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MotoGP: Rossi, quo vadis?

Rossi, così non va! In mezzo al guado?

Se nell’ultimo round MotoGP del Sachsenring Marc Marquez è stato immenso e inarrestabile trionfando come nel 2018 e andando più veloce dello scorso anno, all’opposto, Valentino Rossi, scialbo 8° posto a quasi 20 secondi dalla vetta, non ha neppur lontanamente bissato il risultato positivo 2018, quando giunse gran secondo davanti a Vinales per una mezza manciata di decimi. Non solo. E’ diverso il contesto, a cominciare dalla classifica generale. Nel 2018 Marquez colse nel toboga tedesca il suo sesto trionfo stagionale, uno in più di quest’anno, primo in classifica con 46 punti di vantaggio su Rossi allora secondo, mentre oggi l’asso della Honda è primo (185 punti) con Rossi sesto con un gap di 105 punti, ora surclassato anche dal compagno di squadra Vinales e, senza la caduta di Quartararo, superato anche dalla Yamaha satellite del francese. Per il 9 volte campione del Mondo questa prima metà di stagione è la peggiore di sempre, non solo sul piano strettamente numerico. Per non parlare delle tre cadute (Mugello, Barcellona, Assen) negli ultimi quattro round. C’è di più. Nella corsa dell’altro ieri del Sachsenring Rossi non è mai sceso sotto il tempo dell’1e22 mentre nel 2018 lo fece per oltre un terzo di gara. In altre parole, nell’ultima corsa del Sachsenring, il Doc è andato più piano del 2018 addirittura di 20 secondi!

“E’ impossibile che un rallentamento così pesante sia causato solo dal pilota” – dice Rossi. E aggiunge: “Non mi trovo con questo setting”. Nel motociclismo, da sempre, a ragione o a torto, il pilota si lamenta della propria moto. Valentino sa quel che dice. Fatto sta che le altre Yamaha di Vinales e dello stesso Quartararo sono competitive e stanno oramai sempre davanti a quella del pesarese. Se due più due fa quattro e Rossi non è più il pilota che si batte per la vittoria in gara e per il titolo, non è il più competitivo neppure fra i piloti Yamaha e anzi in classifica generale avanza col passo del gambero o c’è una questione di moto o c’è una questione di manico. Urge la svolta. O Valentino sbaracca la sua squadra per cercare di far cambiare l’andazzo negativo o affronta la realtà per quella che è, con una analisi anche fortemente autocritica assumendosi tutte le responsabilità. Qui poco o niente conta ribadire quel che è banale: cioè che un 9 volte campione del Mondo non deve dimostrare niente. Vero. Ma un grande campione, proprio per non scalfire l’aureola, se non il pedigree, per onorare il proprio blasone e per rispetto di chi lo applaude sugli spalti di un circuito o davanti alla tv, ha il diritto-dovere di correre ogni volta dando sempre il massimo, battendosi per le posizioni che contano, con i migliori, dimostrando che la vittoria non è un miraggio. La regola delle corse è sempre la stessa. Il pilota che la domenica vince la gara, il lunedì ricomincia alla “pari” con gli altri, così come chi alla fine di una stagione conquista il titolo mondiale poi l’anno successivo – da campione del mondo in carica – corre come tutti gli altri. Sembra una banalità ma non lo è.

Oggi in MotoGP il quadro è quello che è. Rossi è o no in crisi? Cosa si intende, per un pilota dal valore e dal medagliere di Rossi, dire che è in crisi? Che fa tempi sul giro da ultima fila, che non regge lo stress della corsa, che in pista diventa di … “intralcio” agli altri? Assolutamente no! Si intende che non trova più la bussola per indicare alla Case e al Team lo sviluppo della moto, che annaspa nella messa a punto con un setting mai convincente, che perde la bramosia del superare l’avversario, la fame di vittoria, non allungando la staccata all’ultima curva, pelando il gas nel curvone decisivo, pensando di essere al limite e oltre quando il cronometro dice il contrario, cadendo ogni volta che azzarda un sorpasso. Mentre oggi Marquez acquisisce sicurezza, va forte come e più di prima facendo meno errori e rischiando meno, Rossi è in una situazione opposta. Stiamo parlando, ovvio, di grandi campioni, dove il tutto si misura in millesimi di secondo, dove per un rookie chiudere la top ten è un onore mentre per questi “big” è la disfatta. Valentino, a 40 anni, non è un pilota finito: è però entrato in una situazione di “stallo” tecnico-agonistico e mentale, sotto una fortissima pressione e in un processo di logoramento anche psico-fisico di cui non è facile trovare la via d’uscita. Valentino vuole fare tutto come prima ma poi non ce la fa. Può ancora battersi per il podio in corsa ma non per il titolo mondiale. Vale ha perso il quid vincente che faceva la differenza, la sua spinta propulsiva si è affievolita, il suo istinto di predatore si è perduto. E i grandi risultati non vengono più. E’ questione di moto o è questione di manico? I Vinales e i Quartararo, per non parlare di Marquez, sono la risposta a entrambe le domande. E Rossi lo sa. Sta a lui e solo a lui prenderne atto e decidere il che fare. Presto.

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