Home Motomondiale, 60 anni fa l’addio alle corse delle grandi Case italiane: un forfait che pesa ancora oggi

Motomondiale, 60 anni fa l’addio alle corse delle grandi Case italiane: un forfait che pesa ancora oggi

Furono davvero le “corse-mangiasoldi” a mettere in crisi Gilera, Guzzi, Mondial? No.

Siamo a fine novembre e moto e piloti del Motomondiale e del Wsbk sono ancora in pista per i test invernali in vista della stagione 2018. E’ un esempio di come oggi le corse si “preparano” oramai senza interruzione e anche un segnale dello stato di salute del motociclismo capace – pur non senza limiti e contraddizioni – di adeguarsi ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione, dallo sport show-business, dai new media e da internet, dagli sponsor. E’ sempre stato così? No. Sono cambiati anche i protagonisti: oggi sono le Case giapponesi a farla da padrone, con le eccezioni di poche Case italiane (Ducati e Aprilia in primis) ed europee (di fatto solo Ktm).

Tutt’altra musica agli inizi del Motomondiale con le Case inglesi e tedesche (Norton, AJS, Bmw, Nsu, Dkw, poi MZ), francesi (Velocette) e soprattutto italiane (Guzzi, Benelli, Gilera, Mondial, Mv Agusta ecc.) sugli scudi. Proprio nel momento più alto della supremazia italiana, esattamente 60 anni fa – fine settembre 1957 – le grandi Marche tricolori (Gilera, Guzzi, Mondial, Mv Agusta – annunciarono il forfait dalle corse dopo aver dominato la stagione appena conclusa.

Fu una doccia fredda per tutti. Anzi una doccia gelata che chiuse un’era del motociclismo (quella dominata dall’industria europea e italiana in particolare) aprendone un’altra con l’arrivo delle moto giapponesi, i loro trionfi in pista e l’invasione dei mercati mondiali. Quel “patto di astinenza” fu subito rotto dalla MV Agusta che ci ripensò continuando nel suo impegno agonistico e stimolò altre Case italiane (Benelli, Morini, Ducati, Bianchi, Aermacchi, Garelli, Rumi, Parilla, MotoBi, Linto, Paton su su fino a Morbidelli, Malanca, Minarelli, Mba, Sanvenero, e ancora Cagiva, poi i rientri di Ducati, Aprilia ecc ecc.) a buttarsi nella mischia.

Dopo 60 anni la domanda è sempre la stessa: perché quell’addio alle corse dopo aver dominato? La prima motivazione ufficiale era palesemente una scusa: “Abbandoniamo perché i nuovi regolamenti proibiscono dal 1958 le carenature integrali a campana”. La seconda, pure: “Abbandoniamo per mancanza di avversari”, la dimostrazione che non si udiva il tam tam del risveglio di altre industrie in Europa (tedesche) e soprattutto non si captavano i primi segnali dell’arrivo dell’industria del Sol Levante.

Non solo. La decisione del forfait riflette una incapacità delle Case a interpretare la nuova realtà sociale italiana con il “miracolo economico”, chiuse in una visione provinciale non comprendendo la portata dei mercati internazionali, quello europeo e americano per primi. Invece di rapportarsi al nuovo e ai nuovi possibili mercati – vere e proprie praterie da pascolare – e cavalcare l’onda di una maggior disponibilità della gente (anche in Italia) a spendere anche rispondendo alle esigenze di mobilità per lavoro e per svago le Case motociclistiche ritennero di fatto chiuso il ciclo di espansione della motocicletta, considerato solo come mezzo di trasporto “povero” per “poveri”, sostituito oramai dall’automobile utilitaria quali le Fiat 600 e 500.

L’auto invadeva il mercato ma non “copriva” lo spazio della moto nelle sue varie declinazioni: ciclomotori e scooter come mezzo ultra utilitario di trasporto personale specie per recarsi al lavoro muovendosi anche meglio nel traffico già in aumento, e motociclette di livello superiore come mezzo di divertimento, sportivo, di identificazione per la scalata sociale e per i giovani. Serviva anche una svolta tecnica con l’immissione di nuovi modelli che invece rimasero sulla carta.

C’è da ricordare anche che una 500 Fiat costava l’equivalente di 12 mensilità di un operaio ma poteva essere acquistata facilmente a rate mensili, mentre una Gilera Saturno 500 monocilindrica costava quanto l’utilitaria Fiat e di solito si comparava solo in contanti o con una montagna di cambiali.Ci fu indubbiamente da parte delle nostre Case una visione miope e una voglia frettolosa di chiuderla con le corse e anche con le moto.

La dimostrazione di questo errore la daranno di là a poco le Case del Sol Levante, iniziando dalla Honda che entrò nel Motomondiale nel 1959 anticipando grandi successi – tutt’ora in pieno svolgimento – in pista e nei mercati. Le Case italiane erano pur coscienti della funzione delle corse come eccellente banco di prova tecnico e come promoter di immagine e di comunicazione della Marca. Il problema era un altro: le nostre grandi Case – pochissime le eccezioni – pensavano che la motocicletta fosse un mezzo superato e non avesse futuro. Altro che investimenti nelle corse!

Furono davvero le competizioni-mangiasoldi a mettere in crisi Gilera, Guzzi, Mondial? No. Fu l’incapacità ad adeguare il prodotto alle nuove realtà dei mercati e a non comprendere appieno il valore delle corse anche come strumento “acchiappa-soldi”.

Invece di rilanciare innovando si è deciso di sedersi, tagliando il ramo che più stimolava la pianta a dare frutti migliori. E’ un po’ il gatto che si morde la coda. Fra (pochi) alti e (molti) bassi, da allora la risalita della “scuola italiana” è stata tentata molte volte. Ma quei limiti pesano ancora oggi. Non solo a danno delle corse e del motociclismo. Non si vive di soli ricordi. Gli assenti hanno sempre torto.

Terminiamo con le stesse domande già formulata tempo fa su Motoblog: “La prima: cosa sarebbe oggi la Ferrari come azienda, anche sul mercato automobilistico, se avesse abbandonato le corse di F1? La seconda: cosa sarebbero oggi Honda, Yamaha, Suzuki, Kawasaki se anni fa avessero siglato il loro “patto di astensione”?

Foto | LIBERATI-GILERA: 1957, l’ultimo binomio italiano iridato delle 500 prima dell’addio alle corse delle grandi Case italiane. Per il bis “tricolore” bisognerà attendere l’arrivo di AGOSTINI sulla MV AGUSTA

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