York nel pomeriggio e con diverse centinaia di chilometri da percorrere, decidiamo di rivedere l’itinerario originale, evitando parte della costa Est, per restare nell’entroterra e rendere più lineare e breve il percorso, onde evitare l’arrivo a destinazione ad orari buoni solo più per gufi e civette.

L’idea si rivelerà ottima sulla carta, dal momento che “taglieremo” 200 km ma, pur percorrendo lunghi tratti sulla A1(M) ed A1, il traffico, una quantità immonda di cantieri stradali e deviazioni, oltre ad un meteo che ancora una volta non si smentisce, renderanno il tragitto decisamente movimentato, con svariate fermate al volo per indossare le antipioggia ed altrettante per toglierle onde evitare l’autocombustione a buriana passata.

La morale è che si arriverà a Dover (sotto la pioggia) oltre l’orario canonico in cui i locali inglesi danno cibo e, dopo esserci sistemati in un albergo dalla facciata abbastanza pomposa ma dal resto decisamente meno coinvolgente, troviamo rimedio alla nostra fame in un ristorante indiano. Pollo Tandoori e riso Basmati… più British di così!

york11.jpg

Il ritorno alla base sarebbe po’ mesto se il morale non fosse stato sollevato dalla decisione, presa a tavola, di allungare di un giorno rispetto al previsto, il viaggio. Questo per avere modo di vedere un po’ di città francesi lungo il tragitto, diluendo in 72 ore anziché 48 i quasi 1200 km che ci separano da casa. Domani traghetteremo verso Calais e si tornerà nell’Europa continentale. La nostra giornata si chiude con il rumore delle onde che si infrangono sulle bianche scogliere e ci cullano nella nostra ultima notte inglese. Good night! 🙂

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 12]

holy_island2-feat.jpg

All’alba del dodicesimo giorno, la british breakfast è ormai parte del nostro DNA e siamo ormai certi di dover fare, al rientro, almeno un paio di giri del pianeta di corsa per smaltire, ma restiamo fedeli alle tradizioni locali. Dipanata la consueta matassa di catene e chiavistelli che hanno protetto le moto dai malintenzionati, ci apprestiamo a levare le tende.

Le svariate manovre da fermo, necessarie per uscire dal cortile dell’albergo mi fanno focalizzare l’attenzione su uno dei pochi aspetti negativi della V-Strom 1000, in realtà legato alla mia statura, oltre che alla triangolazione sella-manubrio-pedane.

partenza_da_edimburgo.jpg

Queste ultime infatti, almeno per rider di media statura come il sottoscritto (sono circa 1,75), manovrando da fermo, puntano direttamente sui polpacci, costringendo ad allargare ulteriormente le gambe e diminuendo l’appoggio a terra. Nulla di trascendentale comunque, basta farci un minimo di abitudine e tutto fila liscio.

Lasciamo la splendida Edimburgo con molte ragioni in più per tornare in Scozia, la quale ci sta però per regalare la sua ultima perla. Percorrendo la A90 verso Ovest per meno di trenta di km, si incontra infatti Linlithgow, sconosciuta ai più, ma che cela una chicca: un palazzo reale.

Si tratta, a dirla tutta, di resti, o meglio, dello scheletro dell’imponente costruzione appartenuta ai sovrani di Scozia. Ormai conoscete il mio amore per queste cose ed immaginerete facilmente come io abbia speso un abbondante quanto di tempo a salire e scendere da torri e scale, visitando ogni stanza e corridoio.

linlithgow4.jpg

Al di là della fontana che si trova nel cortile principale non c’è nulla, all’interno, a livello di decorazioni, perché il palazzo è rimasto abbandonato a sé stesso per molti anni, prima di essere affidato ai Beni Culturali scozzesi ma, specie restando da soli ad ammirare gli spazi enormi di un salone, la suggestione può essere notevole.

Dopo il pranzo in un pub nel centro della cittadina, è tempo di salutare la patria degli highlander e, imboccando nuovamente la A90, questa volta verso Est e dopo la A720, evitiamo il traffico di Edimburgo, infilandoci direttamente A1 in direzione sud-est. L’obiettivo, su consiglio dell’amico Marco, ormai scozzese di adozione, è Lindisfarne, conosciuta anche come Holy Island.

Nota anche come la piccola Mont Saint Michel del Nord, è un’isola a ridosso della costa nei pressi del villaggio di Beal ed il cui accesso è regolato dalle maree. Una strada corre infatti a filo del fondale sabbioso e viene regolarmente sommersa al salire del livello delle acque, cosa che avviene due volte al giorno.

holy_island3.jpg

La fortuna ci assiste e giungiamo in zona quando manca mezz’ora al via libera. Un cartello informa i visitatori di tutti gli orari di alta e bassa marea. Se finite da quelle parti, buttateci un occhio, prima di avventurarvi nella traversata. Ci sono modi migliori di lavare la moto! 😉

In realtà non c’è nessun divieto che impedisce di percorrere la strada anche se c’è l’acqua. Lo si fa a proprio rischio e pericolo, cosa scritta chiaramente sulle indicazioni. Quasi terminato il deflusso, decidiamo di non attendere oltre e, ad un quarto d’ora dall’ok ufficiale, ci avviamo verso l’isola.

Il tutto avviene in totale sicurezza, ma il colpo d’occhio di essere su due ruote in mezzo all’acqua è decisamente suggestivo. In questo fazzoletto di terra, nel corso dei secoli si sono fuse, lasciando tracce evidenti, le culture cristiane medievali, celtiche e dei popoli del nord, a cominciare dai Vichinghi.

holy_island9.jpg

Oltre al castello, distante una mezz’ora di cammino dal villaggio, ma raggiungibile anche con una navetta, i resti dell’abbazia di Lindisfarne, circondati da un vecchio cimitero, fanno bella mostra di sé ad un passo dal mare. In tema di argomenti decisamente più ludici, se aveste fame, sappiate che la specialità del luogo sono i sandwich al granchio. Provateli!

