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CIV tricolore in crescita. Ma non basta

Parte da Imola nel weekend da Imola il Campionato Italiano Velocità 2017

Non torniamo sui motivi di interesse tecnico-agonistici del CIV 2017 che sabato e domenica inizia all’autodromo di Imola la stagione 2017 perché già descritti ieri da Motoblog. Il massimo campionato italiano di velocità si annuncia ricco di partecipanti in tutte le categorie e sarà di certo combattuto nei suoi 12 round (come noto si corre due volte ogni week end, Gara 1 sabato e Gara 2 domenica), da aprile a ottobre sui circuiti di Imola, Misano, Mugello, Misano bis, Mugello bis, Vallelunga. Il CIV è cresciuto in questi ultimi anni e, specie in Moto3, alza davvero l’asticella con la presenza di Team impegnati nel mondiale. E’ la dimostrazione che il distacco qualitativo dal CEV si è alquanto ridotto anche se resta la convinzione che sia quello spagnolo il giusto trampolino di lancio per le nuove leve.

Forse gli spagnoli sanno vendere meglio la loro merce, anche perché il CEV è marcato DORNA, proprietaria del Motomondiale e del WSBK, quindi fa e disfa come vuole valorizzando il proprio prodotto e disinteressandosi (o peggio…) di quel che fanno gli altri, in questo caso il nostro CIV. Tuttavia, il “Tricolore” di velocità gode oggi di un crescente interesse da parte degli addetti ai lavori nostrani (da qui la buona partecipazione quantitativa e qualitativa dei partecipanti anche se il campionato resta molto costoso e sono di fatto i piloti, con poche eccezioni, a pagare per correre) ma è presso che assente sui media – quale giornale, radio e tv extra settore annunciano i primi due round di Imola? – e ha una scarsa attenzione da parte del pubblico che continua ad essere assente dagli spalti dei circuiti.

Il problema non sta nel costo dei biglietti d’ingresso, più che abbordabili, ma nella mancanza di appeal del campionato stesso, pur tecnicamente valido e agonisticamente avvincente. Ciò significa che manca l’offerta o, quanto meno, l’offerta proposta (singole gare e intero campionato) non è ritenuta valida per muoversi da casa, affrontare la trasferta ed entrare in autodromo. Il “tricolore” è nato nel lontano 1911 e ha avuto sempre periodi alti e bassi passando dall’epoca trionfale del primo dopoguerra – prevalentemente con i circuiti cittadini – fino alla fine degli anni ’70, poi alla crisi degli anni ’80 con l’epilogo – dal 1988 – di una “prova unica” a Vallelunga (in ottobre) ben gestita da Maurizio Flammini (entrato nel giro 5 anni prima con il Motor Racing Program dove si iniziava ad affrontare in modo professionale i temi dell’immagine, della comunicazione, dello sponsoring) e poi tornata alla debole gestione del moto club locale, ammirevole per le intenzioni ma con scarsi partecipanti in pista e spalti deserti.

Dal 1993 si è tornati a un Campionato con più prove ma – per motivi diversi – rimanendo a un livello medio-basso che non aveva più lo splendore degli anni d’oro. Il tentativo di rilancio avviene nel 2000 con il campionato gestito da Giuseppe Morri (ex titolare Bimota) a da Alberto Fantini (organizzatore di gare ecc.), poi con il CIV totalmente in mano alla FIM con un progetto dalle valide premesse e dagli obiettivi condivisibili. Cioè un percorso articolato e di lungo respiro che va dalle minimoto su su con l’obiettivo del Mondiale passando per il CIV junior (Minimoto e classi cadette (8-10 anni) e junior (da 9 a 11 anni), poi il MiniGP con la PreMiniGP (10-12 anni) e la MiniGP50 (11-13 anni) quindi il CIV vero e proprio, dalla Premoto3 (con le 125 2t e 250 4t) per il salto fra i “big” del tricolore nei circuiti importanti e qui le sfide sono nella Moto3, Sbk, Supersport.

