Home Amarcord, Natale 1964: in fila al centro di Pesaro per toccare con mano la Benelli 250 “quattro” di Tarquinio Provini

Amarcord, Natale 1964: in fila al centro di Pesaro per toccare con mano la Benelli 250 “quattro” di Tarquinio Provini

50 anni fa il “debutto” del bolide nero nel centro di Pesaro

Nel periodo delle feste natalizie di 52 anni fa, dal 9 dicembre 1964 al 7 gennaio 1965, il centro storico di Pesaro si animò non solo per il grande albero illuminato in Piazza del Popolo ma per un inedito evento motociclistico.

In un noto negozio di moto e armi fu esposta la mitica Benelli 250 4 cilindri GP grigio fumo di Tarquinio Provini, il nuovo asso della Casa pesarese, pluricampione mondiale e già pilota ufficiale di Mondial, MV Agusta, Morini.

Era, quella, la moto da corsa ricca di preziosismi tecnici e stilistici, la più moderna e promettente dell’industria italiana ed europea, già vacillante sotto i colpi dei colossi del Sol Levante. Ed era la prima volta che un bolide “vero” e in attività (non come si usa oggi un manichino o show-bike) veniva messo in vetrina dove chiunque poteva vederlo da vicino e anche … toccarlo sfidando le grida minacciose del vecchio Tamburini, il proprietario del negozio in via Branca, fra il Teatro Rossini e Piazza del Popolo.

Oggi, con l’indigestione mediatica, con la copertura televisiva e il tam tam di internet, tutto è a portata di mano, anche se per lo più in modo virtuale. Ma mezzo secolo addietro, le corse i piloti i bolidi, erano materia per soli appassionati che – peraltro – raramente si recavano sui circuiti mentre per la grande massa dei cittadini “normali” erano un mondo lontano e sconosciuto, con i ploti considerati eroi inimitabili o pazzi svitati e con le moto da corsa ritenute o rombanti mezzi infernali portatori di guai e di lutti o, all’opposto, mitici oggetti del desiderio liberando la fantasia per agganciare sogni impossibili da realizzare.

Anche a Pesaro era così, pur essendoci nella città di Gioachino Rossini una solida e vasta cultura delle corse, grazie alla presenza di una grande realtà industriale e sempre impegnata nelle competizioni qual era la Moto Benelli e grazie ai numerosi piloti pesaresi o di altre città e nazionalità in sella ai bolidi della grande Casa di Viale Mameli.

L’idea di mettere in mostra il suo “gioiello” era stata discussa dallo staff della Casa del Leoncino, con un ok finale dato più per porre fine alle ripetute richieste dell’appassionatissimo Tamburini che per esigenze di marketing cui pure i Benelli erano sensibili, specie con l’arrivo sulla tolda di comando di un manager di qualità quale il Conte Innocenzo Nardi Dei cui non mancavano l’ironia del fiorentino doc né gli strumenti culturali per capire il valore dell’immagine.

La splendida “belva” – una delle più belle moto da gran premio di tutti i tempi – dall’inedita livrea grigio-ardesia o canna di fucile con due sottili bande tricolori sulle due fiancate fu inserita “di traverso” nella vetrina del piccolo negozio, con l’anteriore che lambiva la vetrata e illuminata con faretti così che chiunque passasse in via Branca la vedesse nel suo splendore, anche dopo le 17, al buio.

Per me, studente (si fa per dire…) liceale del primo anno, quello fu, per un mese, l’appuntamento fisso. Non solo. Scrissi un articolo su quella moto e sul suo pilota pubblicato dal quotidiano il Messaggero, dopo aver barato sulla mia età, aumentata di due anni, da 14 a 16. Tamburini ritagliò l’articolo e lo affisse in bella vista sulla vetrina e mi… incaricò di “intrattenere” i visitatori sempre più numerosi e addirittura facendomi poi “presentare” il grande Tarquinio Provini che un pomeriggio fra Natale e Capodanno ci onorò della sua presenza conversando con i presenti e firmando centinaia di autografi.

Non si può dire che iniziò il pellegrinaggio come a Piazza Tienanmen di Pechino per visitare il mausoleo di Mao ma certamente tanta gente, anche dalla vicina Romagna e non solo, accorse in quel negozio attirati dal bolide nero. Fu un evento promozionale per tutto il motociclismo che in seguito si ripetè in altre città con altre moto e altri piloti.

Il 1964 non era stata una stagione particolarmente felice per il nuovo binomio Provini-Benelli che iniziò in salita con la “vecchia” moto dalla livrea bianco-rossa centrando però il prestigioso successo del GP di Spagna al Montjuich. Dopo, con la inedita moto brunita, ci sarà un grande 1965 con 11 vittorie e il trionfo iridato a Monza e un’altra promettente stagione, quella del 1966 con 6 vittorie fino al gravissimo incidente del 25 agosto al Tourist Trophy all’Isola di Man con l’addio alle corse di Provini. Solo alcuni cenni tecnici. La moto (motore in alluminio 4 cilindri 4 tempi bialbero 48 CV a 14.500- 52 CV a 15.500 giri, cambio da 6-7-8 marce) esposta nel negozio pesarese aveva debuttato nel settembre ‘64 a Monza nel mondiale ed era (nuovo telaio doppia culla in tubi d’acciaio stretto e basso – 1250 mm di interasse – tipo Norton Featherbed con carenatura profilatissima, 110 Kg di peso, maneggevolissima) la “sorella” – completamente rifatta – della 4 cilindri (45 CV a 14.000) usata da Tarquinio agli inizi di quel 1964 arrivando dalla Morini alla Benelli, nonché la “nipote” della prima 4 cilindri (36 CV a 12.000 giri) portata magistralmente in pista da Silvio Grassetti nel 1962 e 1963.

Le Benelli “4” 250 di Grassetti e di Provini aprirono la strada ai successivi e non pochi successi di Renzo Pasolini (e dello stesso Grassetti tornato su Benelli 250 e 350 nel 1967) e soprattutto fecero da apripista per la conquista del titolo mondiale con l’australiano Kel Carruthers la cui moto nel 1969 disponeva di oltre 55 CV a 16.500 giri e velocità di punta superiori a 250 Kmh.

Benelli non si limitò alla quarto di litro, sfornando le inedite 350 “4” affidate a Pasolini e a Grassetti e sfidando nella 500 – con Mike Hailwood e Jarno Saarinen e con moto completamente ridisegnate, progettate e sviluppate e non senza soddisfazioni – il super binomio dell’epoca Agostini-Mv Agusta. Ma questa è un’altra storia.

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