Il ritorno, sulla strada che, nel frattempo, è divenuta una sottile striscia di terra a causa del progressivo ritirarsi del mare, grazie anche al sole ancora alto in un cielo terso, non è meno suggestivo dell’andata.

L’acqua che abbiamo evitato sull’asfalto, la prendiamo poi, con gli interessi, durante i 240 chilometri che ci separano da York. Il maltempo ci fa arrivare a destinazione, in piena tradizione, ad un’ora indecente. Per fortuna Mrs Juliette, la titolare del B&B è stata avvertita e ci accoglie a braccia aperte, anziché con un mattarello in mano.

Dopo il rituale dello scarico dei “camper” a due ruote, Morfeo attende i miei compagni di viaggio. Io provo a sistemare la miriade di foto di cui vedete una parte su queste pagine, ma finisco per crollare, sul letto ed appoggiato al muro, con il netbook in braccio. Almeno facesse le fusa come Sir William! Buonanotte 😀

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 11]

edimburgo13.jpg

La capitale della Scozia non è la spiaggia di Cullen. Qui le moto le rubano ed anche molto volentieri, al punto che il gestore dell’albergo ci consiglia di legarle, anche se se si trovano all’interno del cortile della struttura. Detto, fatto, ed al mattino ci ritroviamo ad aver a dover slegare catene e lucchetti a profusione.

Meno male che non piove, ma non lo diciamo troppo forte. Colazione e via, verso la Rosslyn Chapel, la chiesa divenuta famosa per le leggende legate ai templari (il cui ordine fu però sciolto un secolo e mezzo prima della costruzione dell’edificio) ed al Sacro Graal, oltre che per essere stata uno dei luoghi citati da Dan Brown nel suo romanzo “Il codice Da Vinci”.

rosslyn-chapel1.jpg

Vicinissima ad Edimburgo (13 km lungo la A702/A703/B7006), è una costruzione indubbiamente bella, anche se, osservandola da vicino, la pietra calcarea che la compone non è nemmeno troppo bene conservata. A costo di sembrare blasfemo però, più della colonna dell’Apprendista e del presunto codice scolpito sul soffitto della cappella, la guest star del luogo è Sir William.

Dopo un accurato giro dell’esterno e dell’interno, scorgo un enorme gattone nero con zampe e baffi bianchi, acciambellato su una panca della chiesa, incurante delle decine di persone che gli brulicano attorno e mi siedo a fianco. Una guida del luogo mi spiega che si chiama come il costruttore della chiesa (William Sinclair) perché la leggenda vuole che sia la sua reincarnazione.

sir_william.jpg

Da oltre dieci anni infatti, ogni mattina esce dal vicino villaggio di Roslin e va nella chiesa, per starci fino alla chiusura.Prima di lui, un altro gatto identico e prima ancora idem. Il sospetto che l’ufficio del turismo locale si doti di un felino con baffi bianchi e zampe bianche per dare corpo alla storia è grande, ma la seraficità di questo animale nel pandemonio del luogo ha dell’incredibile, contando che quasi ogni visitatore si ferma ad accarezzarlo.

Ci congediamo da Sir William e torniamo ad Edimburgo. Tessuta nuovamente la tela di catene e e lucchetti, ci muoviamo a piedi e con i mezzi tra il melting pot derivante dalla presenza del Festival Internazionale. La città vive, in Agosto, il suo massimo periodo di attività, con la popolazione che arriva a triplicarsi. L’affollamento è papabile, ma resta una meta estremamente godibile.

edimburgo1.jpg

Purtroppo il castello è già chiuso, ma raggiungiamo Calton Hill. Ci arriviamo dopo aver visitato la Old Town, percorso il Royal Mile, aver fatto una capatina nella cattedrale di St. Giles per poi giungere, rigorosamente a piedi, sulla collina sulla quale si trovano il Nelson ed il National Monument e dove si gode di una vista spettacolare sulla città.

Immancabile il passaggio di fronte al cimitero di Greyfriars ed alla statua di Bobby, cane che, per molti anni, rimase sulla tomba del padrone. La riproduzione dell’animale è, a quanto si dice, la più fotografata della Scozia. Il cielo è ancora ampiamente chiaro quando prendiamo un autobus a due piani per tornare in albergo, poi doccia e cena. Domani rotta su York.

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 10]

slains-castle2.jpg

Dopo due giorni trascorsi in piccoli centri, è tempo di tornare ad assaporare la vita di una città, in questo caso Edimburgo. La partenza da Rosehearthy è accompagnata da un sole caldo che ci invita a lasciare le tute antipioggia nel “soppalco” del bauletto. Per una volta faremo bene, ma lo sapremo solo dopo.

Ci incamminiamo verso Cruden Bay, non inizialmente prevista nell’itinerario, ma consigliataci da tre biker di Roma incontrati ad Inverness mentre salivano verso le Isole Orcadi. Inseguendo un famigerato castello che pare non esistere, chiediamo informazioni lungo la A90 e veniamo a conoscenza di un altro maniero, che si trova subito prima della baia.

slains-castle3.jpg

E’ il New Slains Castle, accessibile per mezzo di una strada sterrata che conduce direttamente sulla scogliera. L’occasione è buona per riprovare la V-Strom 1000 fuori dall’asfalto, in questo caso su fondo di ghiaia mista a sabbia. Impostandolo il TC sul livello massimo, si può, come sul bagnato, spalancare il gas con tranquillità e l’unica cosa che si avverte è l’accensione del LED corrispondente. Per il resto, nessuna scodata, retrotreno composto e via sereni.

