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Pirelli Racing Department: come nasce una gomma da SBK

Sappiamo che ormai lo pneumatico nel motorsport è fra i componenti più importanti di una moto da gara, ciò che fa davvero la differenza in pista e sul cronometro! Ma come nasce una gomma ad altissime prestazioni? Abbiamo seguito il Racing Department di Pirelli in due fasi cruciali dei loro test per lo sviluppo di nuovi pneumatici per il 2018.

Pneumatici: il sottile strato di gomma che unisce la moto all’asfalto. Anni e anni di sviluppo hanno permesso a questo componente di raggiungere livelli altissimi, tanto da farlo risultare tra i componenti più importanti per le moto da gara, ogni sua caratteristica determina infatti performance elevate o meno.

Ovviamente, nel mondo delle corse, gli pneumatici sono trattati con un occhio di riguardo poiché, se su strada l’aspetto fondamentale per una gomma è la sua tenuta e dunque la sicurezza, in pista l’aspetto della tenuta è più incentrato sulle performance del mezzo a seconda del tipo di tracciato, della temperatura e del pilota.

Sono una serie di aspetti fondamentali che i produttori devono tener d’occhio per poter garantire ai propri clienti sempre il massimo delle prestazioni. Come sappiamo, Pirelli da anni è fornitore ufficiale del campionato WSBK, dove – in ogni classe – cerca sempre spunti per poter garantire uno step in più nella scala delle performances nella stagione successiva.

Ma su cosa lavora un brand così grande come Pirelli? Quali sono i suoi metodi d’approccio con i piloti e, sopratutto, come nasce una gomma da Superbike? Per dare una risposta a tutte le nostre domande, ci siamo recati in due differenti sedi per assistere ai test del Pirelli Racing Department, una realtà tutta italiana che ogni anno raccoglie i suoi frutti.

Il Team

Il Team del Pirelli Racing Department è formato da circa (a seconda delle giornate) 10 persone, ognuna con un compito ben preciso da svolgere. Questo reparto nasce dal già collaudatissimo Testing Department di Pirelli che, da 25 anni, fa sede a Giarre (CT), dove una nutrita squadra di tecnici e collaudatori porta avanti lo sviluppo dell’intera gamma Pirelli moto con test su strada, pista e fuoristrada.

Circa due anni fa, Pirelli decide di alzare il livello di sviluppo e di supporto ai clienti del mondo delle corse creando un reparto ad hoc specializzato nello sviluppo di pneumatici da corsa. Mentre prima il feedback più importante sui nuovi pneumatici veniva riportato dai piloti che li utilizzavano durante la stagione adesso, pur mantenendo sempre questo tipo di rapporto coi piloti, il Racing Department di Pirelli vanta due piloti-collaudatori del calibro di Luca Salvadori, Fabrizio Lai e Alfio Tricomi, i quali si dedicano esclusivamente allo sviluppo di nuovi pneumatici a stretto contatto con i tecnici e gli ingegneri Pirelli.

Il resto della squadra si compone di un supervisore responsabile, due ingegneri, un capomeccanico, due tecnici e un gommista. È una realtà tutta italiana, per metà siciliana, una squadra che anno dopo anno raggiunge livelli sempre più alti donando alla casa madre la possibilità di fornire ai propri clienti pneumatici sempre più performanti e sicuri.

Il responsabile ha il compito di supervisionare il lavoro dell’intera squadra, portando poi i risultati ottenuti in sede per confrontarsi con gli altri ingegneri di Ricerca & Sviluppo. Gli ingegneri presenti ai test cercano di “portare a casa” quante più informazioni possibili per migliorare ulteriormente un prodotto o, altrimenti, confermare la validità di un prodotto già sviluppato.

Il capomeccanico è colui che ha preparato le moto del team. Sono moto con preparazione “Stock”, arricchite con strumenti elettronici molto sofisticati e precisi in grado di registrare tutti i “movimenti” della moto in determinate condizioni e tarature. Questa figura si confronta poi con il resto del team per capire quali aspetti vanno migliorati nelle moto.

I tecnici si occupano della preparazione della moto prima dell’ingresso in pista e della revisione dopo la giornata di test, segnalando agli ingegneri il tipo di usura raggiunto da un dato pneumatico in un preciso turno. Il gommista procede invece alla sostituzione degli pneumatici scelti dal pilota e dagli ingegneri.

I piloti, infine, svolgono sì il lavoro più “divertente” ma anche quello con maggiore responsabilità, proprio perché il loro feedback sarà fondamentale per capire quali modifiche adottare e quale soluzione scegliere a seconda delle condizioni del tracciato e del meteo. Non hanno frequentato una scuola particolare o dei corsi di formazione, hanno sviluppato le loro competenze grazie all’esperienza in pista e partecipando a importanti riunioni con il resto del team.