Questo in estrema sintesi il quadro che ha dato – grazie soprattutto alla FMI, non priva di limiti e flop – un contributo notevole per far rifiorire il vivaio nostrano rilanciando i giovani azzurri a livello internazionale, fino al mondiale. Allora perché questo CIV non “tira”? Serve un ritorno al passato? Indietro non si torna perché quel motociclismo della Mototemporada – che accendeva i cuori e gli animi e riempiva ovunque gli spalti – non c’è più. Il Motomondiale (la MotoGP in primis) assorbe (troppo) tutta la scena anche con un calendario che non dà spazio ai campionati nazionali. Questa MotoGP assorbe anche quasi tutte le risorse (economiche e non solo) e non le redistribuisce non comprendendo che così brucia anche il proprio futuro. Insomma prevale la logica di spremere fino in fondo il limone. Poi chi vivrà vedrà.

Il dopo Rossi non sarà indolore. Non solo. Oggi non c’è più quel tipo di “cultura” delle corse. Nei tempi d’oro, la gara rappresentava sempre un evento “unico” da non perdere (anche con l’arrivo della diretta TV). Si andava in circuito per scoprire un mondo che metteva i brividi per i rischi ma faceva sognare, “trascinati” dal nome dei grandi piloti e delle grandi Case italiane che si misuravano con i big stranieri e le loro moto estere, in una sfida pre mondiale. Campioni leggendari di grande coraggio, di grande carisma e di grande umiltà che amavano “fisicamente” il pubblico con il contatto diretto e ne venivano ricambiati. Altro che twitter, fan club, gossip, bla-bla!Il grande pubblico si identificava con le grandi Case (italiane) assurte a bandiera, a icona al limite della venerazione.

Nei circuiti, non solo in Italia, c’erano pochi sponsor ma tante bandiere tricolori e tanti striscioni con scritto W Guzzi, W Gilera, W Garelli, W Benelli, W Bianchi, W Mondial, W Ducati, W Morini, W MV Agusta. La gente faceva a scazzottate per difendere la (propria) Marca! Oggi chi sa con che moto corrono i vincitori del CIV?Peggio! Chi conosce – fra la massa – il vincitore del CIV? Ma ciò vale anche per il Cev e – in misura diversa – per il mondiale fuori della MotoGP. Delle splendide gare del Civ non c’è mai una riga su nessun quotidiano nazionale perché oggi l’informazione non dà valore al contenuto ma al rumore, spesso alla “fuffa”. Nessun commentatore tv ha mai detto “a” su gare da infarto con moto (anche) Made in Italy competitive rispetto alla Case dominatrici degli ultimi decenni e con piloti “ragazzini” di grande livello.

Un Nicolò Bulega viene scoperto quando entra nell’harem iridato di Rossi, non prima quando è protagonista in altri campionati. Così il CIV cresce ma resta a bagnomaria, non decolla, privo di identità “culturale” e di spinta nella comunicazione. Guai accontentarsi dei passi avanti compiuti. Serve nuovo slancio, serve una nuova propulsione sul piano dell’immagine agendo sulla comunicazione. La diretta televisiva delle gare è un passaggio molto importante ma quel che manca è il supporto costante profondo e più ampio che crei e alimenti l’interesse nel grande pubblico, di appassionati e non. Fra una gara e l’altra c’è il nulla o poco più. Fra un campionato e l’altro, il vuoto. Serve anche fantasia, serve coraggio, andando oltre quel che c’è. Qualche esempio? Perché non disputare (almeno) una gara del CIV (la Moto3) in occasione delle due tappe italiane del Motomondiale? Perché non entrare nel circuito internazionale del CEV-MONDIALINO Moto3?

Perché non allearsi con altri campionati nazionali per “stimolare” FIM e DORNA per un diverso rapporto di collaborazione con le realtà locali? Perché non produrre un evento estivo promozionale in una zona turistica rinomata con una “parade”-show dei protagonisti del CIV? Perché non promuovere iniziative didattiche e promozionali nelle scuole? Perché non utilizzare “meglio” i social network, usandoli come baricentro di un rapporto diretto con gli appassionati? Ecc. Ecc. Sono solo esempi per una riflessione più ampia, non è questa la sede per proposte di merito e per un progetto organico. C’è l’esigenza di smuovere le acque e ridare la linfa necessaria per un ulteriore salto di qualità. Indietro, ripetiamo, non si torna e l’amarcord ha senso solo se utile per capire il presente e come migliorarlo non buttando via il buono che prima c’era a cominciare da quello “spirito” di genuinità che basta soffiarci sopra per riattizzarlo.

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