La necessità di frenare a causa delle buche che si trovano sulla strada, con alcune di esse che sono mezzi crateri, consente di apprezzare quello che normalmente è un componente un po’ dimenticato, su una moto, il freno posteriore. Il disco da 260 mm della tourer di Hamamatsu, coadiuvato dall’ABS, è anche particolarmente efficace, a differenza di altri modelli dove, anche pestando violentemente sul pedale, non si ottiene un granché.

Qui, se si schiaccia forte, lui frena in modo decisamente avvertibile, un comportamento se vogliamo un po’ agli antipodi rispetto a quello dell’anteriore, che nell’esemplare in mio possesso, complice il carico, è risultato lievemente spugnoso, almeno nella prima parte della corsa della leva.

cruden_bay2.jpg

Le mie velleità da tester sono presto messe a tacere dalla vista delle rovine e della scogliera. In un attimo siamo all’interno di questa costruzione, che si rivela difficile da decifrare. In apparenza vecchia di secoli in alcune parti, visibilmente ricostruita di recente in altre, finisce per risultare visivamente una sorta di mix tra un castello medievale ed una caserma militare.

La recente tradizione vuole che questo luogo sia stato di ispirazione per Bram Stoker per il suo romanzo Dracula. Tra torri e scale a chiocciola dall’aspetto non certo solidissimo, locali sotterranei e finestre che si aprono a picco sul mare, il tutto privo di qualsiasi protezione, non vediamo alcunché di vampiresco. Terminiamo pertanto il giro e ripartiamo, non senza pensare allo spettacolo che si deve godere da qui quando il mare è agitato.

Arrivati a Cruden Bay, ci troviamo di fronte una baia con una spiaggia lunghissima, larga parecchie decine di metri e sormontata da dune di sabbia ricoperta dalla verde erba scozzese, segno che da queste parti no piove per nulla. Sì, il sole di oggi ci fa sentire dei miracolati! Sappiamo che non durerà, ma va bene così. Siamo in Scozia, d’altronde.

slains-castle12.jpg

Nonostante l’acqua sia sul freddino, ci sono stuoli di locali, anche bambini, che sono a mollo. Ricordando l’esperienza del bagno in Portogallo di alcuni anni fa, decido accuratamente di evitare, seguito dai miei compagni di viaggio. Si riparte.
Arrivati ad Edimburgo, sperimentiamo il caos della viabilità in un grande centro, cosa a cui non eravamo più abituati da giorni, ma raggiungiamo comunque con relativa facilità l’albergo, posizionato in un quartiere abbastanza centrale e ci lanciamo alla conquista del cibo.

Più tardi Marco, un amico di vecchia data che si è trasferito lì da due anni e mezzo, ci accompagna in un pub scozzese, dove non si può non bere una delle famose stout del luogo, e ci racconta un po’ di aneddoti sullo stile di vita del luogo e cosa significhi essere uno straniero da quelle parti, cosa che dalle sue parole sembra avere più lati positivi che negativi.

edimburgh.jpg

Ci congediamo da lui molto tempo dopo il suono della campanella che indica l’ultima birra o alcoolico che vengono serviti, normalmente verso le 22, e ci incamminiamo verso l’albergo. Lungo il tragitto, scorgiamo uno dei numerosi supermercati aperti fino a tardi (ci fossero anche in Italia) e ci assale la curiosità sul se lì whisky & C. continuino ad essere in vendita anche oltre certi orari.

La risposta è no. Sugli scaffali dei market, oltre una certa ora, vengono calati dei teli sia sulle bottiglie che sui pacchetti di sigarette. Non è un problema, per noi, già a posto con la birra e non fumatori. Diamo così una scorsa ai prodotti in vendita, comparandoli con quanto si trova nei nostri, di supermercati, usciamo e raggiungiamo la nostra meta. Domani faremo, per questioni logistiche, una puntata mattutina alla Rosslyn Chapel e poi si ripartirà con l’esplorazione di Edimburgo. ‘nite! 🙂

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 9]

cullen2.jpg

Questo è il diario del Day-9, ma è d’obbligo un passo indietro alla sera prima quando, dopo esserci sistemati in un B&B a Gardenstown (prenotato e pagato via Internet) e prima di cenare nel vicino albergo con pub-ristorante annesso, scopriamo che questo non dispone di POS per carte di credito/Bancomat.

Dave e Lynne, proprietari della struttura, per nulla preoccupati della cosa e del nostro essere fuori orario, ci esortano a sederci a tavola, dicendoci che il denaro per pagare avremmo potuto spedirlo, in una busta, all’indirizzo indicato dal biglietto da visita che ci danno! Riuscite ad immaginare la stessa scena in Italia? Io no.

macduff.jpg

A tutto questo aggiungete che il locale si trova in un villaggio di pescatori sulla costa, poche anime e poche strade, dove il tempo sembra essersi fermato, e capirete perché abbiamo deciso di restare ancora un giorno, utilizzando i dintorni come campo-base per visitare la zona circostante, ma anche per tornare lì la sera successiva, visto che cibo ed accoglienza sono stati più che ottimi, in modo da poter saldare il nostro debito.

Rivisto in parte il programma della giornata, partiamo alla volta di Elgin (meno di 90 km di distanza) percorrendo la B9031, una strada secondaria, non troppo larga, con molte variazioni altimetriche e parecchio curvilinea. In una parola? Goduriosa!
A Cullen però, folgorati dall’improvviso sole e cielo sereno, decidiamo di spiaggiarci per un’oretta. Durante le operazioni di parcheggio della moto, vengo avvicinato da un signore sulla cinquantina, il quale mi dice che non serve legare caschi e giubbotti alla moto, perché lì nessuno tocca nulla.