Hanno dovuto imparare a “tradurre” in termini tecnici i vari comportamenti della moto e degli pneumatici, per essere sempre sicuri di fornire agli ingegneri un responso sempre fedele ed efficace.

I test sull’asciutto

Per i test su pneumatici da asciutto, il Pirelli Racing Department “gioca in casa”, utilizzando spesso l’Autodromo Valle dei Templi di Racalmuto (AG), uno dei pochi circuiti purtroppo presenti in Sicilia. Nulla toglie che, per altre particolari esigenze, l’intero team possa spostarsi lungo lo Stivale per raggiungere circuiti ben più importanti come il Mugello, Vallelunga, Misano ecc.

Sui test per le gomme da asciutto la squadra da tutto per cercare di ottenere il massimo già in una sola giornata. Si arriva in pista con una serie di parametri da tenere in considerazione ricavati da test precedenti, si procede poi con la taratura delle moto e degli strumenti necessari ai tecnici per ricavare tutte le informazioni date dall’utilizzo di un dato pneumatico durante un turno in pista.

Una volta raggiunto “lo zero” si procede con i test di routine: pilota, responsabile e ingegneri concordano con quale soluzione (tipo di pneumatico dotato di una precisa mescola e carcassa) iniziare per poi andare a ricercare, turno dopo turno, il risultato desiderato per quella precisa giornata di test.

I tecnici preparano la moto, il pilota entra in pista per un turno di tre o quattro giri e rientra immediatamente ai box per lasciare agli ingegneri il suo feedback riguardo lo pneumatico utilizzato in quelle condizioni. Nel frattempo, gli ingegneri e i tecnici hanno già appuntato su delle tabelle chiamate “pagelle” il responso dei piloti riguardo tutta una serie di parametri come tenuta in piega, percorrenza, uscita di curva, staccata, velocità nei cambi di direzione ecc.

Vengono poi scelte le modifiche da apportare sulla taratura della moto e se è il caso di cambiare pneumatico per testare un’altra soluzione. Nella maggior parte dei casi, viene sostituita solo la gomma posteriore, ovvero quella che subisce maggiore usura e sollecitazioni e sulla quale è importante raggiungere sempre il giusto compromesso tra usura e prestazioni. Una volta scelta la gomma ed effettuate le tarature necessarie, il pilota rientra in pista per effettuare un altro turno e ripetere le operazioni di routine.

I test sul bagnato

Pur rimanendo una condizione più difficile da trovare in gara, il fondo bagnato o umido è una delle sfide più ardue per un pilota durante il campionato. Proprio per questo motivo, lo sviluppo di pneumatici “Rain” da gara ha compiuto importanti passi avanti che hanno permesso a team e piloti di ottenere prestazioni altissime anche quando il fondo è molto bagnato.

Anche se, nella maggior parte dei casi, in queste condizioni è il pilota a fare la differenza, la gomma da bagnato assume il ruolo più importante quando piove in pista. Il Racing Department di Pirelli dedica dunque una parte dei propri test stagionali allo sviluppo delle gomme da bagnato. Ovviamente, la squadra si reca negli impianti appositi dove è possibile riprodurre queste drastiche condizioni per mettere alla prova le caratteristiche degli pneumatici “rain”.

In Italia, Pirelli utilizza il circuito di Vizzola Ticino (VA) per questo tipo di test ma, per testare altre soluzioni in diverse condizioni, la squadra raggiunge il circuito di Wachauring in Austria, un autodromo di medie dimensioni nei pressi di Melk all’interno del quale è possibile riprodurre diverse condizioni di bagnato per testare le varie soluzioni “rain” sviluppate da Pirelli.

Anche in questo caso, abbiamo avuto la fortuna (e l’onore) di assistere a questi test riscontrando un approccio particolarmente minuzioso da parte di ogni singolo componente della squadra, dedito ad ottenere ogni singola informazione ottenuta dal pilota e dai numerosi sensori presenti sulla moto. Al Wachauring, Pirelli ha messo in atto una fase di messa a punto del nuovo DIABLO™ Rain, dove il team ha cercato di mantenere l’attuale livello di performance su pioggia battente e con temperature calde, garantendo la robustezza della mescola su asfalto in asciugatura pur aumentando il livello di grip su bagnato a bassissime temperature.

