Home MotoGP: Jorge, davvero i “problemi” sono i selfie nel paddock?

MotoGP: Jorge, davvero i “problemi” sono i selfie nel paddock?

Secondo Jorge Lorenzo la F1 può imparare dalla MotoGP (in pista) e la MotoGP può imparare dalla F1 (nel paddock). Ma è realmente così?

Campionato del Mondo MotoGP 2017 – Il neo pilota ufficiale della Ducati Jorge Lorenzo si è cimentato qualche giorno fa in una “dotta” disquisizione su pregi e limiti della MotoGP rispetto alla Formula 1. Non ripetiamo qui quanto già riferito se non per ricordare il concetto di fondo dell’analisi del maiorchino: “La F1 può imparare dalla MotoGP per quanto riguarda quello che succede in pista e la MotoGP può imparare dalla F1 per quanto riguarda gli aspetti fuori dalla pista. La MotoGP è molto più spettacolare e divertente della F1 ma il loro paddock è più intelligente, non ci sono in giro così tante persone e questo è molto meglio per i piloti, che così possono camminare liberamente”.

Ducati Team's new signing Spanish rider Jorge Lorenzo speaks with mecanics in the box during the Moto GP test days at the Ricardo Tormo racetrack in Cheste, on November 13, 2016. / AFP / JOSE JORDAN        (Photo credit should read JOSE JORDAN/AFP/Getty Images)

Le due massime espressioni del motorismo racing non sono così facilmente comparabili né sul piano tecnico né su quello agonistico tant’è che, ad esempio, nella storia dei mondiali solo un pilota – John Surtees – è diventato il number one in entrambe le discipline e mai una Casa ha… “osato” cimentarsi sia sulle 2 ruote che sulle 4. Ma qui non è questo il punto. Interessante, invece, il riferimento del pluri iridato spagnolo sulla “questione paddock” perché sottende la filosofia stessa su cui regge oggi la MotoGP (in questo copia della F1), cioè quella dello “sport-spettacolo”. E’ indubbio che oggi il paddock del Motomondiale è una “bolgia” con migliaia e migliaia di persone che vagano alla ricerca di un autografo e sempre di più, di un selfie con il proprio beniamino.

VALENCIA, SPAIN - NOVEMBER 15: Jorge Lorenzo of Spain and Ducati Team  heads down a straight during the MotoGP Pre Season Test in Valencia at Ricardo Tormo Circuit on November 15, 2016 in Valencia, Spain. (Photo by Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Con oltre 100 mila spettatori sugli spalti i circa 5 mila “privilegiati” del paddock (altra cosa sono i pass permanenti degli addetti ai lavori) sono una percentuale modesta anche perché sarebbe difficile contenerne di più. Ma chi sono questi signori con il pass “giornaliero” in un solo GP? Dorna elargisce con molta parsimonia tali “inviti” anche se non è per nulla dispiaciuta nel vedere il paddock stracolmo, a dimostrazione…. visiva dell’interesse della manifestazione. La stessa soddisfazione ce l’hanno gli Sponsor ben contenti di far toccar con mano ai loro clienti in quale “bel mondo” siano giunti. Quei “pass” vengono elargiti (centellinati…) dall’organizzatore a piloti, Team, Sponsor i quali li distribuiscono a loro volta ai rispettivi amici, fan, clienti ecc.

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molti dei quali non sanno neppure se una moto ha le ruote… rotonde ma tutti ambiscono a toccar con mano Valentino Rossi e altri campioni per raccontar poi a casa e agli amici del bar la “storica” occasione immortalata sul telefonino. Un paddock così brulicante ha i suoi svantaggi – i piloti sono sotto… tiro – ma è anche il termometro diretto della loro popolarità, l’iceberg dei milioni di persone che seguono sugli spalti e in tv le loro gesta. Sarebbe davvero squallido un paddock deserto o, peggio ancora, incanalare gli “invitati” in un “budello” al centro del paddock stesso estendendo l’area off-limits nella logica del: “guardare ma non toccare”.

In altre epoche, in molti circuiti tutti potevano osservare da vicino piloti e moto e la distanza fra appassionati e loro beniamini era delimitata da una cordicella che nessuno osava superare. Altri tempi e indietro non si torna perché – e qui siamo al punto cruciale – questo Motomondiale tiene e si sviluppa esclusivamente nella logica dello sport-spettacolo in pista e fuori alimentato da grandi campioni che nell’immaginario collettivo diventano star, come divi del cinema. Anzi, i divi dello sport – e i divi del motociclismo lo dimostrano – sono fra i più gettonati e popolari, veri e propri idoli dell’era moderna. In loro tutti o quasi vogliono identificarsi ed esplode l’emulazione di massa fatta anche di piccole cose: gadget, selfie ecc.

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E’ così che i campioni-divi diventano un modello ideale e spontaneo per il consumismo, diventano i testimonials preferiti delle Aziende sponsor, di uno sport se non addirittura di un’epoca. Cosa sarebbe un corridore che nessuno “insegue” nel paddock? Cosa sarebbe un campionek senza “Sponsor” Sport-spettacolo significa show e business. Ricordiamo che oggi il motociclismo – al pari della F1 – richiede ingenti investimenti (che si trovano solo in cambia di tanta pubblicità) regge grazie ai proventi derivanti dai diritti televisivi e grazie al supporto degli Sponsor. Tutti vogliono il “pass” del paddock perché permette di dire: “Io c’ero.

Io ho toccato con mano questo e quello”, perchè rappresenta uno “status symbol”. Il “calcetto” di Rossi a Valencia alla signora dimostra che la corda è tesa. Ma la soluzione non sta nel chiudere il “paddock” ai non addetti al lavoro. E’ soprattutto una questione di educazione, di partecipazione consapevole, di rispetto. E qui casca l’asino: oltre alle grida dei “salti sul divano”, cosa si è fatto e si fa?

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