Poi apre il bagagliaio della sua macchina, parcheggiata a fianco delle moto ed inizia a tirare fuori riviste di moto d’epoca ed a parlarmi dei suoi mezzi. Oltre che biker, è un restauratore di due ruote storiche che vive lì. La successiva mezz’ora la passiamo a sfogliare giornali, a parlare di questo o quel modello.

cullen4.jpg

Ci salutiamo con una stretta di mano, entrambi con, negli occhi, la stessa passione che accomuna tutti noi. Motociclisti, strana e meravigliosa gente. Facciamo un giro in spiaggia, ci fermiamo un attimo, poi qualche foto e si riparte. Ad attenderci i 35 chilometri che ci separano da Elgin.

Impossibile non trovare i resti della maestosa cattedrale, che si vedono quasi da ogni punto di ingresso della città. Parcheggiamo le moto ed entriamo. Il colpo d’occhio è, almeno per me, da panico, pensando agli 800 anni di storia ed alla vita scorsa in questo luogo, oltre che al fascino della costruzione. Sono malato per queste cose, lo so.

Si può anche salire in cima ad una delle due torri, detto-fatto. La vista sul sito e sulla cittadina in generale, nella quale faremo un giro da lì a poco, ripaga della fatica per arrivare sulla sommità. In epoca non digitale avrei fulminato un paio di rullini solo lì sopra. W la tecnologia!

Riprendiamo le moto, che oggi saranno parzialmente a riposo, ed andiamo in centro. Elgin è quasi deserta. E’ domenica, e di aperto c’è poco o nulla. Nel frattempo il cielo si è richiuso ed un forte e gelido vento si è messo a spazzare la zona. Decidiamo di infilarci nell’unico locale aperto per riscaldarci un po’, ma non sarà una scelta indovinata.

cullen5.jpg

L’aria condizionata a palla che arriva, indipendentemente dal tavolo che si occupa, ci fa finire a velocità da ritiro della patente la consumazione, desiderosi di uscire per non congelare. Il vento, lo stesso che prima sembrava tagliare gli zigomi, adesso pare il Fohn! Un’occhiata all’orologio ed un pensiero a Dave e Lynne, che la sera prima ci hanno detto di arrivare puntuali alle 19 per la cena, ci suggeriscono che è tempo di rimetterci in cammino verso Gardenstown, dove arriviamo in perfetto orario.

Accolti come vecchi amici, replichiamo l’abbuffata della sera prima, con Lynne che, non dovendo più cucinare all’ultimo, si sfoga con le verdure annegate in cipolla e bacon, esattamente come ci aveva promesso ventiquattro ore fa, quando si era rammaricata di non aver avuto a disposizione gli ingredienti a sufficienza per fare un piatto “come diceva lei”.

Questa volta siamo preparati ed abbiamo le sterline. Dave, conosciuto esperto di scotch whisky e birre della zona, ci saluta con una stretta di mano ed un caloroso “See you soon, my friend”, mentre la sua compagna ci augura buon viaggio, dicendo che saremo sempre i benvenuti da quelle parti. Sono pronto a scommettere che rimarremo per sempre legati a Gardenstown ed ai suoi abitanti. E’ ormai abbondantemente buio, quando parcheggiamo le moto nella piazza di Rosehearthy. Doccia, letto e domani Edimburgo… zzz… zzz…

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 8]

john_og3.jpg

Con Alessandra che inizia a soffrire della sindrome del Bianconiglio e la solita colazione che potrebbe sfamare un branco di lupi, ci prepariamo ad arrivare su una delle punte estreme della Scozia. Il meteo è favorevole, riusciremo a non usare le tute antipioggia, oggi?

L’immancabile lubrificata alle catene, sia per i chilometri percorsi ogni giorno, che per la pioggia, è il preludio alla partenza. Pronti? Via! La A9 scorre veloce lungo la costa orientale, con numerosi villaggi che si susseguono, salendo e scendendo di diverse decine di metri e regalando la vista della Moray Firth, la baia sopra alla capitale delle Highland.

john_og8.jpg

I 14°C di temperatura mi solleticano l’idea di provare il riscaldamento delle manopole della moto, con palmi e polpastrelli che ringraziano, anche se dopo poco tempo devo abbassare il livello, onde evitare che si cuociano dentro i guanti. Tra paramani e grip heater si potrebbe andare fino a Capo Nord. A proposito, quando si va, da quelle parti? 🙂

Poco prima di Latheron, la strada punta decisamente nell’entroterra ed il paesaggio muta, dal momento che ci si viene a trovare su un altopiano. Di lì a poco si arriva a Thurso, il più importante centro della zona, dove ci fermiamo per una rapida visita.

Nella cittadina vanno segnalati la vecchia chiesa di St. Peter ed il castello, entrambi in rovina. Ogni sosta è buona, per Alessandra, per andare in caccia di souvenir. In un lampo si fionda in un negozio e ne esce con una borsa contenente un paio di pecore di peluche, portachiavi vari ed altro ancora, che mi fanno temere di dover usare un corriere per spedire parte dei bagagli o me stesso… ah no, io guido, ergo mi salvo… forse.

john_og2.jpg

L’idea di essere a pochi chilometri da una centrale atomica, quella di Dounreay, non mi entusiasma, ma da queste parti si fa anche largo uso dell’eolico e le 21 pale della Baillie wind farm ne sono un esempio, ma adesso la mente è fissa su John ‘o Groats, ormai in vista.

Chi pensa di trovare qui la stessa vita della animata Skagen, la punta estrema della Danimarca che visitai nel 2013, resterà deluso. Poche case, con le vie che convergono verso il porticciolo, al di sopra del quale dove ci sono alcuni locali e negozi ed un paio di gelaterie che pare siano famose in tutte le Highland. Null’altro. End to enders, recita il cartello. Più chiaro di così…

end_to_enders.jpg

Il fascino di questo luogo però è proprio quello di essere lontano dal caos e la poesia risiede sia nell’osservare il grigio del cielo che si fonde in quello delle nuvole nelle giornate uggiose, che nel guardare il profilo delle vicine Isole Orcadi (raggiungibili con 40 minuti di traghetto) quando le condizioni meteo sono solo un minimo favorevoli. Pranzo, foto di rito e si riparte.

