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Redding: “In MotoGP mi è mancata una guida”

Il britannico dell’Aprilia riflette sugli errori della sua carriera: “Ho imparato le cose a mie spese, ma ora sono in un posto migliore…”

La stagione 2018 sarà certamente cruciale nella carriera di Scott Redding, pilota inglese classe ’93 giunto quest’anno alla sua 5a stagione in MotoGP, la prima da pilota factory di una casa ufficiale.

Aprilia lo ha infatti scelto per affiancare l’affidabile Aleix Espargarò al posto del deludente connazionale Sam Lowes, una ‘svolta’ lungamente attesa da Redding per rilanciare le sue quotazioni dopo qualche annata balbettante nella Premier Class.

Il percorso che ha portato Redding alla corte della casa di Noale, infatti, è stato costellato da alti e bassi, ma era cominciato con un debutto da “bambino prodigio” che gli ha permesso anche di diventare il più giovane vincitore di un GP nella storia del Motomondiale (primato che resterà probabilmente imbattuto visto il successivo innalzamento dell’età minima per la Moto3 da 15 a 16 anni).

Era il British GP del 2008, classe 125 cc, e insieme a lui sul podio di Donington Park salirono il francese Mike di Meglio e un altro giovanissimo talento, un certo Marc Marquez, allora agli albori di una carriera che – fino ad ora – lo ha visto conquistare 6 titoli mondiali di cui 4 in MotoGP.

Riflettendo sulla sua carriera in una lunga intervista rilasciata a MotoGP.com, Redding ha anche analizzato le ragioni che hanno visto lui e Marquez percorrere strade così differenti nel Motomondiale:

“Il talento conta solo fino a un certo punto nelle corse. Marquez è stato allevato da Emilo Alzamora, che è stato campione del mondo e sapeva tutto sulla strada che bisogna percorrere. Nel mio caso sono stati mio padre e mio zio a portarmi in questo mondo, ma loro non sapevano nulla delle gare ad alto livello.”

“Mi è stato insegnato a guidare forte e ad allenarmi ancora più forte, e salendo tra le varie categorie ho imparato ad essere un combattente e ad essere aggressivo. Non mi è stato insegnato lo sviluppo muscolare, l’importanza del peso o altre cose a livello mentale di cui avrei avuto bisogno. Sono cose che ho imparato nel modo più duro a mie spese.”

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Secondo Redding, la mancanza di un tutor adatto a guidarne la carriera è stata alla base di diversi problemi da lui accusati nelle ultime annate:

“Mi è mancata una guida. Nel confronto tra me e Marquez, io lo battevo a quei tempi. Poi, dal 2008, lui ha avuto il giusto supporto per progredire mentalmente mentre io sono rimasto lo stesso. A partire dall’anno successivo, tutto iniziò ad essere più difficile per me perché diventavo sempre più alto, e più pesante, e improvvisamente ho iniziato ad avere un problema dietro l’altro.”

“Avrei avuto bisogno di qualcuno che mi controllasse, qualcuno capace di mettermi nella posizione giusta per fare le scelte giuste. Quando ho firmato per Marc VDS ero da solo, e mio padre mi disse: “Vai e fa quello che devi fare, perché io ormai ti ho portato quanto più in alto potevo”. Avevo già imparato tanto a quel punto, ma comunque avevo ancora molto da imparare. Ancora oggi, ogni giorno, sto imparando cose che avrei dovuto imparare anni fa.”

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Nei suoi 10 anni di Motomondiale, Redding è arrivato vicino a un titolo iridato solo nel 2013, in Moto2 con il team Marc VDS Racing, quando nelle ultime tre gare dilapidò un solidissimo vantaggio a favore di Pol Espargarò:

“Non vincere il campionato nel 2013 fu un’enorme delusione, ma alla fine fu la fortuna a giocarmi contro. Sono cose che succedono nella vita, e quella è successo a me. Quell’anno avevo vinto diverse gare, ma poi tutto è finito in un battito di ciglia.”

“Nella mia carriera ho prima vinto in Inghilterra, poi sono andato in Spagna e all’inizio ho fatto fatica, ma una volta salito sulla moto giusta ho dominato, vincendo l’ultima gara a Valencia con 10″ di vantaggio. Una volta arrivato nel Motomondiale, ho conquistato subito la prima fila nel mio primo GP in 125, in Qatar. E in Moto2, quando ho avuto la moto giusta, vincevo. Quello ero io e quello era il mio livello.”

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Approdato in MotoGP nel 2014 con il team Honda Gresini, Redding è poi tornato al team Marc VDS Racing nel 2015, sempre con una Honda “clienti”, prima di trascorrere un biennio in sella alla Ducati del team Pramac. Ricevuti i gradi di “pilota ufficiale” da Aprilia, l’inglese si è ritrovato a ‘chiudere il cerchio’ tornando a lavorare sotto la guida di Fausto Gresini:

“Le cose sono successe in modo strano, ma ora sento di essere in un posto molto migliore rispetto agli ultimi tre anni. Ho molta più fiducia in me stesso rispetto al passato. Sto diventando sempre più il pilota che voglio essere e approdare in Aprilia mi ha aiutato in questo senso.”

“Sapevo di dover ritrovare la fiducia in me stesso e questo mi ha permesso di capire tutte le cose che avrei dovuto fare, dandomi anche maggiori motivazioni in allenamento e per quei risvolti del lavoro che stanno dietro le quinte. Se ottieni dei risultati dall’allenamento, ti senti meglio e hai più stimoli. Se invece non fai quella svolta che deriva dal “vedere la luce alla fine del tunnel”, è impossibile fare progressi.”

Nonostante il suo status quasi ‘da veterano’, Scott Redding riconosce che la sua ancora giovane età gli consente ulteriori margini di miglioramento:

“A volte dimentico di essere ancora giovane. Dimentico che di avere 25 anni perché me ne sento 35. Ci sono piloti in Moto2 che hanno 26 o 27 anni, e quando vedo ragazzi che hanno 23 anni mi viene da pensare a quanto siano giovani… ma io ho solo due anni più di loro!”

“Sono qui [nel Motomondiale] da molto tempo e mi rendo conto di non aver soddisfatto le mie aspettative. So che c’è di più in me e so di non aver ancora mostrato cosa sono in grado di fare, ma ogni anno lavoro di più, e in diverse aree, per cercare di migliorare sempre”.

When just need to push!!! #cycling #indoor #pedalpower @storckbikes

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