Il lavoro dei piloti, in queste particolari condizioni, è qualcosa di davvero estremo e degno di grande rispetto. Il loro obiettivo è portare a limite uno pneumatico su un fondo molto bagnato, dove l’asfalto è oltretutto non proprio omogeneo e non offre sempre lo stesso livello di aderenza. Eppure, giro dopo giro, il loro ritmo aumenta sempre di più prima di rientrare ai box per asciugare il casco e confrontarsi col resto del team.

Capire quale soluzione adottare per raggiungere (o almeno avvicinare) il risultato sperato è una sfida molto ardua, talvolta anche una minima variazione di pressione al momento del gonfiaggio può davvero fare la differenza e stravolgere il comportamento della gomma. I risultati si ottengono grazie a continue prove e confronti da parte del team.

A maggior ragione in queste condizioni, lo pneumatico sul quale si concentra principalmente il lavoro dell’intera squadra è il posteriore. Sul bagnato, l’usura della gomma anteriore è ridotta al minimo mentre, pur raggiungendo una temperatura massima di esercizio vicina ai 50 °C, il posteriore subisce maggiore usura, specialmente sul lato destro a causa della conformazione del circuito.

Il lavoro del reparto Ricerca & Sviluppo

Ovviamente, dietro al grande lavoro del testing-team, troviamo un ulteriore grande lavoro svolto “dietro le quinte” dal reparto Ricerca & Sviluppo di Pirelli. Abbiamo così voluto intervistare Paolo Brivio, manager del reparto Ricerca & Sviluppo racing moto di Pirelli, riguardo al lavoro svolto dalla sua squadra in laboratorio.

Abbiamo appurato che il vostro lavoro parte da una solida base di pneumatico, derivata appunto dai campionati precedenti già affrontati. Qual è il primissimo step affrontato da parte degli ingegneri di Ricerca & Sviluppo?

Si parte dalla consolidata esperienza del proprio prodotto in termini di performance validate e sperimentate in tutte le applicazioni del prodotto e lo si raffronta alla miglior concorrenza (nel caso vi fosse una lacuna prestazionale da colmare) oppure (come nella maggior parte degli sviluppi racing) da un target prestazionale evolutivo che vogliamo raggiungere. Dalla nostra esperienza di tecnologia dello pneumatico e di conoscenza dei materiali si identificano in funzione dei target prestazionali da raggiungere nelle principali aree di “lavoro”: una nuova mescola, una nuova costruzione, un nuovo profilo o un nuovo disegno. Tu, ad esempio, hai partecipato in Austria ad una fase di messa a punto del nuovo DIABLO™ Rain dove il target prestazionale fissato è molto sfidante: mantenere l’attuale livello di performance su pioggia battente e con temperature calde e la robustezza della mescola su asfalto in asciugatura, ma aumentando il livello di grip su bagnato a bassissime temperature: sapendo che ciò richiede una mescola molto più “morbida” a freddo e che ciò potrebbe penalizzare il resto delle condizioni, si è subito lavorato anche sul disegno battistrada e sul profilo per mettere la mescola nelle migliori condizioni di esercizio.

Cosa concordano il team Ricerca & Sviluppo e il team Sperimentazione prima di incontrarsi in pista per i test programmati?

Prima di tutto l’obiettivo del test, in modo da poter avere il massimo supporto dalle esperienze reciproche Sperimentazione/R&D per la definizione del veicolo oggetto di prova, set di riferimento, pressioni di esercizio, pista/tracciato di prova, metodologia, principali performance da valutare, eventuali riverifiche ed approfondimenti.

Quante persone lavorano in laboratorio per nascita e sviluppo di un nuovo prodotto Racing?

Il team R&D racing conta diverse risorse dedicate allo sviluppo prodotto, alcune di queste si appoggiano ad altre funzioni condivise con tutto il business Pirelli tyre. Chi si occupa ad esempio dello sviluppo mescole sfrutta le risorse dei laboratori, processi, qualità, logistica, R&D di fabbrica. Lo sviluppo di un prodotto racing è un’attività che, in definitiva, coinvolge un po’ tutti i settori aziendali.

Che tipo di referenze bisogna avere per lavorare all’interno di un reparto R&D come il vostro?

Il profilo ideale è quello di un ingegnere meccanico, capace di coniugare le conoscenze nella progettazione e modellazione con la pragmaticità e la capacità di raccogliere informazioni pratiche dai campi di gara.

Dopo aver portato avanti una/due giornate di test, e dopo aver concordato con il team Sperimentazione e i piloti la scelta di una mescola piuttosto che un’altra, su che tipo di lavoro si concentra il team Ricerca & Sviluppo?