I lunghi e deserti rettilinei che riportano verso la A9 invogliano ad alzare il ritmo. Decido allora di giocare con il trip computer per verificare nuovamente i consumi, adesso che con la V-Strom 1000 ci “conosciamo” da tremila km, adottando prima una guida un po’ allegra e poi una condotta votata al comfort del passeggero.

john_og9.jpg

Il responso è che “tiracchiando” si scende fino a 12-13 km/litro di media, che diventano circa 18 a 130 all’ora, mentre se si usa la schiena del V2 di Hamamatsu sulle strade statali, percorrendole a 90-100 all’ora, i chilometri con un litro di benzina possono anche essere 24-25. Questo, grazie ai 20 litri di capacità del serbatoio, si traduce in una autonomia superiore ai 400 km.

Il giro di oggi, una delle tappe più lunghe, di chilometri ne prevede però 535, cosa che, complice il meteo non proprio benevolo (ebbene sì, le antipioggia le abbiamo usate), ci fa arrivare “lunghi” a Gardenstown, la nuova meta.

Qui, a parte la sistemazione notturna già prenotata via Internet al mattino, riusciamo a mangiare, anche se fuori dagli orari standard del luogo, grazie a Lynne ed a Dave, che ci hanno fatto vivere la più bella esperienza umana di tutta la vacanza e non solo. Chi sono? Ve lo racconto domani, adesso mi attende la cena. Enjoy your meal! 🙂

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 7]

eilean-donan1.jpg

L’atmosfera da nobile casata decaduta dell’hotel di Inverness, con l’immancabile moquette ovunque e l’arredamento un po’ kitsch (ma d’altronde non c’era altro disponibile) non ci toglie, di prima mattina, l’entusiasmo per quella che si rivelerà una delle tappe più belle del viaggio.

Forti del fatto che rimarremo nella stessa location per due notti, svestiamo per una volta dell’assetto “autobus” la nostra Suzuki V-Strom 1000, lasciando borsa-serbatoio e valigie laterali in albergo ed adottando la configurazione con il solo bauletto posteriore.

neist2.jpg

La prima parte del percorso costeggia il Loch Ness, famoso per i presunti avvistamenti del mostro. La strada è molto bella e, in assenza di traffico, su due ruote dice la sua, a livello di piacere di guida.

Di Nessie nemmeno l’ombra, ma in compenso si fa vedere la pioggia, che ci fa desistere dall’idea di visitare le rovine del castello di Urquhart, che si trova sulle rive del lago.

Lo scroscio conferma quanto l’asfalto scozzese sia drenante, oltre ad offrire un grip sempre elevato anche in condizioni di bagnato estremo. Di certo è più aggressivo di quello a cui siamo abituati noi, ma i biker locali, in cambio di una maggiore usura delle gomme, possono senz’altro divertirsi, specie quando c’è il sole, cosa che ormai abbiamo capito essere evento raro.

eilean-donan3.jpg

Tra curve, saliscendi ed un traffico nemmeno così impossibile, si arriva ad Eilean Donan. Il castello omonimo, dove sono state girate alcun scene di “Highlander, l’ultimo immortale”, è parte di uno scorcio spettacolare, davvero da pellicola cinematografica.

Dopo una visita ed il pranzo, si riparte in direzione Skye. La relativa clemenza del meteo permette all’asfalto di asciugarsi e la bellezza delle strade scozzesi consente di osare un po’ di più, senza però mai esagerare però. Da quelle parti infatti, le speed camera evidentemente le regalano, visto che sono ovunque e, udite-udite… fotografano anche il lato B dei veicoli, per cui vietato fare i furbi!

L’aumento del ritmo mette in luce le caratteristiche dinamiche della V-Strom 1000, anche se il top sarebbe stato caricare un po’ le sospensioni anteriori, un pelo morbide per gli stop&go in due a cui obbliga l’unica via per arrivare a Skye.

neist1.jpg

Durante il tragitto si ritrovano i paesaggi delle Highland che si è soliti ammirare nelle foto su Internet o sulle cartoline (a proposito, qualcuno le usa ancora, vero Alessandra?), con spazi verdi, montagne brulle alternate ad altre coperte di conifere ed un cielo costantemente plumbeo che, ad intervalli regolari, non manca di benedirci dall’alto. Qualcuno gli può dire che non siamo vegetali da far crescere?

Il panorama di cui si gode all’arrivo a Neist Point ripaga ampiamente del supplizio di aver affrontato gli ultimi chilometri di strada ad una sola carreggiata. E quando due auto si incontrano? Niente paura. Ogni duecento metri o giù di lì c’è una piazzola, dove uno dei due veicoli può sostare per far passare l’altro. Scottish tradition…

Lasciamo le moto per scarpinare fino al faro. Mezz’ora di sentiero e scalini, che attraversano una valle, risalgono sul costone della scogliera e si aprono poi in una vista spettacolare sulla costruzione e sulla baia con, in lontananza, una cascata che dalla terraferma si getta in mare dopo un salto di diverse decine di metri.

neist5.jpg

Anche in questo posto che sembra dimenticato da Dio e dagli uomini, non mancano le pecore. Loro ci sono, sempre e comunque, e brucano in qualsiasi condizione e luogo, passandovi ad un metro di distanza, guardinghe, ma non troppo preoccupate dalla vostra presenza.

Nel frattempo il cielo si richiude e minaccia la pioggia che beccheremo di lì a poco. Prepariamo spiritualmente muscoli e polmoni alla camminata del ritorno, l quale non sarebbe nulla, se non fossimo bardati da viaggio perché fa abbastanza fresco da lasciare le giacche sulla moto. A completare il quadretto da perfetto trekker, gli stivali. Here we go!

