Home Motociclismo, gli italiani veri appassionati o solo tifosi e fans? La lezione di Assen

Motociclismo, gli italiani veri appassionati o solo tifosi e fans? La lezione di Assen

Spettatori appassionati. All’estero seguono le “corse”, in Italia seguono solo la MotoGP…

Gli italiani, nello sport, sono criticati perché considerati più spettatori da tribuna che impegnati attivamente sul campo, più tifosi sfegatati e intransigenti fan di parte che appassionati super partes. Ciò vale in genere per tutte le discipline sportive, quindi anche per il motociclismo e per i motociclisti.

Non si può fare, evidentemente, di tutta un’erba un fascio, ma in questa “critica” c’è del vero. L’ultima conferma in ordine di tempo viene dal circuito di Assen dove, terminata la gara della MotoGP con l’ottavo trionfo stagionale di Marc Marquez e con l’ottimo secondo posto del nostro Dovizioso (Ducati), nessuno dei quasi 100 mila presenti – pur con i nuvoloni che minacciavano pioggia – si è mosso dagli spalti, pronti a seguire la gara successiva, quella di chiusura della giornata riservata ai ragazzini della Red Bull Rookies Cup, una monomarca KTM 250, in pratica delle moto 3 meno “nobili”.

E allora, si dirà? Allora, ad esempio, nell’ultimo GP d’Italia al Mugello è successo esattamente l’opposto: dopo la MotoGP c’è stato il fuggi fuggi generale e praticamente nessuno ha seguito la bellissima corsa dei giovanissimi della Red Bull Rookies Cup, dove fra l’altro sono impegnati brillantemente italiani di valore come Pagliani (attualmente in testa al CIV Moto3 GP), Manzi, Di Giannantonio, Ierac, Perolari, cioè alcuni dei ragazzi che sono il futuro del nostro motociclismo.

Nessuna “criminalizzazione”, per carità, ognuno segue chi vuole e sta sugli spalti come e quando gli pare, ma anche nella gara di Jerez accadde la stessa cosa di Assen, con gli spagnoli tutti sugli spalti fino alla fine ad applaudire i ragazzini terribili della monomarca KTM 250. Ora, al di là di considerazioni che possono sfociare nella sociologia ecc, c’è oggi evidentemente un problema “culturale” nel rapporto fra sportivo e sport che riguarda anche il motociclismo e i motociclisti. La responsabilità è anche nella assenza dei media, impegnati solo sulle star e sul gossip.

Per decenni, in Italia, le gare di velocità juniores (50, 125, 175, 250, side) venivano disputate su circuiti cittadini con la presenza di decine di migliaia di spettatori e le finali venivano effettuate nel week end del GP d’Italia (di solito a Monza) o il sabato pomeriggio o la domenica mattina presto, come apertura delle corse iridate riservate ai big. Ebbene, queste corse erano seguite sostanzialmente dallo stesso pubblico del mondiale, sia di sabato pomeriggio tardi che di domenica mattina, di solito nel nebbione brianzolo settembrino.

Che dire, rispetto ad oggi, con le gare del CIV (campionato Italiano di velocità) al Mugello, Vallelunga, Imola, Misano, desolatamente vuote di spettatori? Sempre per la cronaca, quando nel motomondiale correvano anche i sidecars – ultima corsa dopo la 500 – nessuno ad Assen, Le Mans, Spa, Nurburgring, Salisburgo, Hockenheim, Brno ecc si muoveva. Eccetto gli italiani. E non era una questione di distanza … da casa. Perché nei GP nostrani accadeva la stessa cosa.

Cosa sarebbe stato e cosa sarebbe il nostro motociclismo se non ci fossero state e se non ci fossero le gare di… apertura? Basta fare qualche nome di quelli che correvano prima dei big e comprendere la “lezione”. Parliamo di gente all’inizio dei perfetti sconosciuti, poi… Pagani, Ruffo, Ambrosini, Masetti, Ubbiali, Spaggiari, Liberati, Mendogni, Venturi, Provini, Grassetti, Agostini, Pasolini, i fratelli Villa, Bergamonti, Lazzarini, Bianchi, Pileri, Cadalora, Gianola, Buscherini, Lucchinelli, Uncini, Ferrari, Rossi Graziano ecc, su su fino a Valentino Rossi.

Già nella Red Bull Rookies Cup, nel CEV spagnolo, nel CIV italiano c’è il nuovo … Valentino Rossi. Perché non “scovarlo” in … anticipo?

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