Fondamentale è la robustezza del risultato: ossia la riverifica in altri contesti (asfalti/temperature/veicoli…) perché l’obiettivo di Pirelli anche in ambito puramente racing è fornire un prodotto pienamente in linea con le aspettative dei nostri clienti e di massima versatilità.

Quanto tempo ci vuole di solito per raggiungere il risultato desiderato?

Alcuni progetti, come ad esempio la realizzazione di un nuovo prodotto, richiedono circa due anni di sviluppo, progettazione, validazione ed industrializzazione. Altri progetti, come miglioramenti di una singola specifica (ad esempio l’anteriore in mescola SC1 del DIABLO™ Superbike) devono essere conclusi entro la fine della stagione agonistica per poter essere messi in produzione ed essere pronti la stagione successiva. I nostri prodotti racing tuttavia molto spesso non terminano mai lo sviluppo, perché di stagione in stagione subiscono continui successivi upgrade.

Sono sufficienti i soli test in laboratorio o è per forza necessario tornare in pista a testare la mescola scelta e migliorata?

Il laboratorio è fondamentale in fase di ideazione della mescola ma solo i test in pista, integrati con prove sempre in laboratorio ma su prodotto finito, guidano le successive fasi dello sviluppo.

Dopo aver ultimato i test e aver definito il prodotto finale, quanto tempo passa per la messa in produzione?

I tempi di industrializzazione dipendono da quanti semilavorati/mescole/stampi non ancora industrializzati vengono introdotti per la realizzazione di questo prodotto. Generalmente nel giro di due mesi si ottiene l’omologazione sia di nuovi materiali introdotti sia dei test di conformità che Pirelli applica in fase di industrializzazione.

Viene effettuata una promozione/ test del pneumatico presso i team interessati?

In ambito racing Pirelli effettua una settimana di test congiunti a febbraio in una pista generalmente in Spagna per dare la possibilità ai clienti dei vari campionati, principalmente europei, di testare la gamma della stagione alle porte.

I reparti R&D e Sperimentazione, dopo aver completato il ciclo di test e sviluppo di uno pneumatico, si dedicano immediatamente allo sviluppo di un nuovo prodotto o svolgono altre attività?

Le attività di sviluppo condotte contemporaneamente sono svariate, per cui generalmente la chiusura di un progetto di fatto apre la possibilità di impiegare le risorse a concentrarsi sui rimanenti progetti aperti o per iniziarne uno nuovo.

Com’è fatto uno pneumatico?

Abbiamo parlato tanto di test, mescole, aderenza, spalla, consumo e usura degli pneumatici. Ma com’è fatta una gomma da moto? Su quali componenti si concentrano i ragazzi del Racing Department di Pirelli per migliorare sempre più i loro prodotti? Analizziamo insieme quali sono i componenti fondamentali degli pneumatici da moto!

Come sappiamo, uno pneumatico non è solo un “ammasso di gomma” a forma di cerchio da montare sulle ruote della moto. C’è molto di più! Le componenti fondamentali sono carcassa, mescola e disegno del battistrada. Ogni caratteristica di questi tre componenti determinerà il comportamento della gomma sui diversi terreni d’impiego.

La carcassa è la struttura portante dello pneumatico. È composta, generalmente, da più tele miste di poliestere, nylon e rayon. Ovviamente, per aumentare la rigidezza della carcassa, vengono impiegati anche filamenti di acciaio che inoltre contribuiscono a dissipare il calore accumulato e utilizzare così mescole più morbide.

Passiamo poi alla mescola, il “secondo strato” che racchiude un mix di sostanze determinanti per il raggiungimento di determinate prestazioni. Vengono mischiati, in differenti e precise quantità, elementi come silice, gomma, carbone e altre sostanze che determineranno la durezza o la morbidezza dello pneumatico, un fattore che andrà ad intaccare il rapporto tra mileage e prestazioni. Com’è noto, una mescola più dura subirà una minore usura e impiegherà più tempo a raggiungere la corretta temperatura d’esercizio al contrario di una mescola morbida che offre più grip ma un mileage ridotto.

Il battistrada, ovvero la parte a contatto con l’asfalto, può essere più o meno dotato di intagli. Gli intagli servono a drenare l’acqua in caso di fondo bagnato. Ovviamente, le gomme slick, sono prive di intagli per favorire un minore attrito, maggiore precisione e, dunque, una maggiore prestazione dello pneumatico.

Il corretto mix, studio e impiego di questi componenti determinerà le prestazioni di uno pneumatico, sia esso slick o rain, ecco perché per l’intero Racing Department Team di Pirelli è importante conoscere bene queste caratteristiche e i corretti valori da associare per fornire ai piloti prodotti sempre più performanti e sicuri.

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