Arrivati al parcheggio si riparte, percorrendo in senso inverso la strada dell’andata, con l’aggiunta di una sosta per cena in un ristorante (più avanti vi dirò quale), con vista su un Loch, dove troviamo quattro biker olandesi in vacanza da quelle parti.

skye9.jpg

Dopo aver messo a rischio le scorte di salmone e mackerel del locale, leviamo le tende. L’idea di cenare on the road si rivelerà vincente, perché arriveremo ad Inverness ad un’ora inv-ereconda e, da quelle parti, dopo le 21-21,30 niente più cena. La mia mente prova a viaggiare verso la tappa di domani, che ci condurrà in cima alla Scozia, ma Morfeo mi porta via. Good night. 🙂

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 6]

inverness5.jpg

Ogni mattina la stessa scena… sveglia che suona alle 7, Alessandra che si gira dall’altra parte, io che provo a scrivere le righe che state leggendo e Michele che, diligentemente, prepara i suoi bagagli in vista della partenza. La mattina a Glasgow non fa eccezione.

Durante “el ritual” mattutino dell’ingrassaggio della catena, con le due moto una a fianco dell’altra, noto come la V-Strom 1000 ABS my 14 che guido io  le pedane passeggero più basse ed arretrate che non la 650 my07 di Michele, cosa che, in teoria, la dovrebbe rendere un po’ meno confortevole della sorella minore.

blair-castle2.jpg

Alessandra però, memore del viaggio in Turchia dell’anno scorso con la Yamaha MT-07, trova la moto comoda, ergo è tutto ok. Quanto a me, l’altezza (circa 1,75m) e la triangolazione sella-manubrio-pedane, fanno sì che queste ultime, durante le manovre da fermo, vengano a trovarsi a puntare sui polpacci, aspetto che complica un po’ alcune operazioni, ma è sufficiente prenderci la mano.

Elucubrazioni motociclistiche a parte, dopo esserci rifocillati, si riparte puntando ancora una volta verso Nord. L’aria è, manco a dirlo, frizzante, mentre la strada offre grandi scorci di montagne ricoperte di prati e conifere che più non si può, oltre ad essere è un inno al piacere di guida, interrotto solo dai cantieri, sempre numerosi.

L’arrivo ai piedi dei monti Grampiani ci da l’opportunità di una visita al castello di Blair, i cui muri bianchi contrastano con il verde dell’enorme parco che circonda il castello, nel quale ovviamente ovviamente non rinunciamo a fare due passi, prima di riprendere la marcia.

inverness4.jpg

Complici i numerosi eventi che ci sono in estate nel nord della Scozia, a cui si aggiungono i tradizionali Highland Games, troviamo posto unicamente in un hotel decisamente caro, ma che ricorda solo i fasti del suo tempo passato, quasi come una nobile famiglia decaduta, ma tant’è. Se doveste venire in estate da queste parti, il suggerimento è di prenotare con ampio anticipo.

Il tempo, al solito tiranno, fa sì che si arrivi in città dopo le 20, ma riusciamo fortunatamente a trovare un locale tipico, dove placare i brontolii dello stomaco. Nel dopocena, un giro sul lungofiume, sulle sponde del Ness, quello del celebre Loch, ed al castello, fanno apprezzare la “capitale” delle Highland.

Il cielo non è ancora completamente buio, anche se la mezzanotte è passata da un po’, ma l’inquinamento luminoso non c’entra. E’ la potenza della maggiore latitudine rispetto all’Italia, che però nulla può contro la nostra stanchezza. Domani ci attende l’Isola di Skye.

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day-5]

glasgow3.jpg

La colazione scozzese, con uova, bacon, funghi, fagioli, black pudding, salsiccia e, per curare la linea, pane integrale tostato e pomodoro, è un qualcosa che forse in molti non servirebbero nemmeno al proprio peggior nemico, ma vi assicuro che il tutto ha il suo perché, specie in previsione di un pasto frugale a pranzo come fanno i local, abitudine a cui facciamo subito la mano… o quasi.

Manchester, città ex-industriale dove le BMW i8 sono parcheggiate a pioggia ai lati delle strade, ci serve solo come appoggio e la mattina ripartiamo in direzione Glasgow, che dista circa 350 chilometri, una percorrenza giornaliera che si sta rivelando ideale, vista la relativa lentezza del traffico britannico, ma soprattutto grazie al fatto che Giove Pluvio ci mette del suo, innaffiandoci ogni giorno ma, d’altronde, siamo in Scozia e non nel deserto di Atacama.

glasgow4.jpg

Mentre viaggio, con il motore della V-Strom 1000 che ronfa sornione a regimi che mi permettono di percorrere, pur se carico come un pullman, circa 20 km con un litro, penso al fatto che il guidare a sinistra, almeno in moto, riesca più naturale di quello che avrei detto, facilitato dai guidatori anglosassoni, che non mancano di dare precedenze, non tagliano la strada ed utilizzano (SEMPRE) gli indicatori di direzione, contribuendo a far percepire come “più sicuro” rispetto all’Italia il viaggiare, specie su due ruote.

Mentre ci addentriamo sempre più in territorio scozzese, apprezzo il buonsenso che le autorità locali hanno avuto nello stabilire i limiti di velocità, croce (molta) e delizia (molta poca) del nostro Paese.

Sulle strade extraurbane si può viaggiare a 50 ed anche a 60 miglia orarie (80 e 96 km/h) per lunghi tratti, niente a che vedere con le assurde riduzioni a 50 (chilometri) all’ora che si trovano da noi, magari su un rettilineo interminabile e poste per chissà quale motivo da amministrazioni locali che hanno probabilmente qualche personaggio Disney come responsabile della viabilità.

