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MotoBlogger: Dolo-Mitico Giro

Il post di oggi per la rubrica MotoBlogger per l’Estate 2007 è stato scritto da Kikka di gsx-r.it, mentre le foto sono di Homer e Matteo anch’essi di gsx-r.it. Il racconto è molto lungo, quasi più del “giro” che hanno fatto i tre ragazzi, ma la passione con la quale è stato scritto merita davvero



Il post di oggi per la rubrica MotoBlogger per l’Estate 2007 è stato scritto da Kikka di gsx-r.it, mentre le foto sono di Homer e Matteo anch’essi di gsx-r.it.
Il racconto è molto lungo, quasi più del “giro” che hanno fatto i tre ragazzi, ma la passione con la quale è stato scritto merita davvero una lettura.

Come l’idea del Dolo-Mitico giretto iniziò dalla contorta mente di kikka, penso sia ben noto.
Per saltare preamboli, c@zzi e stramazzi, passo subito al dunque.
Dopo l’abbandono di Marco, i superstiti, ben felice di esserlo erano homer, Matteo ed ovviamente la kikka e quindi misero in atto il loro diabolicum piano di azione…
Il tempo correva veloce e ben presto era arrivato il mitico giorno, mentre Matteo e kikka affinavano il percorso.


Foto di Homer e Matteo

Venerdì, dopo un ultimo giro di ” tutto è ok?” ed i miei scongiuri per il tempo (la salita al Tonale mia e di un amico alla sera era stata costellata da secchiate di acqua che non lasciavano presagire nulla di buono) la notte tra chiacchere e canederli volata in un balzo… come la colazione mattutina ed un saluto a colui che andava in giro con il mio vecchio gruppo.
Primo sms, “io e homer ci siamo trovati”, tra un’ora circa siamo là. Io con tutta la mia flemma femminile, inizio a preparare le mie cose con la consueta lentezza, che nasconde solo un po’ di timore verso i giri in motina, dato che la mia esperienza è molto limitata.
Oramai non posso più temporeggiare, forse sono in ritardo, vabbè tanto le donne si aspettano oh? e velocemente scendo per la Val Camonica, arrivando ad Edolo, che in effetti mi sembrava più vicina. Fermo in piazza e mi guardo in giro… nisba, motard pochi e quelli che ci sono non mi sembrano loro, lascio la motina (ovviamente in un posto dove non devo faticare per riprenderla) e guardinga inizio ad aggirarmi per la piazza. Guardo (da miope) di qua e di la, ma…. Infine vedo uno che muove la manina, mi giro pure a vedere se dietro di me c’è qualcuno, onde evitare la solita figura di menta, mi rigiro ma vedo la manina che continua ad agitarsi… sono loro!!!

Penso che una delle cose più belle è quando un nick diventa un volto ed una voce, del come ci si guarda, squadra si cerca di rimettere assieme qualche foto vista con il volto che hai davanti. Passa tutto in quegli istanti, imbarazzo, curiosità… bello, veramente bello!!
Mi avvio verso di loro, presentazioni di rito, mi sento un po’ squadrata (si insomma quei momenti in cui ti chiedi se per caso… la poppa è passata a babordo etc..). Vedo homer e Matteo sorridenti… si penso che decidiamo di piacerci tutti e tre contemporaneamente, quindi via alle motine ed ha inizio il Dolo-Mitico giretto.


Foto di Homer e Matteo

Apro io la strada verso l’Aprica (anche per dar modo ai miei compagni di rendersi conto, già dalla prima curva che moto-polla sono), Matteo apre e mi sorpassa, vedo il distacco delle prime crosticine di vernice, homer resta dietro a studiare la mia targa da 007… e via di curve!

Il passo dell’Aprica, la nostra prima meta è ben presto raggiunta, al solito pieno di quelle specie di “tubolari gonfiabili ciccioni e colorati”, che preannunciano sempre gare e manifestazioni.
Prima sosta tecnica… le pance mormorano e la pipì scappa, dato che loro i miei motard hanno già parecchi chilometri sulle ruotine e telefonatine: al Marco per fargli salire l’invidia, ed al moto-piagato Lukinooooo (lui per confortarlo)!

Si riparte alla volta di Tresenda, via scorciatoia dato che è più intrigante quella stradina, Matteo avanti (inizio già a preoccuparmi su come farò a stargli dietro…mmmmhhh penso forse un micro chip impiantato nella pelle della tutozza?) vabbè ci penserò. Faccio cenno ad homer di andare avanti (sono diventa bravissima a “remare” nell’aria per dire… vai!!!) ed anche lui mi passa.. (il mio serbatoio tanto sa, che dovrà passare in carrozzeria a farsi riverniciare!), in fondo mi piace guardare le guide sinuose ed eleganti dei miei compagni di itinere, che docilmente e naturalmente spostano il peso per pennellare le curve e sempre un moto di invidia bonaria mi sale.
Si vede comunque che sono esperti (se socchiudo gli occhi li vedo ancora salire dietro le curve) e mi piace molto il sentirmi protetta.
Scorgiamo dopo un po’ il bivio per Livigno, passiamo il valico (veramente Forcola di Livigno) e scendiamo per la vallata, che mi appare quasi minacciosa, tanto è brulla, mentre si scorge la strada che fiancheggia la costa della montagna. Adesso borbottano i serbatoi delle motine, che provvediamo ad abbeverare con l’economico nettare.

