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Motomondiale, le “ferie” ieri e oggi

Motomondiale, addio alla pausa estiva e al letargo invernale?

Quest’anno la pausa feriale estiva è di un mese per il Motomondiale (dal 7 luglio del Sachsenring al rientro del 4 agosto a Brno), di due mesi per il WSBK, di due mesi e mezzo per il CEV spagnolo, di quasi due mesi per il CIV tricolore. E’ sempre stato così? Sì e no. Qualche esempio. Iniziamo dal campionato italiano (CIV) che nel 2019 – più o meno come nel 2018 e nelle ultime stagioni – spalma i suoi sei appuntamenti dal 30 marzo al 5 ottobre, quindi nell’arco di sei mesi. Una volta, dal dopoguerra agli anni ’70, le corse di motociclismo andavano in letargo con il Motomondiale che si apriva all’inizio di maggio e terminava agli inizi di settembre con il GP delle Nazioni a Monza (poi arriverà il GP del Giappone ad ottobre) e con il “Tricolore” seniores (anche internazionale aperto ai piloti stranieri) che iniziava con la Mototemporada il 19 marzo a Modena proseguendo sui circuiti cittadini e non a Riccione, Rimini, Cesenatico, Cervia Milano Marittima, Imola, Pesaro e terminando a settembre a Monza con la chiusura delle due ultime gare autunnali di Vallelunga (Roma) e di Ospedaletti (San Remo). Nel primo dopoguerra non c’era città e non c’era domenica senza le corse, considerate salutari per accendere nuove passioni e una spinta per la ricostruzione.

E il Motomondiale? Debuttò, come noto, al TT inglese il 13 giugno 1949 (quest’anno ricorre il 70°!) svolgendosi in soli tre mesi su sei round (TT, Svizzera, Olanda, Belgio, Ulster, Monza) con la 500 presente ovunque, la 350 in cinque delle sei gare, la 250 in quattro, la 125 e i side in tre. Non ci fu pausa estiva perché non c’era tempo dato che l’intero campionato si svolse da metà giugno agli inizi (il 4) di settembre, con una gara a giugno, tre a luglio, una ad agosto e una a settembre. Se proprio si vuole cercare il pelo nell’uovo, ci fu uno stacco fra il GP del Belgio (17 luglio) e il GP dell’Ulster (20 agosto). Altro esempio significativo è quello del 1957, l’ultima stagione iridata prima dell’abbandono delle grandi Case italiane (Gilera, Guzzi, Mondial, MV Agusta, quest’ultima poi rientrata). Ci furono sempre sei prove (la settima del GP di Francia saltò per la crisi politico-militare internazionale di Suez), stavolta dal 19 maggio (Germania) al 1° settembre (Monza): solo due GP estivi: il 7 luglio in Belgio e il 10 agosto il GP dell’Ulster, con la finale del GP delle Nazioni monzese il 1° settembre. Di fatto, quindi, un mese di stop dall’8 luglio al 9 agosto. Solo con l’arrivo in forza delle Case giapponesi il Motomondiale “raddoppia” arrivando agli 11 round del 1961, ai 12 del 1963, ai 13 del 1965 rimanendo stazionario per un decennio. Ad esempio, nel funesto 1973 – l’anno della tragedia monzese con la morte di Pasolini e Saarinen – si disputarono 12 round in sei mesi (dal GP di Francia del 22 aprile al GP di Spagna 22 settembre) di cui ben tre nel mese di giugno e addirittura quattro a luglio, ma nessuno ad agosto.

La svolta avviene nel 1991 con la gestione del Motomondiale affidata dalla FIM alla multinazionale (spagnola) DORNA e con il motociclismo globale show-business, evento mediatico promosso e collegato televisivamente in oltre 200 Paesi. Nella prima stagione DORNA ci sono 15 prove mondiali in sei mesi, dal 24 marzo (Giappone) al 29 settembre (Malesia): una sola gara a luglio (il 21 in Francia) e tre gare in agosto, dal 4 al 25, con la pausa di tre settimane dal 29 giugno (Assen) al 21 luglio (Paul Ricard). Il resto è cronaca, con il 2019 in corso con un programma di ben 19 round, dal 10 marzo (Qatar) al 17 novembre (Valencia) nell’arco quindi di otto mesi. Un mese di pausa estiva (dal GP di Germania del 7 luglio al GP Ceco del 4 agosto) ma oramai, soprattutto per l’avvento dei test e per un calendario che parte i primi di marzo e finisce a fine novembre, con il letargo invernale quasi “cancellato”. E non è finita qui.

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