Tra verde a perdita d’occhio, arriviamo a Glasgow. La più grande città della Scozia si presenta, sotto un immancabile cielo plumbeo, con una infinità di chiese che sono state convertite in locali. Il tempo di sistemarsi in camera e poi iniziamo a girare la città, molto godibile e servita da una metropolitana che, per le ridotte dimensioni, ricorda il bruco-mela dei luna park.

Non è ancora mezzanotte, ma la ridotta vita notturna locale, specie nei giorni infrasettimanali, ci convince a scegliere la via del riposo anziché quella alcoolica del pellegrinaggio da un pub all’altro, anche perché tra qualche ora si parte per le Highland… quelle vere.
Have a nice night. 🙂

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 4]

glastonbury5.jpg

La tranquilla Shepton Mallet è ancora parecchio sonnacchiosa quando, dopo aver fatto colazione ed aver parlato di moto con James, il proprietario del B&B dove abbiamo soggiornato e della splendida Matchless del 1955 parcheggiata in cortile, leviamo le tende in direzione Glastonbury.

La ormai solita pioggerellina “very British” ed il traffico intenso causano una marcia lenta e con molto stop&go, ma il buon grip offerto dalla strada rende inutile l’aver attivato il traction control della nostra Suzuki V-Strom, operazione fatta più per curiosità che per reale bisogno. Pur se settato al livello 2 e con la strada bagnata, entra infatti in funzione solo spalancando quasi selvaggiamente il gas, dimostrandosi assai poco invasivo.

glastonbury2.jpg

La prima meta di oggi è il Tor, il campanile della chiesa di San Michele che sorge sulla collina vicino a Glastonbury e che la mitologia vuole legato a re Artù. Ascesa rapida, tra prati verdissimi ed innumerevoli pecore e panorama mozzafiato sono gli elementi distintivi di questo luogo, che evoca epoche remote quanto affascinanti.

Qualche foto di rito e si torna in strada, ma per poco. I resti dell’abbazia, con la vagonata di storia e leggenda che aleggia attorno, non ultimo quello della tomba dello stesso re Artù, ci attende.

La visita al sito ne vale la pena, almeno per chi è appassionato del genere e, volendo, c’è modo di fare un pic-nic o regalarsi un po’ di relax leggendo un libro su una delle numerosa panchine che ci sono all’interno del parco.

broadway-tower3.jpg

Noi optiamo per una meno poetica area di servizio sulla M5, che però si rivelerà una piacevolissima sorpresa. Si tratta di una struttura a basso impatto ambientale dotata, tra le altre cose, di servizi igienici per intere famiglie diversamente abili, oltre che di docce, nursery e stanze per fasciare i neonati, oltre ad un menù gluten-free che si rivela particolarmente gradito ad Alessandra.

Lasciata la strada principale, imbocchiamo la B4632, in salita e ricca di curve che rendono il percorso ancora più interessante. Arriviamo alla Broadway Tower oltre l’orario di chiusura (le 17) ma, anche se non possiamo entrare nell’edificio e nel vicino bunker antiatomico, l’ingresso fin sotto la costruzione è libero ed ovviamente non ci facciamo sfuggire l’occasione.

Le strade inglesi secondarie sono decisamente poco scorrevoli ed il ritardo accumulato nei trasferimenti ci fa arrivare a Manchester troppo tardi per trovare qualcosa di tipically British con la cucina ancora aperta.

D’obbligo l’accontentarsi di un ristorante cinese, perché allo stomaco non si comanda, ma alla pint di birra nel dopocena non rinunciamo ed andiamo a dormire felici.

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 3]

bodiam

Sveglia alle sette anche in vacanza? Si, e rimettete i grugniti nel cassetto, perché il Regno Unito ci attende. Lo stupore per lo splendido hotel de ville di Calais passa però inevitabilmente in secondo piano quando il pensiero vola al fatto che, da lì a un’ora, tanto dura la traversata della Manica, mi troverò… a guidare contromano!

Passati indenni nel dedalo dei viali di accesso all’imbarco nel porto francese, veniamo sistemati nella Lane 19, in attesa di salire sul traghetto. Rapidissime le operazioni di carico e di ancoraggio della moto e dopo pochi minuti si parte.

on-the-road

Giusto il tempo di fare due foto alle scogliere di Dover che si avvicinano ed è ora di tornare nel garage per riprendere la nostra V-Strom 1000 e mettersi in marcia.

L’impatto con la guida a sinistra si rivela per nulla traumatico, nonostante la massiccia presenza di rotonde. Da oscar la correttezza degli automobilisti anglosassoni, per i quali il dare la precedenza, utilizzare gli indicatori di direzione e far passare agevolmente le moto quando si è in coda sono comportamenti normali, molto più che in Italia.

Il traffico, sulle strade inglesi, che non siano superstrade, è molto sostenuto e non consente medie elevate come in Francia, con il tutto peggiorato da una incredibile quantità di lavori in corso per la realizzazione di nuove opere e l’ampliamento di quelle esistenti.

Usciti dal porto di Dover imbocchiamo la A20 in direzione Ovest e puntiamo verso il castello di Bodiam, nei pressi di Robertsbridge, non prima di aver appreso che la benzina, nei territori di Elisabetta II, costa circa 1,15 sterline al litro, poco meno di 1,65 €, all’incirca come in Italia.

calais-3

D’obbligo la visita ai resti del maniero, che presenta la curiosa particolarità di avere otto torri e la sosta nel pub a fianco dove, con fish and chips ed una birra, entriamo in contatto con la cucina del luogo. Occhio a non esagerare con l’alcool perché, anche se il tasso consentito è di 0,80 grammi/litro contro gli 0,50 dell’Italia, chi lo supera rischia grosso.