Si risale la china del monte pennellando le curve (loro… io le faccio e basta!) ed oramai davanti a noi si staglia la mia meta, quella che sogno dall’anno scorso di fare, il Passo del Bernina (“se non sarà sereno, si rasserenerà”, questo si legge scritto su una delle case poco prima del Passo).


Foto di Homer e Matteo

Lo splendore di quel posto non si può narrare, bisogna andare a vederlo… fa freddolino, anche se il sole picchia, in fondo però siamo a 2330 metri. Toh, ci siamo imbattuti nel Luis Armstrong che sbarca sulla luna e che pianta il primo cartello..
Fotine di rito, da conquistadores! Penso che ci si senta tutti liberi in quel momento, liberi dei propri pensieri, di essere e di sentirsi appieno se stessi, od almeno è quello che io provo.

Arriva anche il momento degli addii, homer deve purtroppo lasciarci per ritornare a casa e deve già fare parecchia strada, quindi via con i saluti convenzionali, che poi di convenzionale non hanno assolutamente nulla e da lì non ricordo quando e come ha invertito il senso della sua motina per tornare indietro, so solo che ad un certo punto non c’era più.

Io e Matteo ci guardiamo un attimo, penso durante il tragitto ci siamo sempre capiti al volo, anche senza troppe parole e credo questo sia importante per chi non conoscendosi, si muove assieme.
Riprendiamo le motine, non senza aver fatto un’altra mini sosta nel Gasthof assaporando la mitica Coca Svizzera (che mi sembra uguale alla nostra…. ma dovevo pur spenderli un paio di franchi!), mi verifica la frizione e ripartiamo alla volta di Zernez.


Foto di Homer e Matteo

La discesa dal Bernina è molto bella, la strada larga, curvosa e curiosa al punto giusto, e dei bei paesaggi, come i ghiacciai oramai con pochissima neve, fanno da magnifica coreografia. Passiamo Pontresina, Samedan resta a lato, Zuoz, Brail (che sia il posto dove è nato l’omonimo metodo di lettura?) e si arriva a Zernez per lasciarla velocemente, mentre già Susch ci è davanti e si iniziano a vedere le indicazioni per Martina, l’ultimo avamposto prima del confine con l’Austria, che passiamo anche qui senza alcun problema, lasciando Nauders a destra e proseguendo fino a Pfundes, dove si era deciso di dormire. Matteo qui merita i miei complimenti per aver sempre scelto la via corretta, io confesso sono molto attenta alla guida etc. ma una parte di me rimane avvolta nei suoi pensieri e quindi non sempre riesco a prestare tanta attenzione alle indicazioni stradali (e pure miope sono…).

Matteo si ferma all’ingresso del paese, forse non convinto che la “mulattiera” che vediamo a lato sia quella di entrata verso il centro, ma io da buona mezza-tedesca ho letto le indicazioni di “centro” e partendo gli faccio cenno di seguirmi. Troviamo quasi subito il Gasthof, che avevo trovato in internet, ma un gruppo di motard biricchini, entrati un secondo prima di noi, ci toglie il diritto di prelazione ai letti. Vabbè, andiamo un pochino avanti, non facendo buon uso del consiglio della Signora alla Reception, quando vediamo un altro Gasthof “Zur Post” (Albergo alla Posta) e con un nome così non ci si può che provare a fermare, il chiedere, parcheggiare ed infilarsi alla ricerca del numero… è un tutt’uno, da una parte si è stanchi. La camera è carina, pulita ed ordinata ed il calduccio che ci trovo non fa dispiacere, come la fame che inizia a farsi un pochetto sentire, dato che ad eccezione di liquidi non ho ingurgitato nulla in tutto il giorno, a volte mi nutro un po’ troppo di cose che ingrassano solo la mente. Doccia e movimenti per tentare di rimettersi completamente in contatto con il proprio corpo, dato che mi sento ancora seduta sulle vibrazioni della mia motina.


