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MotoGP regole nuove sì, ma sono sempre i “fuoriclasse” a vincere

Bradley Smith vuole nuove regole ma scopre … l’acqua calda

La discussione aperta da Bradley Smith sull’esigenza di cambiare le regole della MotoGP, di fatto ripropone il dilemma di sempre, se per vincere conta più il pilota o più il mezzo.

L’asso della Yamaha Tech3 entra nella lunga schiera dei suoi colleghi recenti e passati convinto (e convinti) che a moto pari tutti i piloti di un certo livello (in questo caso quelli della premier class) sono competitivi – non solo i soliti quattro o cinque – e in grado di vincere.

Non ripetiamo qui quanto Motoblog ha già scritto ieri su un tema comunque sempre attuale e non certo privo di interesse. E’ un discorso lungo e comunque potrebbe trasformarsi in una diatriba inconcludente dove alla fine ognuno resta inchiodato nella propria convinzione.

Non vogliamo girarci attorno e partiamo da una domanda: se è vero che le moto non sono tutte uguali e se è vero che un pilota (ad esempio Valentino Rossi) dispone di una moto più competitiva dei suoi avversari perché proprio a “quel “pilota una Casa affida il suo miglior “cavallo”? A questi livelli il pilota con la valigia (cioè quello che per correre deve pagare) non c’entra niente perché, all’opposto, i Rossi, Marquez, Lorenzo ecc. sono profumatamente pagati. Quindi?

MONTMELO, SPAIN - JUNE 05:  Valentino Rossi of Italy and Movistar Yamaha MotoGP leads Marc Marquez of Spain and Repsol Honda Team during the MotoGP race during the MotoGp of Catalunya - Race at Circuit de Catalunya on June 5, 2016 in Montmelo, Spain.  (Photo by Mirco Lazzari gp/Getty Images)

E’ fuori dubbio che, così come le moto non sono tutte uguali, ciò vale anche per i piloti, il cui valore è diverso l’uno dall’altro. Valore non significa, ad esempio, più coraggio, ma la sintesi di una serie di “qualità” (tecniche, agonistiche, psicologiche, di… immagine ecc.) che tutte insieme fanno la differenza. E’ così da sempre.

Oggi in MotoGP il corridore “brocco” non esiste perché si arriva nella classe regina dopo una selezione in altre categorie e in altri campionati. Ma esiste, appunto, una scala di valori fra i piloti per cui quello che corre – pro tempore – con la moto migliore è quello che – pro tempore – va più forte, cioè quello più affidabile, quello che fa il risultato: il pilota vincente. Le eccezioni (poche) confermano la regola.

Un esempio? Mike Hailwood, forse il più grande di tutti i tempi, ha vinto nove titoli mondiali sulle moto più competitive dell’epoca, MV Agusta e Honda ma è andato forte anche su moto in partenza “battute” quali Ducati, Benelli, MZ, Norton. Non solo, in sella alla MV Agusta e alle Honda, oltre ad aver spesso battuto fuoriclasse dal calibro di Hocking, McIntyre, Agostini, Read, Redman, Ivy ecc. ha rifilato agli altri piloti del gruppone (Minter, Artle, Findlay, Driver,Cooper, Pagani ecc.) su moto inferiori distacchi enormi, a volte un giro e più. E allora, direte? Allora spesso Mike gareggiava anche nelle corse non iridate non sulle super ufficiali MV e Honda ma con le stesse Norton privat degli altri, addirittura qualche volta moto che si scambiavano l’un l’altro nella stessa giornata di gara.

Sapete chi vinceva a “moto pari”? Hailwood! Certo, il secondo non subiva l’onta del doppiaggio ma sul gradino più alto de podio saliva sempre uno solo: lui! Una eccezione? No. Vale anche per altri piloti.

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Un altro esempio? Quando nel 1966 Provini subì il gravissimo incidente al TT la Benelli fece un test con numerosi piloti per sostituire l’asso piacentino: la moto ufficiale andò non al pilota più… simpatico ma a quello che fece andare più veloce il cronometro, Renzo Pasolini. Oggi è diverso? E’ tutto molto diverso ma la sostanza non cambia.

Le corse delle moto sono belle come le corse dei cavalli. E le corse dei cavalli attirano perché i cavalli non sono tutti uguali. Come i piloti. Si può vincere una volta per … sbaglio o per fortuna o come qualche volta capita agli outsider perché le condizioni meteo creano il caos. Ma non si può vincere spesso e per anni solo per il… “didietro”. Serve tanta manetta, tanta testa, tante piccole e grandi qualità tutte nel giusto dosaggio per guadagnarsi il mezzo “superiore” e renderlo vincente.

Anche qui, molti piloti passati da una moto inferiore alla moto del “primo” hanno fatto flop. I motivi sono tanti ma siamo sempre lì: il fuoriclasse è il fuoriclasse, quello che fa la differenza. Con la moto di Bradley forse neppure Rossi, Marquez, Lorenzo oggi vincono ma certamente non girano più piano dell’inglese. Ma Bradley, con le moto degli illustri colleghi riuscirebbe a fare quel che loro hanno fatto?

Che poi le attuali regole della MotoGP vadano riviste, ci sta e concordiamo con il bravo Bradley. Ma è come scoprire l’acqua calda.

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