Riprendiamo caschi, moto e la marcia verso Est, in direzione Stonehenge, dove arriviamo nel secondo pomeriggio, un attimo dopo che il sole scompaia dietro a delle nuvole all’orizzonte. Peccato, perché sarebbe stato un scatto da Pulitzer per la fotografia.

La magia di uno dei luoghi più famosi al mondo è interrotta solo dal belato delle infinite pecore al pascolo lì attorno e dal pensiero di dover ritornare in strada per fare le 35 miglia che ci separano da Shepton Mallet, dove si trova il B&B che abbiamo prenotato il giorno prima via Internet come facciamo sempre.

Raggiungiamo la meta quando è già quasi buio e solo la disponibilità della proprietaria della struttura ci salva da una dieta forzata. Mi ero dimenticato che pub e locali vari, dopo le 21,30-22 non servono più cibo, ma me ne ricorderò per il futuro.

Nel frattempo è passata da un bel po’ la mezzanotte ed è tempo di chiudere le trasmissioni. A domani!

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno [Day 2]

francia1.jpg

Eccomi! Organizzata la logistica del cronista su due ruote, da qui inizia la descrizione del viaggio. L’inizio non è stato dei migliori, con pioggia su gran parte del primo tratto (550 km tra Asti e Digione), con un divertente (si fa per dire) intermezzo di freddo e nebbia salendo sul Moncenisio, dove le manopole riscaldate della moto hanno avuto il loro perché.

Le condizioni meteo hanno rallentato la marcia ed impedito di godere degli splendidi panorami che le Alpi sanno offrire. Sosta a Lione, perché anche lo stomaco vuole la sua parte e poi via, in direzione della capitale mondiale della senape.

img_6748.jpg

Anche grazie alle strade francesi, che consentono di percorrere chilometri a medie adeguate (pur se al riparo da problemi con le FdO locali) pur non facendo autostrada, la nostra Suzuki V-Strom 1000 ABS si è dimostrata una viaggiatrice abbastanza parca, con una media superiore ai 18 km/litro.

Digione, la destinazione fissata per la prima tappa, è una città con un centro storico interessante, che di notte assume un fascino ancora maggiore. Molti i locali tipici, meglio se non turistici (i miei preferiti), dove spendere un po’ di tempo per la cena o il dopo cena, anche se è bene non esagerare, perché se ci si deve mettere in viaggio, come nel nostro caso, la sveglia al mattino suona presto.

Driiiiinnn!!! Ecco… non avevo ancora finito di dirlo. Dopo una rapida colazione (ormai penserete che noi si mangi sempre ed in parte… avete ragione!), è tempo di caricare i bagagli sulle moto, ingrassare le catene e rimettersi in viaggio.

francia5.jpg

La strada che esce da Digione e va a Nord, in direzione Reims, è uno spettacolo. Larga, con molti saliscendi e curvoni veloci che, subito-subito, fanno immaginare di trovarsi sul circuito di Portimao, ma lo sguardo che corre alla borsa serbatoio e la dinamica di una moto decisamente carica e con il passeggero, spengono rapidamente certe velleità.

Meteo per fortuna clemente e percorso (570 chilometri, per la seconda tappa) che scorre via regolare, interrotto solo dalla sosta per il pranzo a Laon, una città medievale posta su uno spuntone di roccia nel mezzo del piatto più totale e che ospita una cattedrale gotica spettacolare e dalle fermate rifornirci di carburante che, sfruttando l’autonomia della moto, avvengono ogni 360-370 km.

Nel secondo pomeriggio, con la strada divenuta più piatta e noiosa, si avvistano le sagome dei palazzi di Calais. Troviamo posto in un albergo a cinque minuti di strada dall’imbarco per Dover, che ne richiederà però altri quindici per districarsi dal labirinto interno di strade, ma questa è un’altra storia.

Nel frattempo, è scesa la notte, la nostra fame è un lontano ricordo, pur se non senza difficoltà a trovare un locale disposto a darci da mangiare alle 22. Le moto sono parcheggiate e la stanchezza inizia a montare a nastro. Buonanotte ed a domani, in diretta o quasi, all’ombra della Union Jack! 😉

Suzuki V-Strom 1000 ABS: Italia-Scozia e ritorno

eilean_donan.jpg

Dopo Francia, gran parte dell’Est Europa (fatto in tre diversi tour), poi Germania-Danimarca-Svezia ed infine repubbliche ex jugoslave-Grecia-Turchia, quest’anno va di moda il Nord. E’ stato sufficiente rispolverare uno degli itinerari preparati da tempo nelle noiose giornate invernali ed il progetto Italia-Scozia e ritorno è diventato realtà.

Sedici giorni di itinerario con, come meta, qualche location turistica e molte che turistiche non lo saranno per nulla. Due le giornate di riposo. Protagonisti: la moto, la strada, i luoghi e le persone, quelle che il viaggio lo fanno e quelle che si incontrano lungo i 5700 km del percorso.

20150729_204002.jpg

Sarà anche l’occasione per saggiare a fondo la vocazione “tourer” della Suzuki V-Strom 1000 ABS, che mi porterà, tra le altre mete, a Stonehenge, Glastonbury, ma soprattutto tra i Loch, nelle Lowlands e nelle Highlands scozzesi.

itinerario.jpg

Mi attendo paesaggi incontaminati ed alcune location da brivido a fare da cornice ideale per staccare la spina, anche se quella con la Rete resterà connessa, dal momento che cercherò di fareuna sorta di live quotidiano del giro, ovviamente qui su Motoblog. 😉

Ultime notizie su Suzuki

News e anteprime sulle moto Suzuki. Bandit, GSR750, GSX-R600/750/1000 e tutti i modelli storici, collezionismo, foto spia, concept, prezzi, prestazioni, schede tecniche, prove su strada, presentazioni, commenti e anteprime.

Tutto su Suzuki →