Home Valentino Rossi, i primi 40 anni del “mito”. La sfida continua

Valentino Rossi, i primi 40 anni del “mito”. La sfida continua

Così nasce il mito, oltre gli alti e bassi cui nessuno sfugge e oltre gli svarioni e i limiti caratteriali pur evidenti: numeri freddi di un palmares straordinario. I numeri saranno anche freddi ma in questo caso scaldano i cuori di tanti perché esprimono – piaccia o no – il valore inequivocabile del “fenomeno” Rossi.

Non essendo superstiziosi facciamo, con tre giorni di anticipo, gli auguri di buon compleanno a Valentino Rossi. Eccolo, dunque, Valentino tagliare lanciatissimo come uomo e come pilota, il traguardo dei suoi primi 40 anni. Applausi, e di più: e a spiegarne i motivi si rischia di ripetere il solito refrain riservato al Dottore da oltre due decenni.

Impropriamente si definisce Valentino Rossi una “leggenda”, quando, per sua e nostra fortuna, il 9 volte campione del Mondo di motociclismo è… “solamente” un mito. Non è questione di corone iridate. Leggende sono Omobono Tenni, Dario Ambrosini, Mike Hailwood, Gary Hocking, Bob Mc Intyre, Jarno Saarinen, Renzo Pasolini, Otello Buscherini, Gilberto Parlotti, Santiago Herrero, Ramon Torras, Angelo Bergamonti, Marco Simoncelli e tanti altri campioni che, al di là del tempo e dei risultati in termini quantitativi, hanno scritto pagine di gloria del nostro sport con un epilogo tragico.

Vale nell’automobilismo per Alberto Ascari, Lorenzo Bandini, Jochen Rindt, Jim Clark, Gilles Villeneuve, Ayrton Senna ecc. Ma anche per altri sport, ad esempio nel ciclismo, con il “Pirata” Marco Pantani (idem Fausto Coppi), i suoi trionfi, la sua odissea, la sua tragica fine.

Valentino Rossi, i primi 40 anni del “mito”. La sfida continua

Lo stesso Tazio Nuvolari, grande fra i grandi, come gli eroi dell’antichità “cercava la morte” in corsa, da giovane. Invece la Signora in nero lo colse 61enne sul letto di casa restando così un “mito” – anzi “il mito” – ma non leggenda. Miti e leggende esaltano lo sport travalicandone i suoi confini per diventare loro stessi, con le gesta che vanno oltre lo spazio e il tempo, “la storia”.

Ecco perché Valentino, pur tutt’ora in attività, competitivo e addirittura fra i contendenti al titolo MotoGP 2019, deve accontentarsi di essere ascritto all’albo dei “miti”, dove la storia la si vive nella cronaca (in questo caso rispettando le alterne vicende di una gara e di un campionato) senza l’alone della leggenda capace di andare oltre i fatti. Tant’è. Per “tutti” gli appassionati di motociclismo è doveroso, oltre che per il bon ton, fare gli auguri di buon compleanno a Valentino Rossi, il fenomeno “sempreverde” simbolo mondiale del motociclismo show-business.

Compiere 40 anni, in questi nostri tempi controversi ma anche straordinari dove molti potenti ultra novantenni reggono le sorti di importanti aziende, della politica e delle istituzioni, è davvero un gioco da ragazzi. E uno come Valentino Rossi – come già fu per Max Biaggi – che del “gioco-serio” ha fatto la propria ragione di vita, ne è fra gli interpreti più significativi e apprezzati.

Valentino Rossi, i primi 40 anni del “mito”. La sfida continua

Valentino dimostra sul campo che in una età dove molti nello sport si avviano a misurarsi con il passato negli immancabili “Amarcord” è ancora possibile cimentarsi al massimo livello mondiale, non per partecipare ma per competere, lottando ancora per la vittoria in gara e in campionato. Così è stato almeno fino alla passata stagione. Così si spera sia anche quest’anno per il bene del motociclismo e dello sport.

E’, forse, una sfida con se stessi prima che una battaglia con gli avversari. Una sfida personale che coinvolge tutti, anche i detrattori, sprigiona la scintilla che alimenta passioni quasi planetarie portando il motociclismo ben oltre i propri confini.

Valentino Rossi, i primi 40 anni del “mito”. La sfida continua

Così nasce il mito, oltre gli alti e bassi cui nessuno sfugge e oltre gli svarioni e i limiti caratteriali pur evidenti: numeri freddi di un palmares straordinario. I numeri saranno anche freddi ma in questo caso scaldano i cuori di tanti perché esprimono – piaccia o no – il valore inequivocabile del “fenomeno” Rossi. In campo mondiale da 22 anni, 348 gare iridate disputate, 114 vinte, 221 podi, unico pilota ad aver vinto il mondiale in quattro classi diverse e con moto da caratteristiche diverse, 9 titoli mondiali.

E non è finita. Ecco. I numeri non sono tutto, ma pesano perché restano scritti nel firmamento del motociclismo dove la stella di Valentino è fra le più brillanti in assoluto. Non ripetiamo qui le analisi tecniche ed agonistiche da noi più volte espresse sull’asso di Tavullia. Senza intenzioni provocatorie e senza reticenze ipocrite o logiche da fans, davanti a Rossi ci si può togliere o no il cappello ma è d’obbligo il rispetto e il plauso per un fuoriclasse sul crinale del mito fra i miti.

Tempo fa abbiamo scritto su Motoblog:

“Il motociclismo tutto deve ringraziare Valentino per quello che in pista e fuori (immagine e comunicazione) ha fatto e fa, un pilota che rifiuta la cornice dorata nell’olimpo degli ex per misurarsi ancora in un motociclismo che evolve con nuovi mezzi e nuovi piloti, una sfida umana prima ancora che tecnica, che va ben oltre la classifica di una gara e di un campionato”

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Anche per Valentino Rossi le sfide non finiscono mai e nello sport non si vive della gloria passata. Non basta il nome per vincere e nelle corse si va per vincere. Anche Coppi il “campionissimo” a un certo punto non era più l’airone che volava imbattibile sulle cime dei tapponi alpini. Il massaggiatore-demiurgo di Fausto Coppi, il cieco Biagio Cavanna, nelle veglie invernali ripeteva tutto d’un fiato agli immancabili amici: “Pronti via primo Coppi” per ribadire la superiorità del suo pupillo.

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Ma quando capì che il Campionissimo, a ridosso dei 40 anni, aveva finito la “spinta propulsiva” entrando nel tunnel della crisi irreversibile lo ammonì: “Basta con le corse!”. Coppi non lo ascoltò subendo nel 1959 l’onta di partecipare al Giro d’Italia senza neppure una lira d’ingaggio, 20esimo nella “sua” cronometro a 6’ dall’arrembante giovane Ercole Baldini, spinto dai suoi gregari in salita, un flop dietro l’altro, poi in caduta libera.

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Altro sport, altri campioni, altre storie. Ma non si diceva che la storia è maestra di vita? Vale per tutti, anche per Rossi. Coppi, 40 anni pieni di trionfi e di guai, non aveva più la “sua” gamba. Valentino, 40 anni di tanti trionfi e pochi guai, il “suo” manico ce l’ha ancora. Forse non basta per il titolo numero 10. Ma basta per tenere alta la testa.

Di Nuvolari, Ferdinand Porsche – uno che di corse se ne intendeva – scrisse: “Nuvolari è il più grande corridore del passato, del presente e del futuro”. Chissà cosa si scriverà di Valentino quando – Dio non voglia – attaccherà il fatidico casco al chiodo?

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