Foto di Homer e Matteo

Da buoni italiani (ma dove?) troviamo un ristorante di fronte ed io ed il Matteo andiamo a mangiarci una bella e sana pizza (udite udite ed anche bene), tutto sommato molto buona. Le chiacchiere volano, ci si racconta di tante cose, futili e personali facendo due passi per il paese, avvolto nella musica di un complessino che suona in piazza. La giornata comunque è stata lunga e dopo una verifica di rito alle motine si va a nanna, (da qui mi arriva un sms a sorpresa che mi inonda il cuore di gioia e di sorpresa a cui di risposta una lunga telefonata, che mi farà passare alla Forst ad incontrare il vecchio gruppo dei Bici-lindrici-radunanti) anche se la notte trascorrerà senza tanto sonno, vuoi il letto nuovo, la musica che per un bel po’ è andata avanti, e forse anche per tutte le emozioni che hanno colpito la mente e gli occhi…
Di buon mattino, dopo le abluzioni rituali, vedo la famelica e decantata colazione del biker tipico, io al mio solito, solo caffè e succo, ma se elencassi tutto quel che Matteo si è ingurgitato nella saletta, che sembrava il cimitero degli elefanti dato che ospitava solo una bella comitiva di anzianotti signori. Ma il tempo inclemente passa veloce e ci si va a preparare ed a rimettere “gli stracci” nelle borse. Matteo scende prima di me ad accendere le motine e qui si accorge che la mia “piange” benzina, preoccupato mi avvisa e tenta di accenderla, ma lei testarda come la sua padrona: nulla; inizio a pensare di dover restare a Pfundes qualche giorno più del kikka, homer e Matteo previsto quando sento che inizia a ripigliarsi e più che ruggire, pigola, ma va, e questo è l’importante. Matteo propone di andare a visitare una valletta ad una di ventina di chilometri, che sembra dalla cartina molto interessante e si parte nella direzione di Landeck.

La cosa che ho notato durante il giro è stato l’estremo rispetto dell’automobilista nei confronti delle motine, che non posso fare a meno di sottolineare, dato che solo dopo 100 di chilometri di strada in Italia ho avuto due tagli di strada! Arriviamo infatti all’imbocco della Kaunertal, io da quando sono partita, sono attenta ai rumorini della mia motina, che regge male il minimo, ma che sembra non perdere più la costosa benzina. Troviamo all’imbocco della valle, un casello, veramente una bicocca di legno, dove bisogna pagare per andar oltre, ma il posto sembra veramente bello e meritevole di qualsiasi spesa. La strada adesso attraversa prima un coreografico laghetto, di quel azzurro limpido, che solo i laghetti di montagna hanno, siamo a circa 1280 metri e si inerpica in mezzo al bosco, in una serie di curve e contro curve, tornanti stretti, ma non si incontra nessuno ad eccezione di un paio di mucche curiose, che la fanno da padrone in mezzo alla strada incuranti e pigre ed in effetti dietro le curve bisogna stare attenti per non farle diventare “bistecche”. Sembra un luogo di fiabe ed io con la mia mente contorta, mi aspetto ad ogni curva di vedermi saltar fuori dal bosco Hansel e Gretel, inseguiti dalla strega! Penso oramai siamo verso i 2200 metri e sento che la mia motina ogni tanto balbetta ed entra in riserva proprio prima di un grande spiazzo, dove ci sono 2 palestre di roccia (che voglia!!).
Accostiamo e dico a Matteo del mio problema, ci si guarda e gli dico di proseguire, che lo aspetto. Parte veloce, sull’ultima parte della erta che lo porterà verso i 2700 metri, io son felice anche così, giro la motina dalla parte del sole e mi chino a guardare se i tubicini (i pochi) che conosco, stanno tutti al loro posto, e per vedere se la perdita si è fermata.
Quasi subito si accostano due motard, che mi chiedono gentilmente se ho problemi e tra tedesco ed inglese, il tipo ovviamente tedesco e biondo, mi dice che le motine completamente meccaniche e un po’ vecchie (miiii, ma come si permette!!) come la mia hanno facilmente problemi di carburazione ed è da li che scopro che siamo a 2500 metri, quindi credo ben che ansimi. Matteo ritorna interrompendo la chiacchierata e vedo che ha l’occhietto brillante, ha visto sicuramente qualcosa di bellissimo, si scusa dicendo di aver fatto il più velocemente possibile, ma io sono stata felice di restare un minuto ferma contro il sole, ovviamente sempre con i miei pensieri.


Foto di Homer e Matteo

Si rifà la strada della valle chiusa alla rovescia ed io spero di trovare subito un distributore, non mi fido molto oggi della motina e non so quanta benzina ha perso. Si abbeverano i cavalli e dopo una lunga e noiosissima coda, causa i lavori al Passo Resia prima del confine, che rubano tantissimi minuti preziosi (ed io non mi fido ancora a superare le macchine in coda) arrivo a Resia, mentre Matteo è già li ad attendermi, tutto preso a far fotine.

Il parcheggio è colmo di macchine e motine e sembra un prato variopinto di colori. Oramai sta arrivando il momento degli addii, anche se facciamo le fotine e scambiamo ancora quattro chiacchere allegre, tanto si sa che è così nei giri in moto, si vive stretti uniti, si divide tutto anche se in un secondo poi le strade di ognuno, volgono in sensi diversi e ci si lascia sempre, però un po’ più ricchi e così vedo una tutozza rossa e nera, sparire nel traffico e sotto il tunnel.

Il resto, che è stato per me emozionalmente coinvolgente, lo sapete…
Un grazie ai miei compagni di itinere, veramente di cuore, ed alla prossima eh!
Kikka

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